Arriva una fotografia via WhatsApp: in posa si vedono tre persone, una coppia di residenti albanesi – L. e G. – e, in mezzo, un ufficiale di stato civile con fascia regolamentare. Siamo a Mestre, qualche giorno fa. Le mascherine nascondono i volti, ma la didascalia sottostante spiega tutto: “Siamo italiani!” E’ arrivata, infatti, la sospirata cittadinanza che conclude una immigrazione avvenuta vent’anni fa: per i due neo italiani è l’uscita da un incredibile ma lungo e italianissimo percorso a ostacoli (burocratici) e ciononostante hanno costruito la loro esistenza a Mestre dove vivono con i due figli, nati qui, e dove lavorano con strenua volontà di mettere radici, e con dignità inattaccabile. “Abbiamo fatto giuramento!” raccontano orgogliosi, poi hanno firmato qualche carta che rimane “agli atti” e sono usciti dall’Anagrafe come erano entrati: vestiti a festa e a mani vuote.
Quella fotografia segna una svolta vittoriosa nella loro esperienza di migranti vissuta come incredibile provvisorietà pluriennale oggi finalmente cancellata, e non dimenticata, dall’atto di cittadinanza. Non dice nulla, la foto, della loro resistenza alle lungaggini vischiose, degli inchini alle “competenze in materia”, del batticuore per i rinvii impietosi fino agli ultimi giorni. Come non dice della fredda cerimonia (marito e moglie separatamente), che li ha infine riconosciuti nostri connazionali, così come tace sul fatto che il Comune non ha donato loro, a ricordo, nemmeno una copia della Costituzione. E il rituale ridotto all’osso, cioè semplicizzato e frettoloso, al punto da non prevedere un gesto festoso come, per dire, un brindisi col prosecco del supermercato. Ma loro due, anche se pesantemente burocratizzati, erano e sono felici. E anche noi. Cin cin.
Quelli del “mosaico”
Quelli dei “nostri” che hanno pensieri impastati di feroce egoismo, quelli che galleggiano nel distacco dalla realtà, quelli che si ritengono inutili se non regalano un loro credo fondamentale, quelli che vivono in Utopia e sognano il Covid-exit, ecc. ecc. Siamo tantissimi, “granelli pensanti di sabbia umana” che sono pur vivi e qualche rara volta si sentono come-gli-altri: per esempio allo stadio, sotto una bandiera che li assimila nell’entusiasmo “patriottico”. Questo schieramento di tipi nostrani e dei loro comportamenti – il mosaico italiano – lo si legge anche nei numeri della declinante (?) pandemia.
C’è chi crede nel virus – dopo un anno e mezzo di coronavirus – perché un giorno ha avuto il raffreddore, e però non crede nei vaccini. Chi, invece, nega l’esistenza stessa del virus perché non lo vede con i propri occhi: questi stessi negazionisti, però, usano l’energia elettrica anche se non la vedono, sentono il vento sulla pelle ma non lo vedono, come non vedono le onde radio… Chi, ancora, teme la Scienza, impersonata nella loro mente da figure letterarie come il Dottor Jekyll-Mister Hyde o il Dottor Frankenstein… E poi c’è chi, sentendo la parola “mutazioni” teme di finire sdoppiato come Dolly, la pecora clonata nel 1997… Opinioni o credenze contaminate da ideologie o, peggio, dal pensiero magico miracolante che tutto spiega. A volte, chiacchiere da Bar Italia.
La Natura senza gli dèi
[…] “Questo terrore dell’animo, dunque, e queste tenebre non li devono dissolvere i raggi del sole né i lucidi dardi del giorno, ma l’aspetto e l’intimo animo della natura. Il cui principio prenderà l’avvio per noi da questo: che nessuna cosa mai si genera dal nulla per volere divino. Certo per ciò la paura domina tutti i mortali perché vedono prodursi in terra e in cielo molti fenomeni di cui in nessun modo possono scorgere le cause e credono che si producano per volere divino. Pertanto, quando avremo veduto che nulla si può creare dal nulla, allora di qui penetreremo più sicuramente ciò che cerchiamo, e donde si possa creare ogni cosa e in qual modo tutte le cose avvengano senza interventi di dèi.” Lucrezio La natura, Grandi libri Garzanti 1994
Ascolta…
(poesia)
Ascolta, il vento rallenta
e si ferma. Così si ferma
il tempo che l’accompagna.
Erano di luce le ore meridiane
e il tam-tam del cuore.
Ora, nel quasi sera,
fra un sospiro e un battito
di ali in pieno volo
madre Natura, in regìa,
fa recitare ad alta voce
con cinguettii e fruscii di piume
il folto di una chioma
di platano che già sogna.
(Anonimo 2021)
Sempre emozionante e profondo