Macri Puricelli, giornalista e scrittrice, è veneziana di nascita, e questo significa molto. Conosce il confine tra la spiaggia e il mare, conosce l’orizzonte. Sa godere dei transiti, e scrive veloce. Da molti anni si divide tra la campagna trevigiana, dove vive con il marito e una tribù di animali assortiti – la boxer Vanda, gatte, cavalle, tartarughe, una calopsite e un’asina, tutte rigorosamente femmine –, e la Grecia. Amore tardivo, quest’ultimo, ma profondo: ancora un orizzonte, un mare e (come avviene per Venezia) una storia lontana e fascinosa.
La veneziana a Salonicco
La pandemia l’ha sorpresa davanti al Golfo del Saronico, pochi chilometri a sud di Atene: «Mi ha chiuso in casa, come è successo a tutto il mondo – racconta nel suo Covid 19. Diario greco. In esilio volontario nell’Egeo, appena edito da All Around – Mi ha preoccupato. Mi ha ossessionato. Mi ha fatto ingrassare. Ma mi ha anche aiutato a vedere, a scoprire, a pensare, a ritrovarmi. Così come a conoscere un paese, la Grecia, che con umiltà, determinazione e responsabilità, è riuscito a evitare il peggio. E non era scontato».
Il Diario Greco

Il Diario greco di Macri Puricelli, uscito dapprima giorno per giorno sui social, in ideale (e molto seguito) collegamento con gli amici italiani, è un libro agile e interessante, avvincente come un reportage scritto da una giornalista di razza, ma caldo di affetti, di umori, di passione. Soprattutto è un libro sincero. Cinquantacinque giorni di quarantena, scanditi dal ritmo – ora frenetico, ora vacuo – della vita quotidiana: il lavoro online, le sedute collettive di meditazione (sempre virtuale), gli inseparabili animali. Ne emerge, impetuosa, forte come i suoi profumi, come il vento che sferza la costa, la natura greca nello scorrere delle stagioni, così come la voglia insopprimibile di Macri di raccontarla.
La veneziana e i silenzi
Ai panorami, agli aneddoti, alle vicende storiche, tuttavia, si mescola sempre l’attualità di quei mesi scuri, inquadrati con precisione e lucidità: le fatiche di uno Stato che già stentava a risollevarsi dalla crisi prima della pandemia, ma ha saputo tenere la barra; le storie della gente comune che cerca di resistere, sempre e comunque, con fierezza e resilienza. Un po’ come i veneziani. Certo, l’osservatorio dell’autrice è privilegiato, a suo modo sicuro, ma le domande fondamentali, e l’indignazione per le ingiustizie sociali che la pandemia ha evidenziato, toccano Macri nel profondo: i pericoli per i migranti, doppiamente fragili; la rabbia per la disattenzione (per lo più colpevole) ai cambiamenti climatici; la crisi del lavoro.
Le parole di Macri
«Non voglio, non posso, non me la sento di essere muta testimone. – scrive – Anche perché mentre io e Vanda giocavamo in spiaggia (…), i lavoratori greci, già in ginocchio per la crisi decennale, stavano dimostrando a distanza in piazza Sintagma, un incendio distruggeva alcuni poveri alloggi dei migranti sull’isola di Samos e 1800 minori non accompagnati aspettavano il loro destino in celle della polizia greca». Macri Puricelli scrive veloce: il pregio principale del suo Diario greco è quello di farsi voce che racconta. Senza sconti, ma anche con infinita, cosciente tenerezza.