Duemilaventicinque è l’anno del riconoscimento “Eventi di Qualità”, assegnato lo scorso marzo nella prestigiosa Sala Koch del Senato della Repubblica, a Roma. A riceverlo, una cittadina che si mette in mostra con orgoglio grazie all’Oca. Il pennuto, simbolo indiscusso di questa ricorrenza, è l’alfiere ideale sotto ogni punto di vista: una fiera capace di attrarre decine di migliaia di visitatori, con hotel e ristoranti al completo, occasioni di svago e una riscoperta autentica delle antiche tradizioni locali — in particolare quelle legate alla buona tavola.
Headline della manifestazione è: Oca da ammirare, oca da gustare, oca per divertire.
Mirano e il “zogo”

Ogni anno, dal 1998, le squadre del capoluogo e delle cinque frazioni di Mirano si sfidano nel Zogo de l’Oca. Un autentico palio tra contrade che accende una sana rivalità tra i diversi campanili del comune. Gli arancioni di Scaltenigo, i blu di Vetrego, i gialli di Campocroce, i rossi di Ballò, i verdi di Zianigo e gli azzurri di Mirano centro: tutti si preparano per mesi, provano i giochi, studiano strategie e costumi, con l’obiettivo di raggiungere per primi la casella 63. Ma, come in ogni gioco di dadi, alla fine è la fortuna a decidere.
Una fiera da migliaia di spettatori

Mirano è una cittadina che ha sempre mostre ed eventi interessanti ed anche quest’anno presenta una delle manifestazioni più attese: Il gioco dell’Oca. Il pennuto è l’alfiere ideale sotto ogni punto di vista per questa ricorrenza, con una fiera da decine di migliaia di visitatori, hotel e ristoranti da tutto esaurito, occasioni di svago e riscoperta di antiche tradizioni locali, comprese quelle legate alla buona tavola e al cibo. Oca da guardare, oca da mangiare, oca per divertire. Mirano, nel weekend di san Martino, cambia volto per due giorni: il centro storico si trasforma in una piazza della Belle Époque, lasciando il campo a una fiera paesana di inizio Novecento.
Fiera e gioco dell’Oca come nel medioevo

A farla da padrona sono gli stendardi con lo stemma sabaudo, i banchi in legno del mercato, le bacheche con gli avvisi comunali, i manifesti con le prime réclame. Anche i moderni cartelli stradali vengono coperti con la riproduzione fedele delle insegne d’epoca. L’appuntamento con il salto indietro nel tempo quest’anno è l’8 e il 9 novembre: ci sarà lo strillone con il giornale, l’imbonitore con i suoi intrugli, le servette nel giorno di riposo, l’artigiano che impaglia le sedie, i baracconi con il fucile a elastici, i barattoli da abbattere a pallate e altri giochi di una volta. Protagonista il pennuto più famoso di queste zone, in linea con il detto popolare “Chi no magna l’oca a San Martin no fa el beco de un quatrin”, ovvero chi non mangia l’oca a San Martino non fa il becco di un quattrino.
È sempre stata usanza, dalle parti di Mirano, festeggiare la chiusura dell’anno agrario, l’11 novembre, mangiando l’oca

Questo perché in quel periodo dell’anno la carne del pennuto è così grassa e tenera da sciogliersi in bocca, ma soprattutto all’epoca i proprietari terrieri di Mirano erano in gran parte ebrei e non potevano mangiare maiale. Roberto Gallorini, patron della Pro Loco, e Sandro Zara, custode di tradizioni, decisero di ripristinare e ufficializzare queste antiche usanze: un modo per far innamorare i Miranesi delle proprie radici. Un’altra grande intuizione fu quella di chiedere al pittore Carlo Preti, di ideare e creare “El Zogo de l’oca de Miran”, edizione riveduta e corretta del celebre gioco da tavola. La piazza ovale del paese diventa un grande gioco di società con 63 grandi caselle di due metri per due, dadi e pedine giganti.
Il Zogo de l’Oca e le sue frazioni

A sfidarsi sono, da allora, ogni anno, le squadre del capoluogo e delle cinque frazioni di Mirano: così il Zogo è diventato anche una sorta di palio tra contrade, dove si misura la sana rivalità tra i campanili del comune. E tra i campanili miranesi è sfida vera: le squadre si preparano con largo anticipo, provano i giochi, preparano costumi e tecniche per arrivare per primi alla casella 63. Il pubblico incita, lancia sfottò, si lascia rapire dalla sana rivalità del gioco. Chi vince ha solo l’obbligo di devolvere il premio in denaro ad una realtà benefica del Comune.
Attorno al Zogo, per due giorni, la Mirano è quella di un secolo e più fa

