Il problema che tiene lontane alcune persone dall’apprendere e applicare tecniche utili per gestire l’ansia e lo stress è fondamentalmente estetico e culturale.
Prendiamo ad esempio la respirazione diaframmatica, ovvero la tecnica di respiro tramite il movimento del diaframma (il muscolo al centro della gabbia toracica) praticata in condizioni di rilassatezza seguendo un ritmo preciso. Esiste una mole di letteratura scientifica su questa tecnica tale da poterne affermare che è efficace senza timore di essere smentiti. Eppure non è un conosciuta e praticata dalla maggioranza delle persone.
Ma come mai, in una società in cui i livelli di stress sono alle stelle, esistono ancora difficoltà alla diffusione di pratiche che potrebbero dare grandi benefici?
Manteniamo come esempio la respirazione diaframmatica: una caratteristica di questa tecnica è che fa anche parte di pratiche yoga. Questo l’ammanta di un alone parzialmente mistico, religioso e, nel contempo, le dona esotiche connotazioni estetiche. Già questo già separa tale tecnica da quell’efficientismo che è la cifra di quanto viene ricercato oggi dalla maggior parte nei paesi occidentali. D’altra parte l’appeal di un’estetica orientale, focalizzata sulla consapevolezza interiore, è forte in alcuni segmenti della popolazione. Ma questo causa un effetto di polarizzazione tra chi l’ama e chi non no.
Ansia dagli anni ’70 ad oggi
L’interesse per le pratiche orientali ha cominciato a fare breccia nel mondo occidentale dagli anni ’70. Divenendo però un tratto distintivo di specifiche sottoculture a volte anche legate ad orientamenti politici. Tutto questo ha reso anche quelle componenti della tradizione orientale che hanno un funzionamento “oggettivo” (basti pensare non solo alla respirazione ma anche ad alcuni preparati fitoterapici) esteticamente e culturalmente connotate. In tutta onestà, c’è da dire che in Italia abbiamo una particolare propensione a categorizzare il mondo. Ben prima dei tempi delle cose di destra e di sinistra di Gaber. La nostra società non è mai stata la più inclusiva e priva di sovrastrutture al mondo. Questo è un fatto non necessariamente positivo o negativo. Da una parte non ci permette di integrare rapidamente nuove suggestioni, dall’altro permette una transizione più “morbida” verso il futuro.
Oggi l’interesse per l’oriente e la cultura orientale – e quindi alcune pratiche come quelle già brevemente descritte per l’ansia– gode di ottima salute. Anche per la maggiore abitudine all’idea che la società sia veramente globalizzata. Inoltre, lo “status” percepito della cultura orientale oggi ha poco da invidiare al precedente “faro”, gli Stati Uniti, della cultura occidentale. Tuttavia facciamo ancora fatica a percepire alcuni possibili utilizzi di tecniche orientali per via dell’eccessivo esotismo e per motivi pseudo-religiosi. Abbiamo ancora l’idea che siano necessari tappeti e incensi.
Pratiche orientali e scienza occidentale
Il punto è quello di superare una serie di concetti divisivi che sono fondamentalmente radicati soltanto nelle nostre credenze. È indubbio che l’oriente abbia avuto un percorso di sviluppo diverso dal nostro – da Cartesio e Galileo c’è stato un periodo molto particolare di sviluppo da parte del mondo occidentale – ma oggi possiamo avere il meglio dei due mondi. È il momento di pensare che ogni pratica utile (anche per combattere l’ansia) possa essere integrata e utilizzata nell’ambito del nostro sistema culturale.
Senza necessariamente appropriarci di simboli e significati né accettare valori e divinità, se non riteniamo di farlo. Ma con lo spirito di apprendere reciprocamente e di comunicare e crescere attraverso lo scambio interculturale. Bisogna fare un passo verso una vera evoluzione della nostra cultura, che prevede una maggiore auto-consapevolezza e un’apertura vera, ma critica, agli stimoli del mondo. Così non soltanto potremo avere i benefici di tecniche e idee lontane dalla nostra tradizione, ma potremo portare la nostre antica e profonda cultura agli altri e traghettarla, arricchita, alle future generazioni.