Lunedì 19 alle ore 18 alla libreria Feltrinelli di Mestre, in Piazza Barche, presentazione del nuovo libro della poetessa Michela Manente: “5-7-5/ Haiku/ 3-6-6/ Giorni” (Spring Editori, 12 euro). All’incontro con l’autrice partecipano i critici Elisabetta Ticcò e Paolo Leoncini. La Manente, intellettuale e insegnante, è preside di un istituto comprensivo a Mestre, da anni occupa uno spazio importante nella cultura veneta e in particolare nella nuova poesia. Pubblichiamo una recensione del nuovo volume del rinomato critico Paolo Leoncini che ha insegnato letteratura contemporanea a Ca’ Foscari.
Michela Manente e la sua poesia
Comprende 366 haiku, considerando il 29 febbraio, di 17 sillabe, secondo una moderna tradizione europea che da Rilke giunge a Spaziani, Merini, Zanzotto. È un’esperienza coraggiosa e bene riuscita, in un ‘genere’ eccentrico che confina con l’aforisma, questa di Michela Manente, la quale, nell’«Introduzione» afferma che «la raccolta, per alcuni aspetti dissacra il senso dell’haiku: questa antica forma di breve componimento poetico viene da lontano».
Michela Manente e l’arte di nascondersi
Diciamo subito che la ‘dissacrazione’ riguarda il fatto che nell’Oriente l’haiku nasce dalla permeazione, spontanea, intrinseca, di anima e natura. Mentre nell’Occidente entrano la soggettività emozionale, la contingenza fenomenica, la mediazione della scrittura nei confronti dell’universalità, del tempo, dell’eterno. Manente tocca i nuclei essenziali della poesia-energia e della parola-verità: «la poesia – scrive Manente – può nascondersi ovunque.
Il segreto
Si tratta di catturare la luce che la alimenta, appropriandosene con gli occhi essenziali del poeta, per poi spingerla al di là della realtà […] dove si fa energia» ; e, quindi: «parto da stimoli offerti dalla quotidianità, in lingua madre, ma non sempre [ci sono infatti testi in latino, inglese, francese, dialetto veneziano] per ritrovare nei lessemi la verità delle cose […] spostando verso il basso il tono sapienziale della forma classica»; «Questi haiku […] nascono per contagio da letture o situazioni in cui mi son trovata e dal contatto con altri idiomi, vivi, defunti o popolari» ; «Nel narcisistico mondo occidentale la natura è dentro l’uomo più che fuori di lui, o è una sua proiezione, un suo desiderio, un’illusione»; «In queste pagine troverete haiku laici e terreni […] in cui l’importante è riappropriarsi ogni giorno di un pezzetto di universo».
La differenza tra Oriente e Occidente
Leggiamo un passaggio di Emilio Cecchi che, nell’incipit di Pesci rossi, commenta haiku dell’Estremo Oriente per rendersi conto della ‘diversità”’ tra l’europeo e l’orientale: «un europeo può diventare orgoglioso e perciò rettorico nel suo impegno di decifrare questo mondo […] traverso l’unica misura che è data all’uomo, e che è la sua umanità. E un orientale sarà quasi sempre modesto, e godrà delle rivelazioni che sono il retaggio dei modesti nella sua cura di assentarsi e di sopprimersi davanti al mistero di questo mondo».
Michela Manente e la sua sensibilità
Michela Manente non rischia l’orgoglio e la rettorica: già nelle prove poetiche precedenti, e nel più recente Ora siete qui (Montegrappa edizioni, Roma, 2015), aveva rivelato l’esigenza di attenersi alla concretezza sensibile degli eventi nella sua ‘decifrazione’ poetica del mondo; a una sensibilità al contingente esistenziale nei confronti del tempo; a una percezione della difformità e della limitatezza della fenomenologia dell’esistente in rapporto ad una temporalità che mantiene il segreto dell’oltre e del distante, nel desiderio, nell’illusione dell’esistere.
Il fascino poetico
Un’istanza interrogativa della dimensione esistenziale rispetto alla dimensione temporale, che esorbita nell’universale e nell’eterno, sottende la validissima esperienza degli haiku di Manente: che, nella gamma di articolazioni (sensibile, esistenziale, stagionale, estetico-pittorico, etico, erotico) trovano nella sintesi linguistica – già evidente nella nettezza linguistica della poesia precedente – un modo comunicativo che investe la consentaneità emozionale del lettore: la comprensione avviene successivamente, l’impatto con gli haiku di Manente privilegia il presente emozionale, l’essenzialità dell’immagine che elimina la proliferazione mentale-discorsiva: questo saper portare, attraverso le parole, alla sorpresa epifanica che si ‘sospende’ nel tempo, tensivamente allusiva a richiami, connessioni, rispondenze tra i fenomeni, costituisce il fascino poetico dei testi di Manente. Il presente del linguaggio, nell’autrice veneta, è un presente emozionale in cui si concentra l’esistenza.