Sono trascorsi 40 anni e ancora le parole e le immagini di allora mantengono e trasmettono la loro “carica emotiva” Parlo di una storia vera, raccontata nel 1984-85 da un giornale amato da molti, il Gazzettino di Giorgio Lago. Oggi quelle cronache si sono trasformate in un libro che si intitola Per Ambrogio (editore Supernova). Lo ha scritto come si scrive un’avventura straordinaria un giornalista narratore, Vittorio Pierobon: con precisione cronistica e passione letteraria.
Il libro rievoca la vicenda di Ambrogio Da Re di Cavanella d’Adige, un bambino di sei anni colpito da una anomalia incurabile al fegato e della lotta per salvarlo. Quella lotta prese la forma di una gigantesca sottoscrizione aperta dal Gazzettino per mandare il piccolo “dagli occhi gialli” in America, a Pittsburg dove gli fu trapiantato un fegato sano.
Lo slancio dei lettori del quotidiano veneto si concretizzò ben presto, incredibilmente, nella somma di oltre mezzo miliardo di lire. Una Grande Rete di solidarietà si era alzata attorno a quel bambino coraggioso e maturo, migliaia di veneti e friulani lo adottarono insieme a enti pubblici e privati fra cui la Croce rossa nazionale: una partecipazione così capillare, profondamente motivata e diversificata che forse nel clima sociale di oggi non avrebbe le dimensioni di allora.
Il libro Ambrogio

La bellezza del libro, e il suo commovente messaggio, è dispiegata nella narrazione di Pierobon che parla di “favola vera” e infatti noi possiamo vedere l’avventura del trapianto con gli occhi del Piccolo Italiano (come lo chiamò il presidente della Repubblica) che vedeva come Supereroi il Papà e la Mamma, mentre il Mago, dico ira il chirurgo Thomas Starzl e una Fata la pediatra Lucia Zancan. Un personaggio fondamentale in quella vicenda è l’Ignoto Donatore del fegato sano così come Otto, l’inviato speciale del Gazzettino Roberto Ottomaniello che seguì Ambrogio nella sua rischiosa avventura al Children’s Hospital.
Il libro Per Ambrogio è anche palpitante memoria per noi: c’è tanta umanità nella Scienza, così come c’è un cuore in un grande giornale, ma non sempre ne riconosciamo il battito. Ambrogio ha 45 anni, ha un figlio, Nicolò, e vive con la compagna Arianna in provincia di Rovigo. Chissà se ha mai sentito parlare dell’innesto, il trapianto vegetale eseguito dai contadini polesani che da un albero inerte traggono nuove foglie e tanti frutti.
Primo viene lo spot

Non ci colpisce e preoccupa solamente la “guerra commerciale” aperta dal Trump di Washington, che si svolge su scala mondiale, c’è una forma di violenza che ci arriva in casa via televisione. Si tratta – basta pensarci un momento – della pubblicità, del famoso bombardamento mediatico cui siamo sottoposti. So benissimo che la pubblicità è una forma di comunicazione, vitale per le tv commerciali, ma so pure che ci sono dei limiti, in particolare c’è quello che io chiamo il muro del buon gusto.
Lo dico a proposito di un comportamento tenuto da giornalisti o conduttori di programmi culturali o di intrattenimento televisivo che, d’improvviso, avvertono lo spettatore con la frase “Adesso andiamo in pubblicità”, formuletta che qualche volta interrompe un’intervista, disorientando lo spettatore e comunque mancando di rispetto alla persona intervistata che, ahimè, si trova in due casi recenti sotto le bombe, che non è un modo di dire ma realtà, cioè alla lettera in zona di guerra.
E così si tronca la parola a un testimone che sta rischiando la vita, e si dà spazio a una saponetta (un esempio qualsiasi); così si banalizza una storia drammatica per sollecitare l’acquisto di una merce, di un bene voluttuario.
Che dire?
Magie notturne

(poesia)
Era di notte, e nel grande buio
era luce la tua voce
sommessa che tesseva
ricordi dei giorni andati,
quando una nuova primavera
ci accoglieva, intorpiditi
dall’ultimo sole dell’inverno.
Tu eri come i fiori, bella
e altera nel prato della vita:
eri il presente e il futuro
che tenevi in te teneramente.
Questa notte in sogno
ti ho incontrata: nel buio
pura luce è diventato
il mio sorriso al risveglio.
Anonimo ‘25
Molto interessante. Vittorio lo conosco. Cercherò il libro. Grazie!