L’equilibrio, la dolcezza, la perfezione delle forme, la sezione aurea, l’apollinea serenità dello sguardo. Il mito greco è da sempre il pane quotidiano di Dimitris Bakopanos, artista di origine greca ormai trapiantato in Italia dal 1976. Una storia, la sua, che si lega a doppio filo col nostro paese. Nato a Katochi, un paesino agricolo a 300 km da Atene, affacciato sulla costa ionica, Dimitris eredita dalla nonna un credito di riconoscenza che diventerà la ragione per cui oggi vive e crea in Italia.
Il racconto dell’artista greco

“Durante la Seconda guerra mondiale, subito dopo l’armistizio del 1943 – racconta l’artista – gli italiani che si trovavano in Grecia rischiavano di essere uccisi dai tedeschi che li stavano rastrellando in ogni casa e in ogni luogo. Solo per citare un episodio storico, a Cefalonia furono massacrati 7mila soldati italiani della Divisione Acqui, tra loro c’erano anche molti veneti. Un giorno arrivò da mia nonna un soldato italiano, Bruno originario di Valdagno in provincia di Vicenza, che le chiese aiuto. Mia nonna, che era una donna coraggiosa e sensibile, si prese cura di questo ragazzo impaurito e lo nascose in casa. I tedeschi, però, arrivarono comunque ma lei non si fece spaventare e raccontò che Bruno, che lei battezzò Ionnis, era suo figlio ed era a letto malato. Riuscì a convincerli e dal quel momento Bruno divenne una persona di famiglia, andava in campagna ad aiutare i miei zii che si occupavano di agricoltura”.
Un destino che cambia

Questo è un primo assaggio di quel destino che per Bakopanos cambiò grazie a un gesto di umanità compiuto da sua nonna. Dimitris è un bambino che vive a contatto con la natura, accompagna il cugino a pascolare le pecore in un luogo particolare. Dove si crea una magia.
“Andavamo in un bosco che per me rappresentava un luogo fatato. Poco lontano c’erano le vestigia di un antico teatro d’epoca classica e, da lì, volgendo lo sguardo si potevano vedere i contorni di Itaca l’isola di Ulisse. Per me, che fin dalle elementari mi cibavo della mitologia greca, quei luoghi erano motivo di ispirazione per quella che sarebbe diventata poi la mia poetica artistica”.
Una passione bruciante quella per la pittura?
“In realtà ho sempre disegnato molto, ero considerato il più bravo della classe in disegno e gli insegnanti lo notavano molto spesso. Non sapevo ancora che sarei diventato un artista, successivamente frequentai il liceo classico e mi perdevo nello studio dell’arte antica, nell’Iliade e in particolare nell’Odissea. Poi accadde qualcosa che cambiò completamente la mia vita”.
Il ritorno in patria del soldato greco

A metà degli anni ’70 Bruno, il soldato italiano salvato dalla nonna di Dimitris decide di tornare in Grecia per far conoscere alla sua famiglia la donna che lo aveva salvato e trattato come un figlio.
“Avevo 17 anni quando Bruno-Ionnis ritrovò mia nonna. Bruno apparteneva a una famiglia benestante che amava l’arte e la cultura. Per ringraziare la mia famiglia, per quanto aveva fatto per lui durante la guerra, propose ai miei genitori di portarmi in Italia, a Padova per frequentare l’università. Sarei stato ospite nella sua casa a Valdagno. Ovviamente, non feci più ritorno in Grecia, mi laureai in farmacia come desiderava mio padre ma al contempo continuai a coltivare l’amore per l’arte e a disegnare. Ebbi modo di conoscere l’arte romana, poi quella italiana, mi innamorai di Caravaggio e mi feci notare per i miei disegni. All’epoca copiavo Durer, Rembrandt. Nel frattempo mi ero trasferito a Bologna, dove attualmente risiedo, avevo conosciuto due artisti fondamentali nella mia svolta artistica: il pittore Volfango e lo scultore Giuliano Giuliani. Grazie a loro 15 anni fa iniziai a dipingere, e quello che dipingevo era la classicità greca, eterna e immutabile”.
Dal greco all’oggi

Nelle opere di Bakopanos si assapora la bellezza idealizzata di un modello di perfezione inarrivabile che ha influenzato la cultura occidentale.
“Sono sempre stato affascinato dalle proporzioni delle statue greche, dai profili purissimi, dal candore che emergeva dal buio, dal bianco e nero che avevo imparato ad amare in Caravaggio, mi seduceva la tridimensionalità. Dipingo su tela, su juta, su canapa, su collage di stoffa e lenzuola di canapa, quelle che mia nonna utilizzava per raccogliere le olive. Preparo le tele con gesso acrilico e polvere di marmo, mi piacere rendere materico il supporto, questo per dimostrare come il tempo corrompa i materiali che si fessurano o si crepano, ma l’arte antica della Grecia rimane eterna”.
Un pace “olimpica”
Le tele di Dimitris ci rimandano quella serenità olimpica tipica della statuaria della Grecia classica, della purezza delle line di Fidia. I suoi Ermes sembrano uscire dalla tela in una tridimensionalità plastica, così il suo Icaro, il suo Ares dio della guerra e amante di Afrodite.
L’artista greco e la mitologia

“Afrodite è una delle figure della mitologia greca che prediligo. La dea della bellezza e dell’amore rappresenta la complessità, l’ideale femminile più scolpito al mondo, l’idealizzazione delle forme muliebri nella loro espressione più compiuta e seduttiva. Oltre ad Afrodite, un’altra delle figure che apprezzo maggiormente è sicuramente Ulisse. La fisicità delle statue greche maschili richiama la forza, la virilità che però, e questo costituisce il genio greco, si sposa con la dolcezza del volto in un equilibrio perfetto. Non c’è machismo nella corporeità maschile classica, bensì un’ombra di malinconia che ogni tanto ne offusca lo sguardo. Lo possiamo ammirare nello splendore del volto di Antinoo di cui abbiamo moltissime statue, grazie ad Adriano che lo volle immortalare in molte vesti”.
La personale del greco
A metà ottobre Dimitris Bakopanos presenterà una sua personale nella chiesa sconsacrata di San Francesco a San Giovanni Persiceto in provincia di Bologna.
“E’ un luogo perfetto, ci sono colonne ioniche e corinzie, è un mio sogno da sempre poter portare venti opere di grandi dimensioni in un contesto così suggestivo. Sarà una mostra di quadri ma anche di suoni e di luci, un’esperienza per gli occhi e per lo spirito”. Nel segno dell’eternità del mito greco.
Grazie Antonella del tuo racconto che mi ha fato emozionare.Grazie ancora e spero di vederti per ringraziarti di persona.