Veniva trasmesso oltre 40 fa in Giappone il primo episodio della serie animata robotica Daltanious – Il robot del futuro (Mirai Robo Darutaniasu), arrivata anche in Italia alcuni anni dopo e diventata presto un grande successo, uno dei robotici anni ’70 più famosi e apprezzati nel nostro paese.
La trama
Nel 1995 la Terra viene attaccata da invasori alieni e la guerra che ne deriva causa morte e povertà in tutto il Giappone. Kento è il capo di un gruppo di ragazzi che fa di tutto per garantire la sopravvivenza dei suoi amici. Un giorno Kento trova e attiva una misteriosa astronave e conosce il Dr. Earl, alieno proveniente dal pianeta Helios, che tempo prima era stato invaso e distrutto dagli stessi invasori . L’unica speranza di salvare la Terra risiede nel principe del suo pianeta e nel potente Daltanious, di cui tuttavia il Dr. Earl ha perso le tracce durante l’atterraggio…
La svolta
Daltanious segna anche il punto d’arrivo di Tadao Nagahama, l’imperatore del super robot classico, che con quest’anime realizza la sua ultima regia per un mecha. Nel 1980, infatti, ancora prima della fine della trasmissione della serie il regista si spegne a soli 47 anni a causa di un’epatite.
Tadao Nagahama e l’evoluzione del robotico
Tadao Nagahama nasce il 26 settembre 1932 e inizia come regista di spettacoli di marionette, entrando poi nell’industria degli anime: già nel 1965 è alla regia di vari episodi di Obake no Q-tarō, una serie umoristica molto celebre in Giappone, tratta dal manga omonimo di Fujiko Fujio. Tra i suoi anime degli anni sessanta il più noto è Tommy, la stella dei Giants, che abbiamo visto anche in Italia. Per arrivare al suo ingresso nel genere robotico dobbiamo attendere il 1975, l’anno del Prode Raideen.
Un po’ di storia di Daltanious
È bene ricordare quale fosse lo stato del genere robotico agli inizi del 1975, nel pieno dell’era nagaiana. Mazinga Z era da poco terminato dopo quasi due anni di programmazione, Getter Robot stava per terminare, mentre il Grande Mazinga era a metà della sua corsa. Getter Robot G, Jeeg e Goldrake erano ancora da venire. Era chiarissimo che il genere tirava molto tra i bambini e che non si poteva lasciare un affare così redditizio per le vendite dei giocattoli in mano alla Toei. E così che la Tohoku Shinsha, un colosso cinematografico giapponese, commissionò all’allora giovane casa di produzione Sunrise la realizzazione di un anime robotico originale, Yuusha Raideen. La regia dell’anime venne divisa tra Tomino (primi 26 episodi) e Nagahama (rimanenti 24 episodi), semplicemente perché Tomino doveva dirigere anche la Stella della Senna in contemporanea.
L’animazione
All’epoca il genere robotico era malvisto dai registi, in quanto sembrava impossibile raccontare più che qualche storia infantile in queste serie prigioniere del canovaccio tokusatsu e schiave delle esigenze dei produttori di giocattoli. I grandi registi come Osamu Dezaki non lavoravano certo nel robotico, e a dirla tutta, i primi robotici non avevano un vero e proprio regista: avevano diversi direttori delle animazioni e registi di episodi singoli, ma la mano principale dietro di loro era quella del mangaka Go Nagai, non a caso li chiamiamo collettivamente robotici nagaiani. Sappiamo da interviste di Tomino come egli non amasse affatto il genere robotico ed è probabilmente da questa sua insofferenza che scaturì la rivoluzione Gundam. Di certo la trasformazione definitiva rimane una delle più belle.
