Addio alla leggenda Rino Tommasi, due settimane dopo la morte di Gian Paolo Ormezzano. Fecero fairplay, insieme, su Tele+.
Paolo Garimberti, ora a Sky: “All’us open telecronaca con Gianni Clerici completamente nudo”. Curioso, no? Negli Stati Uniti, al microfono senza vestiti. “E quando disse: se fossi stato un po’ più gay, mi sarebbe piaciuto ricevere io quella carezza, che ebbe la palla”.
Roberto Lombardi se ne andò per primo, scriveva sul Giornale di Sicilia, Rino aveva scelto di fare il freelance, era editorialista della Gazzetta dello Sport ma scriveva per Il Secolo xix, Il Gazzettino, Il Mattino, Il Tempo. Il circoletto rosso.
Rino Tommasi il mito

Il mito. Ma la tv alimenta i miti. Era stato direttore dei servizi sportivi a Canale 5, andava in video il sabato sera, con Roberto Bettega. Amava il sorteggio arbitrale, chiedeva di valutare metà gol il rigore trasformato – io aggiungerei di dare mezzo gol a chi procura il rigore -, tifava Verona e non solo per lo scudetto più incredibile nella storia del calcio italiano. “Egidio Notaristefano, del Como, meriterebbe la chiamata in nazionale, di Enzo Bearzot”.
I numeri, anche per il calcio. Un gigante. Il pugilato, la cultura della boxe. Che per Avvenire non dovrebbe esistere e Alberto Caprotti, per 20 anni capo, condivideva l’abolizione della boxe.
La cultura sportiva, di ogni sport, solo Franco Bragagna è a quel livello di onniscenza. Rino è stato secondo il mio parere più grande di Gianni Brera, aveva rispetto per i campioni che Brera, provocatore, non aveva.
Ubaldo Scanagatta è rimasto solo lui, era il quarto uomo. La curiosità, le parole singolari: “Bingo bongo, bongo”. Anagrafe del calcio italiano. Salvatore, all’anagrafe. Un gigante, organizzatore di pugilato, Itos, anagramma di parte di Tommasi.
La sua grandezza

Rino era stato anche a radio Monte Carlo, la segreteria della redazione dell’epoca, Laura di Terlizzi, non lo conosceva e gli chiese di mandare un curriculum. Egli disse: “Guardi, signorina, mi passi il direttore”. Era Paolo del Forno, che naturalmente aprì la collaborazione.
Scrittura, tv, analisi, critiche, opinioni, posizioni. Un gigante, che non amava problemi a sfidare i campioni. Per due anni non parlò con Paolo Bertolucci, aveva lasciato andare il rapporto con Adriano Panatta.
Si batteva per gli sport vari, contro il solo calcio solo. Diceva: “Il 73% dello spazio dei quotidiani è dedicato al calcio”.
Provava a cambiare la cultura del paese, la sportività, il rispetto degli avversari. Non ha potuto assaporare Jannik Sinner, la seconda e la terza Davis.
Elena Pero era sua segretaria, specie negli anni iniziali. Meritava di scrivere su Corriere della Sera, anche, di tennis e boxe. Era stato direttore di Tele+, ha assunto Fabio Caressa e altri. Il suo stile e il suo linguaggio andrebbero insegnati all’università, gli vanno dedicate aule nelle cattedrali dello sport: per la rettitudine morale, la trasversalità. Non faceva sconti a nessuno, come solo i grandi giornalisti fanno e aveva la giusta dose di presunzione, l’alta, sacrosanta considerazione di sè.
La nostra chiacchierata con Franco Bragagna , il Rino Tommasi di 25 anni dopo, l’unico erede.
La prima parte della chiacchierata con Franco Bragagna, su Live is life network, con Daniele Rontani, da Bosco di Scandiano.