“Quando all’arte si leva il verismo che resta? Il verismo porta lo studio accurato della Società presente, il verismo mostra le piaghe da cui è afflitta, il verismo manderà alla posterità i nostri costumi e le nostre abitudini”. Giovanni Fattori. Giovani, ribelli, pieni di entusiasmo rivoluzionario, osteggiati dalla cultura accademica, in una parola: Macchiaioli. Anticiparono le visioni di Monet, Van Gogh, Gauguin. Come spesso accade agli innovatori, crearono scompiglio tra pubblico e critica, ma la loro potenzialità fu straordinaria.
I Macchiaioli e l’800
A questa importante corrente artistica dell’Ottocento, Padova dedica una mostra di grande spessore a Palazzo Zabarella: I Macchiaioli. Capolavori dell’Italia che risorge. Inaugurata lo scorso ottobre, con un attivo di 2000 visitatori solo nei primi 4 giorni di apertura, si è imbattuta nel blocco dei musei causa Covid.

Febbraio mese della rinascita
Febbraio segna una svolta per l’arte, riaprono i musei e anche i Macchiaioli tornano a stupire. Più di cento capolavori, dalle opere intense e famose, a quelle inedite non meno affascinanti. Autori come Giovanni Fattori, Telemaco Signorini, Silvestro Lega, Vincenzo Cabianca uniti nell’esaltazione di ogni singolo istante di vita quotidiana. Le immagini di un’Italia ottocentesca immersa nell’abbaglio della luce e del sole. Tra nuvole, balconi fioriti, bucato steso ad asciugare, fanciulle che osservano il paesaggio. Icone di un’identità che emerge in filigrana con grande precisione e armonia. Sentimento emozione e colore testimoniati dall’immagine icona della mostra: “Al sole” del veronese Vincenzo Cabianca, olio su tela del 1866, collezione privata. Tre donne in primo piano illuminate dall’intensità di un cielo estivo sfolgorante.
Le donne e Macchiaioli

Le donne saranno determinanti nel percorso artistico dei macchiaioli e non solo come soggetti raffigurati. Libere, spregiudicate, fonte di ispirazione e grandi sostenitrici del movimento, intuiscono le potenzialità contribuendo alla diffusione delle opere. Nobildonne, giornaliste, ammaliatrici, come Titta Elisa Guidacci che fa perdere la testa a Silvestro Lega, o come Teresa Fabbrini; il critico d’arte Diego Martelli primo sostenitore dei Macchiaioli, la conosce in una casa di tolleranza, ne nasce un grande amore e Teresa diventerà la sua compagna storica.
Il mondo in fermento dei Macchiaioli è pervaso da luci ed ombre, spesso in contrasto con la cultura accademica del tempo. Pubblico e critica non sono preparati a comprenderne la novità intrinseca.
Come nascono i Macchiaioli
Nel 1861 con la prima uscita pubblica all’Esposizione Nazionale di Firenze, avvenuta dopo la proclamazione del Regno d’Italia, questi toscanacci ribelli e scavezzacolli vengono disprezzati dalla critica che li definisce: “effettisti”. Il termine macchiaiolo nell’accezione negativa viene usato nel 1862 da un cronista sulle pagine della Gazzetta del Popolo.
Inconsapevolmente il giornalista aveva sdoganato un neologismo che darà vita alla nuova corrente, un movimento che segnava il passaggio dal gusto romantico a quello verista, un rinnovamento antiaccademico stilisticamente realizzato grazie proprio al contrasto timbrico chiaroscurale della macchia.
Prima degli impressionisti
I macchiaioli rifiutavano di utilizzare la linea di contorno e il disegno, seguivano le leggi della visione ottica grazie all’uso dei colori accostati in campiture diverse, anche sovrapposti tra tonalità chiare e scure.
Cominciano ad operare una ventina di anni prima dei loro più famosi colleghi impressionisti, nascono infatti nel 1856, asseriscono che la forma non esiste ma è creata dalla luce, come macchie di colore distinte o sovrapposte. La luce, colpendo gli oggetti viene rinviata al nostro occhio come colore.
Giovani e ribelli
Sono giovani ribelli, garibaldini e mazziniani, vivono in un’Italia travagliata, non ancora unita, pieni di passioni innovative. Luogo di incontro è il Caffè Michelangiolo, nel cuore del centro storico di Firenze. Qui contestano i dettami della vicina Accademia sorseggiando il leggendario punch alla fiorentina, una bevanda composta da caffè e rhum, il corrispettivo dell’assenzio parigino, ma aggiungiamo noi, probabilmente meno pericoloso. Sappiamo quanto sia stato devastante l’assenzio per la salute di chi ne abusava.
Macchiaioli e Telemaco

