Seduto in autobus, assisto ad una scena che mi fa riflettere. Su due carrozzine parallele e allineate, due maschietti, che non hanno ancora l’età per camminare, manco si guardano perché hanno gli sguardi fissi-fissi, davanti a colorati smartphone di nuova generazione. Le mamme stanno parlando. Appena un bimbo, per distrazione perde il telefonino e si mette a piangere, una mamma, senza smettere di chiacchierare e di guardarlo, raddrizza il device. Il bimbo si tranquillizza subito e continua a concentrarsi. Penso ad un disegno di legge che giace in Parlamento (credo su iniziativa del Movimento 5Stelle). Vorrebbe vietare i telefonini ai minori di tre anni, autorizzarli con la presenza dei genitori solo dai 3 ai 6. Limitarli fortemente fino ai 12 anni e di sicuro proibirli nelle scuole primarie e secondarie.
Il parere di Crepet sui telefonini

“Il vero problema – dice il famoso psichiatra e sociologo Paolo Crepet – sono i genitori e l’ambiente famigliare. Chi controlla tra le pareti domestiche la vita on-line dei figli? Spesso sono i grandi da punire. Esistono siti web estremamente pericolosi, come Onlyfans e i giochi d’azzardo”.
Anche l’aumento delle violenze tra baby gang e i revenge-porn sono chiari riflessi della tecnologia non controllabile. É la confusione continua tra realtà e virtualità che genera atteggiamenti bipolari o peggio autistici.
Se i telefonini diventano baby sitter

Non basta una campagna di pubblicità progresso. Stesso ammonimento della Società italiana di pediatria preventiva e sociale. I telefonini sono diventati baby-sitter “low-cost”. L’affermazione: “se fai il bravo, puoi usare il telefonino” é estremamente pericolosa.
La testimonianza di una mamma

“Una delle punizioni peggiori che posso infliggere oggi ai miei figli – mi dice una mamma, insegnante alle superiori – é togliere e sequestrare il telefonino per un giorno. Li crolla il mondo addosso”. Lo stesso mi dice una mia nipote: ma zio come facevate una volta a vivere senza smartphone? Potevamo, potevamo, rispondo io. E forse si stava meglio…
Studi recenti americani sono preoccupati per il futuro dei “nativi digitali” e addirittura li vedono, tra mezzo secolo, con il pollice allungato, ingobbiti cronici se non, con la testa sproporzionata rispetto a tutto il corpo. A parte queste possibili esagerazioni, l’allarme dell’American Academy of Pedriatics e della Canadian Society of Pedriatics é serio e auspica il divieto assoluto per bambini fino a due anni, massimo un’ora al giorno tra i 3 e 5, due ore fino ai 18 anni.
Gli effetti collaterali dei telefonini

Per ora vengono analizzati gli aumenti dei casi di dislessia, disortografia, disgrafia, discalculia. Le scuole elementari ne sanno qualcosa.
Gli effetti collaterali sono già evidenti. É scientificamente noto che il cervello di un neonato triplica fino ai due anni. Le stimolazioni tecnologiche di un cervello in pieno sviluppo creano deficit di funzioni esecutive e dell’attenzione. L’apprendimento in età evolutiva è compromesso a causa di impulsività e rabbia, diminuisce l’autocontrollo. Faccio un volo pindarico sul caso del femminicidio di Giulia Cecchettin. Il fidanzato Filippo Turetta, ha spedito 225 mila messaggini su whatsapp, 300 al giorno…
Sempre secondo gli studi americani solo l’attività fisica e sportiva migliora l’attenzione e l’apprendimento

Una delle ragioni dell’aumento dell’obesità tra i giovani, non è dovuta oggi solo al cibo-spazzatura ma anche all’uso passivo di videogiochi e cellulari.
L’Oms, l’Organizzazione mondiale della sanità, calcola invece la pericolosità delle radio-frequenze a “categoria 2b”, ovvero potenzialmente cancerogene. Ma si vorrebbe posizionarle al livello “2a” (rischio cancerogeno), anche in attesa dell’arrivo dei 5g, i telefonini di nuova generazione con antenne potenziate.
Il quadro è abbastanza drammatico.
Dipendenza da telefonini

E sempre seduto sull’autobus, davanti ai due neonati muniti di cellulare, penso ad un’altra scena in un canale veneziano. Quattro turisti cinesi comodamente sdraiati in gondola, sono incollati con gli occhi al cellulare e non guardano minimamente i palazzi gotici e rinascimentali che hanno a pochi centimetri di vista. Il gondoliere parla loro invano, ma ad un certo punto sbuffa risentito: “Ciò, ma no podevi restar a casa vostra!”. I turisti non capiscono, però ripongono nelle tasche lo smartphone.
Altra scena di crescente pazzia urbana: alla Giudecca, un simpatico barbone-etilista, conosciuto per le sue battute filosofiche, entra in un vaporetto affollato. Sono tutti seduti con lo sguardo fisso sugli smartphones. “Ma siete tutti ‘insemenii’ (ovvero scemi, in dialetto) ma non vi guardate! Siete tutti dei fuori di testa…”.
Immediata la reazione dei passeggeri: c’è chi ride, chi si imbarazza, chi depone subito in tasca il telefonino. In fondo: in vino veritas.
Solitudine o smartworking?

Ecco pronta l’ultima scenetta: scendo dall’autobus, due distinti signori in giacca e cravatta, parlano agitati a voce alta. In un primo momento pensavo colloquiassero tra loro per affari comuni e delicati. Fatture non pagate, impegni con le banche. Insomma: gridano.
Poi mi accorgo che si separano e continuano a gridare a voce alta…da soli.
É lo smart working, bellezza.