Il dott. Sergio Cozzi, attualmente Direttore f.f. UOC Cardiologia, Ospedale Alto Vicentino (Santorso – VI), ULSS 7 Pedemontana, ha lavorato per 15 anni (fino al 2004) presso il Centro Cardiologico Monzino IRCCS a MILANO in Emodinamica. Diretta dal Prof. Antonio Bartorelli, ha progettato e realizzato con lui un catetere diagnostico per eseguire l’angiografia selettiva dell’arteria mammaria interna sinistra con approccio percutaneo arterioso radiale sinistro (Bartorelli-Cozzi Catheter, ancora oggi commercializzato ed utilizzato).
Sergio Cozzi e Don Mazzi

Lo vediamo ritratto con il grande amico e paziente da decenni, don Antonio Mazzi (nato a Verona e vive a Milano), da lui citato come medico di fiducia anche durante la trasmissione televisiva Domenica In condotta da Mara Venier del mese di dicembre dello scorso anno, in occasione della puntata dedicata al suo 90 compleanno.
L’intervista a Sergio Cozzi

Avendo lavorato per 15 anni in Lombardia in un Centro Universitario IRCCS Convenzionato di proprietà privata (Mediobanca) e 15 anni in un Ospedale Spoke pubblico periferico in Veneto, chiediamo quale sia la differenza tra i due modelli sanitari così vicini ma lontani (Lombardia e Veneto)? “Innanzi tutto, devo chiarire che lo spostamento da Milano è stato dettato unicamente da un ricongiungimento familiare, con la nascita di mio figlio che è diventato maggiorenne adesso nel periodo del lock down. La differenza tra i due modelli sanitari è che l’approccio lombardo è orientato a “guarire” il paziente con grandi investimenti tecnologici e di risorse professionali concentrate negli ospedali con grandi gruppi finanziari privati che investono.

Mentre la sanità Veneta è orientata soprattutto a “curare” il paziente. Con grandi investimenti sulla medicina del territorio e maggiore attenzione al “sociale”. La mission premiante, quando lavoravo a Milano, era di ricoverare per operare il maggior numero di pazienti. Cercando di essere un polo attrattivo soprattutto per i malati “extra-regione”. Mentre nel Veneto la mission è di soddisfare i bisogni dei pazienti della ULSS di appartenenza. Cercando di dialogare e collaborare con le strutture territoriali ed i Medici di Medicina Generale, ben organizzati in gruppi di lavoro. Per ridurre al minimo indispensabile il numero ed i tempi di ricovero”.
EMERGENZA COVID cosa ha determinato?
“Purtroppo ho visto e conosciuto tanti colleghi e amici, soprattutto in Lombardia, che si sono ammalati anche gravemente. Quindi il rispetto della sofferenza prevale su ogni altra considerazione. Tuttavia sicuramente il modello Veneto con questo più stretto legame fra territorio e ospedale è riuscito a tamponare meglio la pandemia. In ogni caso, avendo vissuto l’esperienza diretta in un COVID Hospital, il pensiero è che non dobbiamo assolutamente abbassare la guardia. Perché risollevarsi da un’altra esperienza simile, da una seconda ondata critica, sarebbe molto arduo e quasi “disumano””.
Sergio Cozzi, come sono cambiati gli Ospedali?

“All’inizio del 2020 pensavo di organizzare nel Nostro Ospedale tecnologico, di recente costruzione, dotato di una bellissima sala convegni (con poltrone simili a quelle di un aeroplano con display posto sullo schienale antistante per vedere le diapositive proiettate sul grande schermo). Oltre ad eventi congressuali, corsi medici multidisciplinari e divulgativi rivolti alla popolazione locale, in modo da avvicinare i cittadini all’ospedale come luogo di cultura e di “ospitalità”. Adesso l’Ospedale è diventato un luogo chiuso, sicuro, accessibile solo ai sanitari ed ai malati. Ed è giusto che sia così”.
Quali sono i Problemi degli Ospedali periferici, dei cosiddetti ospedali Spoke?

“Il grandissimo problema che stiamo vivendo e deve essere affrontato con urgenza è che abbiamo assoluto bisogno di giovani medici. La nostra società, a tutti i livelli, per sopravvivere deve affidarsi e far crescere ed entusiasmare i giovani. Soprattutto nel Pronto Soccorso si vive questo disagio. Molti validissimi colleghi, di grande esperienza e professionalità, hanno abbandonato l’ospedale per sostituire i Medici di Medicina Generale. Andati in quiescenza. Dovrebbe essere creata una logica premiante sia economica, ma soprattutto di carriera, che riconosca i meriti del ruolo di “tutor” del medico di esperienza al quale affiancare un giovane. Al Medico Giovane devono essere concessi ampi spazi di formazione, di visibilità, di riconoscimento del merito e dell’impegno. Con un ben definito percorso sugli obiettivi da raggiungere per la sua crescita professionale anno per anno”.
Sergio Cozzi e la sua opinione sugli infermieri

“Un altro aspetto fondamentale è quello di valorizzare il ruolo degli infermieri. Sia come “tutor” sia soprattutto dei nuovi infermieri che dovremmo chiamare anch’essi “dottori”. In quanto per esercitare la loro professione hanno dovuto conseguire una laurea. Dovranno essere sempre più riconosciuti economicamente (anche in questo frangente pandemico sono stati fondamentali ed encomiabili per la loro umanità e professionalità) e soprattutto affiancati, in un gioco di squadra, con i Medici con competenze nuove e di maggiore responsabilità. Ed in questo gli ospedali Spoke, sprovvisti di Medici Specializzandi, dovrebbero essere gli apripista per un futuro da riorganizzare e migliorare”.
Ancora una volta ho potuto apprezzare la professionalità, l’etica e la sensibilità del dott. Cozzi. Ho apprezzato i l suo approccio alle tematiche umane, al rapporto con gli infermieri e sulle considerazioni relative all’organizzazione degli ospedali. Auspico che la Sua collaborazione a Santorso duri nel tempo e che possa trasmettere a colleghi e giovani sanitari il Suo sapere ed il Suo modo di affrontare le realtà di tutti i giorni. Maria Teresa Sperotto
Grande professore all’ospedale Santorso stimato da tutti pazienti e infermieri