Scatti di una nettezza incredibile, dagli archivi veneziani Cameraphoto e Arici. Scatti di un Ghetto veneziano semideserto, anni Sessanta del Novecento, così lontano dall’affollamento odierno: niente bar dai plateatici frequentati, niente botteghe. Storie di un’isola nel cuore di Cannaregio, carica di una memoria dolorosa, che ancora brucia. Le prime mosse del Museo originario; la foto straordinaria della riconsacrazione della Sinagoga Spagnola, dove sta per rientrare il Sefer Torah alla fine della guerra. Dopo le deportazioni – 246 persone strappate ai loro affetti, alle loro case –, dopo la grande paura. Eppure, quanta gioia, quanta speranza s’intravvede in quei volti, quasi l’orrore si potesse lasciare alle spalle.
Gli scatti in mostra

Questo e molto altro, nell’incredibile mostra Isola verso il nuovo Museo ebraico, inaugurata all’Ikona Photo Gallery, in Ghetto Novo. La componente documentaria dell’esposizione, di notevole interesse per storici e grande pubblico, si lega alla bellezza intrinseca delle inquadrature, delle contrastate stampe analogiche che solo il bianco e nero consente. La curatela di Živa Kraus ha fatto il resto. La scelta delle tematiche, tra interni delle sinagoghe ed esterni a volo d’uccello, quasi gli edifici vivessero di un’identità assoluta, autonoma. La rarefatta presenza umana; i panni stesi sulla facciata della Sinagoga tedesca, la più antica del Ghetto, a gettare un ponte tra la quotidianità del passato, con quel campo affollato di umani e di animali, e la quotidianità più recente di un quartiere che sta recuperando una propria identità.
Scatti che immortalano le emozioni

E quanta gente, anni Ottanta del secolo scorso, alla posa del monumento di Arbit Blatas, dedicato alla memoria della Shoah… le pietre d’inciampo non sono state ancora collocate, ma l’emozione che si percepisce è forte, tangibile. Per chi quei luoghi cari ha conosciuto, magari nell’infanzia, quando si studiava, si giocava insieme negli spazi di Ghetto Vecchio, impossibile non provare una sottile nostalgia: ricordo dei silenzi invernali, di un turismo ancora non specializzato e strutturato in flusso.
Come ha scritto Živa Kraus «La vita degli ebrei veneziani, dopo la fine del Ghetto storico, continua in città, ma il cuore delle attività comunitarie rimane qui … si tenta di ricominciare».
Ricominciare, una parola d’ordine

Costruire memoria; magari raccontare, nella speranza che serva, nella convinzione che sia importante. Il Museo, nel 1954, nasce da quell’intento, dalla necessità di raccontarsi, di stabilire legami non effimeri. A distanza di decenni, si può osservare che tutto questo è stato utile. Lo testimonia l’evoluzione del quartiere, la sua internazionalizzazione, così diversa da quella dei secoli del Hasèr, del recinto, quando gli ebrei erano costretti a vivere qui: un’isola nell’arcipelago che compone Venezia, un mondo. Mutamento, nel bene e nel male, così legato alla trasformazione turistica della città, in cui tutto si vede, ma in cui – talvolta – non tutto si comprende.
La vera funzione di questi scatti

Mostre come questa ristabiliscono la giusta distanza: funzionale, documentaria, estetica. Danno il passo dei tempi, con le pause necessarie. Si scorgono le epoche della ricostruzione postbellica, dall’alto – con stupende visioni d’insieme – e da incredibilmente vicino, a distinguere ogni crepa, ogni mutamento: l’organo all’interno della Scola Spagnola ad esempio, che poi verrà eliminato in nome di una più consona ortodossia, la purezza polverosa delle sinagoghe prima dei restauri, con tutto il loro fascino. Un ragazzino con i calzoni corti, in un giorno che immaginiamo di sole; la fortezza vista dalla parte del canale, con le case torre dai soffitti bassi, a strapiombo sull’acqua.
Scatti come un cantiere sempre in movimento

Oggi, a ridosso di una nuova trasformazione, che riguarderà la realizzazione di un’area museale strutturata, ad alta specializzazione – «un museo non museo, fluido, aperto», come lo ha definito la direttrice Marcella Ansaldi – gli scatti all’Ikona Gallery assumono anche la valenza basilare di un lavoro in corso, di un cantiere significativo. Persino di una rinascita. Quella che è, da sempre, un’isola, acquisisce senso dalla permanenza simbolica. Il senso di una città, e delle sue tante anime.
Isola verso il nuovo Museo ebraico
6 novembre 2022 – 28 febbraio 2023
IKONAVENEZIA
Campo del Ghetto Novo, Cannaregio 2909, Venezia
Tel. 041 5289387
Ph: per gentile concessione di Ikona Gallery e Archivio Graziano Arici, Cameraphoto Epoque(c)Vittorio Pavan, Archivio Renato Maestro