Tra i giovani del Caffè Michelangiolo, c’è il capofila del gruppo, affascinante artista della colta e ricca borghesia fiorentina, ama la bella vita, le donne, i salotti culturali, sembra uscito da un romanzo di Oscar Wilde, è Telemaco Signorini. Ammira la pittura francese come quella di Corot e Courbet, negli ultimi anni andrà spesso a Parigi entrando in contatto con il mondo di Degas, Manet, Monet.
Ecco cosa scrisse a proposito della critica malevola: “Al mio ritorno in Firenze, ebbi i miei primi lavori rigettati dalla nostra Promotrice (Accademia di Belle Arti in Firenze) per eccessiva violenza di chiaroscuro e fui attaccato dai giornali come macchiajuolo”
Telemaco guida il movimento
Ma Telemaco è una mente geniale, intuisce l’importanza e la novità di quel termine sprezzante e decide polemicamente di adottarlo per il neonato movimento.
Come artista si avvale già di un mercato fiorente anche in vita, ma in generale il gruppo, snobbato da pubblico e critica, deve molto al sostegno di amici benefattori e sostenitori. In primis, Diego Martelli critico d’arte illuminato che apre le porte della sua abitazione a Castiglioncello (all’epoca minuscolo borgo di pescatori e contadini) a tutto il gruppo, intuendo da subito il messaggio rivoluzionario di quest’arte.
La casa dei Macchiaioli
La casa era perfetta e consentiva ai macchiaioli la loro attività, dipingere dal vero, all’aria aperta, sotto il sole, ritraendo spesso i contadini e i pescatori del posto. Dalle campagne al litorale una sinfonia cromatica nuova piena di vibrazioni e atmosfere.
La mostra

La mostra di Palazzo Zabarella ha il merito di evidenziare proprio queste dinamiche affiancando alle opere degli artisti anche i mecenati che sostennero il movimento, tra questi sostenitori e collezionisti un ruolo importantissimo sarà ricoperto da figure femminili.
Un percorso avvincente che si avvale della ricerca esemplare dei curatori Giuliano Matteucci e Fernando Mazzocca. La mostra è promossa dalla Fondazione Bano che ha sede a Palazzo Zabarella, da sempre impegnata nella valorizzazione di arte e cultura dell’Ottocento e Novecento. Ogni anno propone al pubblico mostre di respiro internazionale, e quella sui Macchiaioli è sicuramente un evento di punta nel panorama espositivo italiano. Ora questa splendida mostra riparte alla grande nel segno dei Macchiaioli, forti e inarrestabili.
L’iscrizione
Vale la pena leggere l’iscrizione relativa al Caffè Michelangiolo che così li descrive: “In questo stabile ebbe sede il Caffè Michelangiolo geniale ritrovo d’un gruppo di liberi artisti che l’arguzia fiorentina soprannominò macchiaioli e le cui opere nate tra le lotte politiche e gli eroismi guerrieri del risorgimento nazionale perpetuarono il lume della tradizione pittorica italiana rinnovandone gli spiriti.”
I Macchiaioli. Capolavori dell’Italia che risorge
Fino al 18 aprile 2021
Padova, Palazzo Zabarella
tel. 0498753100