L’altro giorno è morto quasi centenario Filippo d’Edimburgo. Giornali e televisioni hanno raccontato la storia del principe consorte della Regina d’Inghilterra e di un matrimonio durato molto più di settant’anni. Lo avevo visto da bambino quando ancora non era sposato: prima della guerra; il duca Filippo era un cliente dell’Harry’s Bar ogni volta che veniva a Venezia. E lo era stato anche subito dopo la guerra in un clima completamente diverso. Forse gli sarà capitato di finire al tavolo accanto a quello di Ernest Hemingway che in quel periodo era un fedelissimo.

I miei ricordi di Filippo
Certo, vedendolo da bambino non potevo immaginare che avrebbe sposato la regina d’Inghilterra. Mio padre mi raccontava spesso che una sera a un tavolo erano seduti ben quattro re, qualcuno di loro avrebbe perso il regno dopo la guerra. E mi diceva pure che un ex sovrano era solito raccontare che entro il Duemila sarebbero rimasti al mondo solo cinque re: i quattro delle carte e il re d’Inghilterra. Ha sbagliato di poco.
Quel giorno del 1961
Avevo meno di trent’anni quando, in un giorno di primavera del 1961, ho rivisto Filippo d’Edimburgo, questa volta nei panni di principi consorte. Accompagnava la regina Elisabetta II d’Inghilterra in visita ufficiale a Venezia. La cosa più sorprendente è che scelsero la nostra Locanda Cipriani a Torcello per la sola uscita in un esercizio pubblico. Per spiegare: i reali nonostante inviti di ogni genere non trascorsero mai la notte in un albergo veneziano, ritornarono sempre sul loro Yatch “Britannia” ancora in Bacino San Marco. E nemmeno andarono in giro per locali, c’erano protocolli severissimi che lo vietavano. Fecero un’eccezione per un pranzo a Torcello e resto convinto che a dare la spallata decisiva sia stato proprio il principe Filippo memore delle sue serate all’Harry’s Bar.
Filippo e la Regina…e qualche condizione
Non è stato tutto semplice. Era insolito che la coppia pranzasse in un locale pubblico, che ci fossero attorno – seppure a qualche distanza – normali clienti dei Cipriani. I reali non dovevano essere disturbati, ma nemmeno volevano con la loro presenza creare problemi agli altri. Volevano che la cosa apparisse il più normale possibile. Erano stati prenotati numerosi tavoli dalla delegazione regale, ma attorno c’erano anche 50 nostri clienti abituali. Ovviamente dovevano essere di assoluta fiducia, era la sola condizione posta dalla Corona. Tutti sapevano benissimo che pranzavano con la regina d’Inghilterra e il marito. La curiosità poteva essere appagata con discrezione, potevano alzarsi e muoversi, avvicinarsi per vedere un po’ più da vicino la coppia, ma senza disturbare. Consigliai loro di camminare come se fossero sul Liston, la Regina sorrideva, proprio come una regina.
Nessuno ferma l’Harry’s bar. Nemmeno la concorrenza sleale

Non fu facile anche perché qualcuno pur di impedire che la coppia pranzasse nel nostro locale, scartando alberghi famosi e ristoranti conosciuti, le aveva tentato tutte. Anche di farci chiudere alla vigilia del pranzo. Ci mise in allarme il professor Taronna che era un nostro cliente, primario ospedaliero di malattie polmonari: “Guarda che qualcuno pensa di chiudere l’Harry’s Bar”, disse a mio padre. Che reagì con stupore. Capisco che era un colpo duro da accettare per compagnie di grandi alberghi e organizzazioni varie, ma il bello della storia è che sessant’anni dopo il racconto di quella giornata è anche il racconto di una pagina straordinaria della storia di Cipriani. Certo che ci provarono e anche in grande stile, arrivarono perfino a minacciare la chiusura dell’Harry’s Bar con un provvedimento prefettizio con l’accusa che il locale era frequentato da famosi omosessuali. Non erano tempi facili sotto questo aspetto, Venezia aveva appena rispedito in Inghilterra con foglio di via un aristocratico miliardario proprio con questa accusa. Il questore di allora, un personaggio piuttosto noto alle cronache, mangiò la foglia e non si prestò a cavalcare certe accuse, lo stesso fece il prefetto. Così nessuno potò usare un eventuale provvedimento per far sapere all’organizzazione di corte che forse sarebbe stato meglio evitare il nostro ristorante sull’isola.

Filippo e la Regina. Che trionfo
Il pranzo fu un trionfo, i reali mangiarono di gusto: risotto, pesce fritto, la meringata della casa. Soprattutto mio padre ha parlato con la Regina e il marito, li ho anche visti sorridere più di una volta. Nella Locanda c’è una grande fotografia che li ritrae mentre escono e poco dopo sul motoscafo, Filippo in abito chiaro, cravatta scura, fazzoletto che spunta dal taschino; Elisabetta in tailleur chiaro alleggerito da ponpon, cappellino alla Elisabetta con tanto di fiori, filo di perle al collo. Se si guarda con attenzione dietro si vedono anche mio padre Giuseppe e me. A Venezia la sera a festeggiare la coppia sul “Britannia” fu uno spettacolo di fuochi d’artificio. I più belli fino ad allora visti, scrisse il Gazzettino.
Da una generazione all’altra
Sempre a Torcello vent’anni dopo, nella stessa Locanda, sarebbero venuti a pranzo nella loro visita a Venezia il principe ereditario Carlo e la giovanissima moglie Diana.
I Reali, me e Venezia

Siamo stati in seguito più volte in contatto con la famiglia reale. E non solo per le nostre attività in Inghilterra, per il nostro locale a Londra. Al tempo della “mucca pazza” il principe Carlo organizzò un pranzo nel suo castello in campagna per dimostrare che la carne inglese si poteva tranquillamente mangiare. A tavola volle che fossi seduto al suo fianco, è un uomo spiritoso, coltissimo, conosce bene l’Italia e soprattutto l’arte italiana. Sapevo delle sue idee ambientaliste e così, giusto per rompere il ghiaccio, ho esordito: “Altezza guardi che io non credo nel buco dell’ozono!”. Fece una grande risata e fece aggiungere altra carne al mio piatto.
Ho conosciuto molto bene anche Lord Snowdon allora marito della principessa Margareth, la sorella della Regina. Era un grandissimo fotografo, gli piaceva ogni tanto fare una puntata a Venezia, diceva che voleva fotografarne l’anima. Ma sapeva che era impossibile.
