Coste e mari italiani sono sempre più minacciati dai reati ambientali, con un incremento del 29,7% dei reati nel 2023 rispetto al 2022. Nel suo report annuale Mare Nostrum, Legambiente evidenzia che sono per lo più il ciclo illegale del cemento, dei rifiuti e della pesca non consentita, le principali motivazioni di questi disastri. Sempre Legambiente propone, per combattere questi reati, la lotta all’abusivismo edilizio, la mala-depurazione, la gestione dei rifiuti e il contrasto della pesca illegale.
Mare nostrum o mare mostrum?
Come dicevo, Legambiente formula dieci proposte che ruotano intorno a quattro macro-temi:
1) la lotta all’abusivismo edilizio: l’abbattimento degli immobili abusivi, prevedendo finanziamenti a favore degli Enti pubblici che eseguono le ordinanze di demolizione in esecuzione di sentenze di condanna per abuso edilizio;
2) la lotta alla mala-depurazione: si può uscire dalle procedure d’infrazione dell’Unione Europea investendo sulla realizzazione e sull’adeguamento dei sistemi fognari e di depurazione, migliorando il trattamento delle acque reflue e limitandogli sprechi dovuti a condutture idriche poco “performanti”;
3) il tema dei rifiuti: dando piena attuazione alla Direttiva 2019/883 che disciplina gli impianti portuali di raccolta dei rifiuti delle navi e regolamentando lo scarico dei rifiuti liquidi in mare, istituendo delle zone speciali di divieto di qualsiasi tipo di scarico e promuovendo misure di prevenzione nella produzione, nell’abbandono e nella dispersione dei rifiuti.
4) il contrasto della pesca illegale, con puntuale applicazione delle norme vigenti, magari rendendo le sanzioni davvero efficaci.
Stoccare anidride carbonica in mare aperto
Eni e Snam annunciano l’avvio delle attività di stoccaggio della CO₂ (anidride carbonica) in un giacimento esaurito di metano a Ravenna. Si tratta del progetto Ravenna CCS, il primo impianto italiano per la cattura e lo stoccaggio permanente dell’anidride carbonica, al servizio delle industrie della zona. La prima fase è quella che prevede cattura, trasporto e stoccaggio della CO₂ emessa dalla centrale di Eni di trattamento del gas naturale di Casalborsetti, nel comune di Ravenna, stimata in circa 25mila tonnellate l’anno e che verrà trasportata e stoccata a 3.000 metri di profondità in un giacimento di gas naturale, esaurito, nell’Adriatico. Per farlo, Eni e Snam faranno leva sulle loro competenze nel trasporto e nello stoccaggio di molecole, già manifestate, per esempio, nell’area padana e in analoghi progetti ai quali partecipano con le loro partecipate in Francia, Grecia e Regno Unito.
La seconda fase 2 prevede di stoccare fino a 4 milioni di tonnellate all’anno entro il 2030, in linea con gli obiettivi definiti dal PNIEC (Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima), nell’ottica anche del raggiungimento degli obiettivi climatici e il NetZero al 2050.
I reati veri e presunti
Sebbene sia del tutto improbabile che un sito di stoccaggio, se gestito correttamente, possa presentare delle perdite, quali sarebbero gli effetti sull’ecosistema marino se l’anidride carbonica stoccata si riversasse in mare?
Ogni giorno vengono rilasciati circa 100 milioni di tonnellate di anidride carbonica nell’atmosfera. Tra i numerosi provvedimenti proposti per ridurre la concentrazione della CO2 in atmosfera, si stima che la cattura e lo stoccaggio geologico della CO2 (CCS – carbon capture and storage – cattura e stoccaggio dell’anidride carbonica, in italiano) può contribuire per il 33% alla riduzione delle emissioni di CO2 nell’atmosfera, obiettivo da raggiungere entro il 2050. Le tecnologie CCS prevedono la cattura della CO2 dalle centrali elettriche alimentate con combustibili fossili e dagli impianti industriali e, successivamente, il suo immagazzinamento nel sottosuolo in una formazione geologica adatta a contenerla.
Tuttavia, sebbene le perdite di CO2 dai siti di stoccaggio siano improbabili, i processi e i potenziali effetti a esse associati devono essere attentamente valutati. Il progetto di ricerca ECO2, finanziato dalla comunità europea e coordinato da GEOMAR Centro Helmholtz per la ricerca oceanica di Kiel, si è occupato proprio di valutare i rischi associati allo stoccaggio della CO2 al disotto dei fondali marini, studiando, tra l’altro, il potenziale impatto di eventuali fuoriuscite sull’ecosistema.
I ricercatori coinvolti in questo studio hanno pubblicato su Science Advances (rivista scientifica considerata tra le più serie e attendibili nel Mondo) una ricerca relativa alle conseguenze ecologiche, dovute a una eventuale fuoriuscita di CO2 dai siti di stoccaggio, sull’ecosistema dei fondali marini.
Gli studi per bloccare i reati contro il mare
Per fare questo, i ricercatori hanno eseguito uno studio multidisciplinare nell’area di Panarea (isole Eolie), un sito caratterizzato da emissioni naturali di CO2 e considerato un laboratorio naturale unico per tali tipi di ricerche.
Proprio a Panarea nel 2015, OGS ha inaugurato ECCSEL-NatLab Italy, il “pezzo” italiano dell’European Carbon Dioxide Capture and Storage Laboratory Infrastructure (ECCSEL); si tratta, per semplificare, di una rete europea creata con lo scopo di realizzare un network di laboratori d’eccellenza per lo sviluppo di tecniche di stoccaggio geologico della CO2, per la lotta ai cambiamenti climatici attraverso la promozione di tecnologie di immagazzinamento nel sottosuolo dell’anidride. “La presenza di emissioni naturali di CO2 e altri geo-gas dal fondo del mare rendono l’isola di Panarea un laboratorio naturale straordinario per studiare gli effetti legati ai cambiamenti climatici, per la messa a punto di tecniche di monitoraggio e per studi di impatto sull’ecosistema” spiega Cinzia De Vittor, ricercatrice OGS e responsabile del laboratorio ECCSEL-NatLab Italy a Panarea. “Grazie alla sua unicità quest’area è stata oggetto di studio in numerosi progetti nazionali e internazionali”.
L’intervento di Cinzia De Vittor contro i reati contro il mare
“In prossimità dell’isola di Panarea, in aree con presenza di fuoriuscite naturali di CO2 e in aree prive di emissioni, abbiamo studiato i processi biogeochimici e gli organismi che vivono nei fondali sabbiosi” spiega Tamara Cibic, ricercatrice dell’OGS. Ma i ricercatori hanno anche eseguito degli esperimenti di traslocazione di sabbia e degli organismi in essa contenuti tra i siti con e senza fuoriuscite di CO2 per osservare il loro grado di adattamento al cambiare delle condizioni ambientali.
“La conclusione cui siamo giunti è che l’aumento dei livelli di CO2 può influenzare localmente la funzionalità dell’ecosistema marino, anche nel lungo termine” spiega Cibic. Gli organismi di più grandi dimensioni sembrano essere quelli maggiormente sensibili e la tipica comunità dei sedimenti sabbiosi pare non ristabilirsi neppure un anno dopo il trasferimento dei sedimenti in un sito non disturbato.