Passeggiando il sabato pomeriggio per le vie del centro sembra di essere tornati indietro di cent’anni per la cura riservata ai particolari e soprattutto alle circostanze: i baracconi, il vecchio luna park, i mercanti, tutti in costumi d’epoca fedelmente riprodotti dagli originali. È una manifestazione che porta a Mirano migliaia di persone da tutta Italia e anche dall’estero, un avvenimento che sicuramente dà lustro alla cittadina veneta. Nei giorni della festa viene consigliato, anche, un percorso particolare, quasi un pellegrinaggio, breve ma intenso, alla scoperta dell’Oca in “tutte le salse”. Si inizia dall’Osteria dell’Oca, una ricostruzione in legno di una vecchia osteria, posta davanti alla fontana del leone, dove assaggiare subito un piattino di affettati misti d’oca (un delizioso prosciutto cotto e un superbo salame). Se si desidera qualcosa di più sostanzioso per lo stomaco, si consiglia un panino con salsiccia d’oca calda.
Enogastronomia a base di Oca

Qui, dalle 12.00 alle 14.00 potrete degustare anche il famoso risotto con salsiccia d’oca di Germano, “il cuoco dell’oca”; inoltre, qui si trova anche un buon bicchiere di vin broulè bollente al profumo di cannella e chiodi di garofano. Dall’Osteria dell’Oca si passa al “Bacareto de l’Oca”; anche questo è la ricostruzione di un locale tipico veneziano dove, con “un’ombra” di vino in mano, degustare “i cicheti”, cose semplici ma sfiziose.
Vivamente consigliato il musetto d’oca con polenta ai ferri che è una specialità tipica del territorio. Non sono da meno, però, il panino con la salsiccia calda e il piatto di ochette: ravioli freschi fatti a forma di ochetta e ripieni di oca (fatti per l’occasione da un bravissimo pastaio di Mortara) saltati nel burro e salvia. Tra un passaggio e l’altro tappa anche all’Osteria del Fritto per gustare e abbandonarsi alla peccaminosa goduria di una mozzarella in carrozza calda e ripiena di prosciutto cotto d’oca.
Bancarelle e curiosità in nome dell’Oca

Partecipare alla Fiera è come tornare bambini, godendo di cose semplici, assaporando prodotti genuini e sapori dimenticati. Nelle bancarelle dell’Ocaria, tutto quello che è in vendita richiama questo pennuto, con un’infinità di oggetti da collezione o per l’uso quotidiano creati in esclusiva per la manifestazione. Grembiuli da cucina, canovacci, tovagliette, asciugamani, ceramiche, piatti, tazze, tazzine, bicchieri. E ancora, cornici, magneti, matite, libri e serigrafie.
Mirano e il suo passato

È sempre piacevole trascorrere una giornata a Mirano, cittadina immersa nella campagna veneta, vicina a Padova, a Treviso e soprattutto a Venezia, dalla quale dista appena 20 km. Ed è proprio grazie alla sua posizione che Mirano è stata scelta dalla nobiltà lagunare del Seicento-Settecento per costruire le proprie dimore estive. Le prestigiose ville venete, veri gioielli di architettura ancora costituiscono un vanto per il territorio. Il cuore del centro storico di Mirano è rappresentato da Piazza Martiri della Libertà. Qui si affacciano palazzi di rilievo, tra cui villa Corner-Renier, attuale sede municipale, il cinquecentesco duomo di San Michele Arcangelo che custodisce al suo interno un vero capolavoro, la pala del “Miracolo di Sant’Antonio che riattacca il piede” di Giambattista Tiepolo. Sul soffitto si può ammirare un affresco del “Giudizio universale” di Giovanni De Min, esempio della pittura veneta dell’Ottocento.
Le sue bellezze artistiche

Trascorrere una giornata o un week end a Mirano, significa anche, poter ammirare le magnifiche ed eleganti ville venete nel cuore della città. L’imponente villa seicentesca Belvedere e la splendida villa Morosini – XXV aprile stile palladiano, con la loggia a colonne d’ordine ionico, coronata da timpano e statue. Qui si può passeggiare nei verdeggianti parchi pubblici. Proprio di fronte, si erge il suggestivo complesso architettonico del Castelletto e delle grotte del Belvedere riaperto al pubblico da un mese circa. Il Castelletto risale alla seconda metà dell’Ottocento e conserva la torre ottagonale a cinque piani. Qui si trovano anche le Grotte, un itinerario sotterraneo di circa 250 metri. Caverne, gallerie, cunicoli si alternano fino a un lago artificiale, alimentato dalle acque del Muson.

















































































