Diciamo la verità. Doveva essere un mega store per il lusso anche per i residenti locali, ma non lo è mai stato. I veneziani controllavano, ma da fuori, i mega gruppi con bandierina e guida al seguito per ammirare la stupenda terrazza fronte Rialto ed eventualmente poi fare acquisti. Tra l’altro la terrazza di 800 mq era quasi sempre “booked” ovvero già prenotata da guide e turisti. Ci andavano soprattutto clienti asiatici. Quelli dell’est, russi in primis, non sono mai approdati in massa. Ora che il Fondaco ha chiuso i battenti, dopo nove anni, si possono fare delle riflessioni con pacatezza storica. Il primo maggio, festa dei lavoratori, è stato organizzato un brindisi d’addio. Sono circa 200 i lavoratori in cerca di nuova occupazione, una ventina hanno approfittato subito della buona uscita, altri rimarranno un altro mese per lo smantellamento, o disallestimento.
Un Fondaco chiuso al macero

Arredi, mobili e scaffali costati una fortuna andranno al macero, dopo aver informato per donazioni a scuole, fondazioni, enti pubblici, opere di beneficienza. Erano costati parecchio.
Un po’ di numeri. Secondo il gestore DFS di Hong Kong del Gruppo LVMH (acronimo di Louis Vuitton Moët Hennessy) del quarto uomo più ricco del mondo, ovvero Bernard Arnault, in questi nove anni ci sono stati 18 milioni di visitatori.
DFS firma con la società proprietaria Dekus del Gruppo Benetton, un affitto novennale di 70 milioni. Nel contratto del 2016 c’era scritto che i lavoratori assunti scadevano nel settembre 2025. Una domanda: i sindacati sapevano delle assunzioni a tempo determinato?
Il ruolo di Gilberto Benetton nel Fondaco chiuso

Nel 2008 Gilberto Benetton, la mente finanziaria del gruppo, presenta al Demanio, proprietario della sede delle Poste italiane, una offerta di 53 milioni (su base di partenza 51). Assicura una ristrutturazione di 35 milioni. Gli ambientalisti hanno i primi mal di pancia per i restauri affidati all’archistar Rem Koohlaas dello Studio Oma. Scale mobili, spostamento vera da pozzo, nuove pareti e maxi terrazza, agitano Italia Nostra. Pronto il ricorso al Tar e poi al Consiglio di Stato. Lidia Fersuoch scriverà un libro “Nostro Fondaco dei Tedeschi”. Interviene anche Salvatore Settis: “terrazza mozzafiato a discapito della legalità e della storia”. Niente da fare. Soprintendenza dà l’ok e il Comune di Venezia riceve 6 milioni come benefit. Nel 2018 sull’Espresso Gilberto Benetton, prima di morire a 77 anni, scriverà: il nuovo Fondaco sarà un affare per Venezia.
Anche la Rinascente

Le precedenti iniziative, Hotel Monaco, antico teatro Ridotto, cinema San Marco, trasformato in negozi di lusso ed eliminazioni della gloriosa libreria Mondadori, acquisto e vendita ai turchi dell’isola-hotel di San Clemente, Grandi stazioni, erano andate tutte a buon fine. Nel 2012 sembrava che il Fondaco fosse affidato alla società milanese Rinascente. Addirittura l’amministratore delegato Alberto Baldan, veneziano, organizza una conferenza stampa sulle intenzioni della società. “Sarà come un grande campiello con 6.800 mq per il commercio e 2.800 per spazi culturali”.
Un triste finale per un Fondaco chiuso

Ubi major minor cessat. Porta aperta per Bernard Arnault.
Interviene oggi la politica locale. L’assessore del comune di Venezia, Simone Venturini, auspica a breve un subentrante. L’assessore regionale Valeria Mantovan, sta organizzando, per il mese di giugno, un incontro con Sabrina Benetton. I sindacati sono sul piede di guerra. Non ci resta che stare a vedere, il Fondaco chiuso fa un po’ di tristezza.