25 Aprile, Festa della Liberazione. E’ la nascita di un’Italia nuova, libera, democratica. La guerra appena conclusa è stata anche una guerra civile, è finita una dittatura durata vent’anni, tramonta una monarchia che si era raggomitolata su se stessa tanto da perdere ogni traccia di dignità. Fine dell’occupazione di vecchi e nuovi alleati. Fine della paura, non cadono più le bombe, non spariscono più le persone in celle di tortura, camere a gas, fenditure nelle rocce, cave di arenaria. Si può finalmente respirare libertà e perfino gridare la parola libertà.
L’importanza del 25 aprile

Da quella data è nata la migliore Costituzione possibile, figlia integrale della nostra cultura, delle nostre radici, delle nostre ambizioni, dei nostri sogni. E su una cosa sicura: era e resta decisamente antifascista. Per questo ho sempre avuto difficoltà a capire perché la data del 25 Aprile possa essere interpretata come divisiva, perché possa esserci negli italiani di oggi – nati in gran parte dopo la guerra – una sorta di orticaria a sentire nominare la parola antifascismo. Tutto è possibile, siamo liberi, grazie a tutti coloro che sono morti per renderci liberi. Antifascismo non significa mancare di rispetto alle vittime della guerra, militari e civili; né alle vittime delle vendette, ci sono state anche queste, e nel momento della vendetta nessuno è migliore dell’altro. Non abbiamo una memoria condivisa nemmeno dopo 80 anni, ma è difficile mescolare nella stessa pentola i sentimenti, gli odi, le follie, le storture della stessa Storia. Ma la libertà rende possibile anche denunciare gli errori e gli orrori, assumersi le responsabilità, concedere nella pienezza la libertà anche a chi in passato l’ha negata agli altri. Soffriamo di poca memoria storica, tendiamo ad autoassolverci e a dimenticare presto. Ma una cosa non può essere dimenticata: tutti i morti meritano pietà e rispetto, ma restano differenti le motivazioni per le quali sono morti. Tra chi è caduto combattendo accanto all’invasore e chi combattendo quell’invasore, una differenza esiste ed è su quella differenza che si basa la libertà di oggi.
Allora, perché il 25 Aprile deve essere divisivo?

L’Italia non dovrebbe mai porsi la domanda, la libertà e la Costituzione non dipendono dal colore di chi in quel momento governa. Certo la politica è varia: destra-sinistra-centro-centrodestra-centrosinistra-estremadestra-estremasinistra. Poi: verde, bianco, rosso, nero, grigio, stelle, bandiere, simboli. Sempre che queste categorie abbiano ancora un senso, anche se non si può sfuggire alla realtà della Storia e di questo chi governa dovrebbe sempre tenere conto.
Quel 25 aprile che portò via la censura

Si può capire che chi governa in democrazia voglia controllare le leve di quella democrazia, perfino lo spoyl sistem ha un senso. Non c’è scandalo se si vuole controllare la Rai che è la più grande azienda di comunicazione d’Italia; siamo un paese con età media alta e non tecnologico quanto dovrebbe, inevitabile che l’informazione arrivi in buona parte dalla televisione. Anche in passato chi governava controllava la Rai, lo faceva con la lottizzazione che spartiva il potere e lo garantiva, comunque, anche alla minoranza. Diceva Enzo Biagi che se in Rai i dipendenti avessero indossato la maglia del partito d’appartenenza, ci sarebbero stati più colori che al Giro d’Italia. Non siamo cresciuti più cretini con quella televisione e nemmeno più ignoranti. C’era controllo, ma non c’era censura. Controllare non vuol dire occupare e avere funzionari più realisti del re. L’informazione, poi, è il segnale principale dello stato di salute della democrazia e della libertà.
La vicenda Scurati è preoccupante perché mette a nudo la debolezza del potere

E’ stato un grossolano errore soprattutto da parte di chi fa comunicazione per mestiere, anzi è la più grande industria di comunicazione del paese. Un errore goffo e ridicolo che ha finito per amplificare un messaggio che sarebbe rimasto circoscritto alla non vastissima platea di un programma di Rai Tre. Seicentomila telespettatori, forse settecentomila a farla grande. La stessa premier Giorgia Meloni reagendo con qualche disinformazione e pubblicando l’intervento di Scurati sul suo sito lo ha offerto a un pubblico ben più vasto di quello televisivo. Avrebbe fatto bene a pubblicare l’intervento, dicendo che con la censura non aveva niente a che vedere; lo ha confuso con spiegazioni poco proponibili, a incominciare dal gettone di presenza. Tutte cose che non avevano niente a che fare con la domanda: era censura? Ci sono documenti Rai che parlano di intervento eliminato per “decisioni editoriali”, nessuno accenna al compenso richiesto da Scurati. I lavori vanno retribuiti, si concordano. Nei contratti c’è sempre l’accettazione. E in quello c’era.
Semmai il problema della Rai è quello della crisi di ascolti, di programmi non decollati, di scelte che hanno portato alla concorrenza anche le partite di calcio. Eppure il pallone e il Festival di Sanremo sono la cosa più nazionalpopolare di un paese nazionalpopolare.
Non si può bloccare la libertà di espressione

Il problema è che nessun governo, indipendentemente dal colore, può censurare la libertà di espressione e di informazione. La Rai non è proprietà di una parte politica o di una coalizione, è degli italiani che pagano il canone e le tasse. Alle critiche si risponde, non si chiude la bocca di chi fa la domanda, non ci si nasconde per evitare il confronto. Chi governa ha l’obbligo di rispondere, sempre. Chi informa ha l’obbligo di fare domande, sempre.
Quel 25 aprile che non deve dividere

Non è un fatto di fascismo o antifascismo, è un fatto di libertà e di democrazia. Non ci si deve vergognare del proprio passato e delle proprie conquiste. É vero che alla caduta del fascismo, con ironia al vetriolo lo scrittore Leo Longanesi disse che gli italiani il giorno dopo erano raddoppiati: 40 milioni di fascisti e 40 milioni di antifascisti. Una vocazione nazionale che ogni tanto ci assale. Ma quel passato non c’è più, i nostalgici devono farsene una ragione. Ci sono malattie che vanno curate subito, appena mostrano i sintomi che quasi sempre sono visibili. Quel cittadino che alla prima della Scala ha gridato “Viva l’Italia antifascista!” ha detto una cosa ovvia, normale, giusta, scritta nella Costituzione, nessuno avrebbe dovuto per questo identificarlo e registrarlo in un verbale delle forze dell’ordine. É accaduto e nessuno ha provveduto a impedire che si ripetesse.
Il 25 aprile è la festa di tutti

Oggi è la festa della Liberazione. Per tutti. Chi combatté per la Resistenza – la sola cosa che ci ha restituito un po’ di dignità a guerra finita da paese sconfitto – era di ogni colore politico: monarchici e repubblicani, cattolici e comunisti, socialisti e liberali, militari e civili, operai e professori, medici e contadini. C’era l’Italia, o almeno quella parte dell’Italia che si era caricata sulle spalle il futuro.
La libertà va protetta e l’informazione è il vestito che la copre. Il potere dovrebbe saperlo e tutelarlo. Perché dove c’è libertà i governi possono cadere quando sbagliano o quando mentono o quando sono corrotti. E essere rieletti quando amministrano nell’interesse di tutti i cittadini.