Daltanious
Daltanious non fa parte della trilogia shojo perché gli aspetti sentimentali sono secondari. A dire il vero il regista non ha potuto lavorarci full time perché nello stesso tempo era impegnato anche con la realizzazione di Lady Oscar e forse per questo risulta essere un gradino sotto Vultus e Daimos. Pur essendo un ottimo robotico, tra l’altro con una realizzazione tecnica eccellente per l’epoca. Daltanious è anche il primo robot ad avere un leone sul petto, idea ripresa molto spesso. Il tema principale è quello della inumanità dei grandi imperi, a cui viene contrapposta l’umanità del protagonista. Un poverissimo orfano terrestre e l’erede al trono dell’impero galattico degli Akron. Come in Combattler, Vultus e Daimos anche qui c’è un cattivo tragico. Il Supremo Kloppen, che scoprirà che tutta la sua vita è fondata su una bugia. Non solo, nell’eccellente finale scopriremo che anche l’intero impero degli Akron è fondato su una bugia, con una delle classiche rivelazioni alla Nagahama.
I conflitti in Daltanious
L’assenza di relazioni sentimentali importanti, penalizza questa serie. I comprimari di Kloppen non sono alla sua altezza, mancandogli l’umanità che ha caratterizzato i comprimari di Vultus e Daimos. A queste mancanze sopperisce però un’idea di fondo molto interessante, quella dei biodrodi, cloni umani usati come serbatoi di organi dalla classe dirigente di Helios. Decenni prima della pecora Dolly Nagahama si interroga sulla clonazione. In questi giorni ricorre il quarantesimo anniversario della messa in onda di Daltanious in Giappone. E, giunto in Italia, chi potrebbe dimenticare la famosa frase della sigla “tutto disintegra quando gli girano…le lame boomerang”?
La scomparsa
Così si concludeva la sua parabola terrena ma non la sua influenza sul genere per cui è più conosciuto – anche se ha lavorato anche in altri generi – su tutti consiglio il bellissimo Io sono Teppei, realizzato lo stesso anno di Vultus. Rimane il dubbio su cosa sarebbe successo al genere robotico.
Biodroidi con un cuore (e un’anima!)
Anche Daltanious, così come i vari anime anni ’80 dedicati ai potenti robot, segue dei canoni ben precisi. La presenza di un orfano in cerca di riscatto, protagonista della storia; l’attacco di malvagi alieni con mire di conquista sulla Terra; la presenza di un gruppo di giovani aiutanti, una storia drammatica alle spalle e un finale a sorpresa in cui si riscoprono parentele impensabili. Se queste sono le caratteristiche riscontrate alla base di questi anime, in Daltanious risalta in modo importante quella dei sosia biodroidi.
Kloppen prima, Ormen alla fine, non sono altro che due cloni – rispettivamente del principe Harlin e dell’imperatore Nishimura del pianeta Helios – che si battono con ‘gli originali’ per ottenere una propria giustizia. Il primo crede di essere il vero principe (ma non è così), il secondo cerca vendetta proprio per la vita passata in esilio, in attesa che accadesse qualcosa all’originale per entrare in scena al suo posto. Una vita fatta di solitudine: il biodroide si è sentito un ‘oggetto’, usato a piacimento degli altri e gettato via quando non ce n’era più bisogno. Significativa la frase che Ormen dirà nell’ultima puntata: “I biodroidi hanno un’anima”.
Chi sono i cattivi?
Di fronte a queste considerazioni è inevitabile porsi una domanda: chi sono i veri cattivi della storia? Prima di scoprire la realtà dei fatti lo sono sicuramente Kloppen e Ormen ma, arrivati al finale, non ne siamo più così sicuri. Kloppen, infatti, conosciuta la verità si sacrifica per il vero principe Harlin; Orman, invece, si vendica ma soltanto in virtù del reale dramma personale vissuto. Uno stravolgimento che esalta la brutalità dei metodi del pianeta Helios, da cui provengono i protagonisti di Daltanious. Se c’è un nemico, dunque, da cui tutto è partito è proprio questo.
La sigla
I 47 episodi che compongono la storia di Daltanious sono anticipati e conclusi dalla sigla omonima, scritta da Franco Migliacci. È sua la voce robotica dell’esclamazione “Daltanius!” ci si sente all’inizio. Il brano è stato musicato da Massimo Cantini e arrangiato da Alessandro Centofanti. È eseguito dai Superobots e cantata da Rino Martinez.
Poteva mancare il giudizio su Daltanious?
Il nostro amico Vecchio Nerd (al secolo Thomas Scalera) torna a scrivere sulle nostre pagine e ci regala il suo preziosissimo contributo sul grande robot con il leone. Curiosi? Allora guardate qui…