Polemiche per l’assegnazione dei premi: è un classico di tutti i tempi. Basta stendere al contrario il red carpet della Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia per scoprire inquietudine, dissenso, fischi alla Giuria, lotte intestine, dimissioni. Insomma, i leoni sono sempre inquieti.
Leoni e sconfitte
Bisogna saper perdere (The Rokes, ma la canzone era di Lucio Dalla) ha twittato Alberto Barbera dopo le polemiche su Venezia 77 e la delusione per i mancati riconoscimenti al cinema italiano, a parte la Coppa Volpi a Pierfrancesco Favino per Padrenostro. I fatti sono ormai noti: l’amministratore delegato Rai Cinema Paolo Del Brocco ha manifestato disapprovazione per i mancati riconoscimenti a film coprodotti dalla Rai.
Leoni e polemiche
“È meraviglioso, ci siamo dimenticati del Covid e siamo alle polemiche post verdetto. Niente cambia nella famiglia del cinema e questo è rassicurante“. Così il Presidente della Biennale Roberto Cicutto.
Leoni non giusti?

Oggetto dello scandalo in primis, il film dato per vittorioso già alla vigilia, Notturno di Gianfranco Rosi. Leone d’Oro a Venezia con il bellissimo Sacro GRA nel 2012 e Orso d’Oro a Berlino per Fuocoammare nel 2016. Notturno è un affresco di immagini di vita quotidiana girato in Medio Oriente tra Iraq, Kurdistan, Siria, e Libano, terre senza pace, sospese tra dittature, il terrore dell’ISIS, guerra civile. Dieci minuti di applausi dopo la proiezione al Lido.
Notturno
Blasonato da troppi premi, ostacolato dalle aspettative già trionfali, inadeguatezza della Presidente Cate Blanchett, poca energia del giurato Nicola Lagioia nel tutelare il prodotto italiano? Sarà Notturno a darci le risposte più sincere, dato che il lavoro di una Giuria in queste grandi occasioni ha sempre un alone di mistero e alchimia.
Leoni e nuova direzione
Ora che le polemiche sembrano rientrare, l’attenzione si sposta sulla corsa al nuovo direttore. Dopo 12 anni, il mandato di Alberto Barbera è in scadenza, potrebbe anche avere la riconferma, le regole non lo impediscono. Mentre il Presidente della Biennale Roberto Cicutto esordisce con un ironico “Forse prendo io l’interim”.
Sofferenze e conflitti
Da appassionati di cinema, speriamo che le polemiche non finiscano mai. “Non esiste amore felice” canta Danielle Darrieux nel delizioso 8 Donne e un mistero di Françoise Ozon.
L’espiazione si addice ad ogni capolavoro, Venezia detiene un palmares di sofferenze e conflitti strepitoso. Impossibile raccontare tutto, ma qualche frammento, un fotogramma nella storia infinita della settima arte lo scegliamo per voi.
Il ricordo dei Leoni inquieti

Iniziamo alla grande con Luchino Visconti, il suo rapporto con la mostra veneziana è stato tra i più tormentati della storia, un vero amore infelice. Nel 1954 il suo capolavoro Senso con Alida Valli e Farley Granger (memorabili le scene al Teatro La Fenice e in Campo del Ghetto a Venezia) è tra i favoriti della vigilia, invece il Leone d’Oro va a Giulietta e Romeo di Castellani. La protesta in sala è incredibile: urla, fischi, disapprovazione. Il disappunto di Visconti è enorme. Lo sarà anche nel 1960 con Rocco e i suoi fratelli, cast stellare: Alain Delon, Annie Girardot, vince il Leone d’Argento.
L’oro andrà al film del francese André Cayatte Il Passaggio del Reno. Fischi e urla per tutto il tempo della durata della premiazione da parte del pubblico, senza un attimo di tregua. Visconti rifiuta di ritirare il premio allontanandosi dal Lido per una contro festa di chiusura nel panfilo Ausonia. Il boicottaggio e le censure alla pellicola, per la famosa e cruda scena finale dell’omicidio, lo indurranno a scrivere lettere incandescenti all’allora ministro dello spettacolo.
I leoni del ‘68
Poi arrivano le contestazioni del ’68, l’abolizione della gara e dei premi, le polemiche sullo Statuto della Biennale, saltano alcune edizioni. Disordini e contestazioni avvolgono la kermesse, i responsabili scortati dalla Digos, il direttore della Mostra Chiarini costretto a percorrere un passaggio sotterraneo dell’Hotel Excelsior per arrivare al Palazzo del Cinema assediato dai manifestanti. E ancora, uno dei più autorevoli critici cinematografici come Gian Luigi Rondi, è costretto a dimettersi dalla direzione della rassegna.
Gli anni ‘80
Negli anni ’80 torna una sana competizione, conservo bei ricordi anche personali di interviste con Nanni Moretti, Ben Gazzara, Marco Ferreri, Sergio Leone, convegni collaterali che ho moderato con ospiti come Gianni Bisiach, Elsa Martinelli, Vittorio Sgarbi.

Nuova accesa polemica nel 1982 quando a pochi mesi dalla morte del regista Rainer Werner Fassbinder, il suo film presentato postumo Querelle, non ottiene il primo premio scatenando un putiferio tra i giurati. Vale la pena citare cosa disse Marcel Carné allora presidente di giuria: “Non sono riuscito a convincere i miei colleghi a premiare Querelle. Sono stato il solo a difenderlo. Tuttavia continuo a credere che avrà un giorno il suo posto nella storia del cinema”.

Leoni dei giorni nostri
L’anno scorso una querelle coinvolge la regista argentina Lucrecia Martel, presidente di Giuria. Oggetto della discordia il film di Roman Polanski. Il regista non è presente al Lido, su di lui pende un mandato di cattura Usa per una condanna del 1977 (rapporto sessuale con una tredicenne). La Martel sorprende tutti con questa dichiarazione: Non ci sarò alla cena di gala di Polanski per non dovermi alzare ed applaudire”. Per la cronaca J’accuse (una rivisitazione dell’Affaire Dreyfus) è un vero capolavoro, come del resto, a mio parere, lo sono quasi tutti i film di Polanski. Premiato da pubblico e critica si aggiudica il Gran Premio della Giuria.
Adesso anche Netflix?
Una controversia commerciale investe invece lo splendido film di Alfonso Cuarón, Roma. Nel 2018 si aggiudica meritatamente il Leone d’Oro, scatenando la rivolta di autori ed esercenti per l’appartenenza alla piattaforma Netflix vista come ostacolo al mercato delle sale cinematografiche, una sorta di Leone poco democratico, per soli abbonati. Resta il fatto che si tratta di un capolavoro girato meravigliosamente in bianco e nero.
Leoni e Covid
Come sembra leggera e impalpabile questa polemica, nell’era post covid. Quanto dovremo ancora attendere per provare in tutta tranquillità il piacere assoluto di una stupenda e buia sala cinematografica?
Ma c’è chi crede negli angeli, quelli di Frank Capra, Leone d’Oro alla Carriera nel 1982, e nelle favole. Dopotutto anche Biancaneve, che ha superato brillantemente gli ottant’anni, venne alla Mostra del Cinema vincendo nel 1938 il Gran Trofeo della Biennale. Sarà l’ultima presenza del cinema americano, poi il mondo entrerà nel periodo più buio della storia, segnato dalla guerra e dalla privazione delle libertà. Fine dei sogni, fine delle favole.