Le piogge di un aprile pazzo rischiano di mettere in ginocchio le produzioni agricole anche nel nostro territorio rischiano di mettere in ginocchio le produzioni agricole anche nel nostro territorio. E le ripercussioni più gravi si verificano sulle aziende che hanno scelto di produrre in regime biologico, senza l’aiuto di prodotti chimici, utilizzando soltanto metodi naturali.
I mezzi pesanti affondano nel fango, impossibile concimare
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“Pioggia e freddo stanno rallentando e complicando le fasi di semina delle più importanti coltivazioni, in particolare di seminativi – spiega Lino Bortolato, direttore operativo dell’azienda agricola Romanin che conta 160 ettari nella località di Zianigo di Mirano. – Per il frumento si può prevedere una perdita anche fino al 50% sul raccolto di quest’anno e per noi che produciamo colture in completo regime biologico, la perdita potrebbe essere ancora maggiore. Un esempio? L’anno scorso abbiamo prodotto 62 quintali di frumento per ettaro, ma quest’anno sarei felice di arrivare a 30 per ettaro! Il frumento è giallo, perché non riusciamo a sostenerlo e nutrirlo con la concimazione organica, cioè con digestati liquidi, a causa delle piogge: non è possibile infatti entrare nei campi con mezzi pesanti che affondano letteralmente nel terreno”.
Lino Bortolato e l’analisi di aprile
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Lino Bortolato, 55 anni, è direttore operativo dell’azienda Romanin (di cui è rappresentante l’ingegner Giorgio Romanin Jacur): “Da oltre 150 anni la mia famiglia lavora per questa azienda sovraintendendo alla gestione agricola, lo hanno fatto i miei antenati risalendo fino a 150 anni fa e ora io ne sono il direttore agrotecnico – sottolinea con orgoglio. – Nel 2016, di concerto con la proprietà, abbiamo fatto una scelta molto coraggiosa, passando dalle coltivazioni convenzionali a quelle biologiche. Abbiamo quindi interrotto l’utilizzo di ogni prodotto chimico: concimi, insetticidi, erbicidi.
Per due anni abbiamo continuato a coltivare e a vendere però i prodotti come convenzionali in attesa che passasse il periodo necessario per aver il riconoscimento di produzione biologica. In quei due anni di transizione abbiamo perso almeno il 30% del raccolto, a causa del blocco dell’uso di concimi e erbicidi chimici. Ciò dimostra l’enorme lavoro che abbiamo fatto con l’obiettivo di fare una produzione di alta qualità, con minore impatto ambientale, cercando di ottenere comunque reddito e salvaguardia dei posti di lavoro”.
Con la pioggia rischio maggiore per le colture biologiche
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Una scommessa vinta, però fino a che il meteo lo permette in questo aprile pazzo. Dei 160 ettari coltivati, la maggior parte è destinata a seminativi: frumento tenero, soia, mais, barbabietola da zucchero, girasole, colza, pisello proteico, erba medica, mentre oltre 3 ettari sono destinati a vigneto della varietà glera prosecco doc: la produzione biologica è certificata da Icea. Ma il meteo può fare la differenza tra una partita vinta e una partita che si gioca costantemente sul filo del rasoio e dal risultato assolutamente incerto.
“Uno dei problemi maggiori per la coltivazione biologica è rappresentato dalle erbe infestanti – continua Bortolato. – Noi corriamo il rischio di vedere i nostri campi invasi da erbacce, se non interveniamo tempestivamente con tecniche utilizzate per limitarne la presenza. Oltre ad impiegare macchine specializzate per il diserbo meccanico sulla coltivazione già in fase di sviluppo, di solito procediamo con due “false semine” prima di procedere con la vera semina del prodotto coltivato. Ad esempio, nel caso specifico del mais già un mese fa avremmo dovuto iniziare la “falsa semina” che consiste nel preparare il terreno, attendere che le erbacce spuntino e poi rivangare il terreno di fatto estirpando anche le erbe infestanti.
Come arginare i danni di un aprile pazzo
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Si dovrebbe procedere così per due volte per poi lasciare il campo libero per la vera semina e la crescita del mais. Le piogge però ci impediscono di fare e le “false semine” per cui siamo già in grave ritardo. Rischiamo di piantare il mais a maggio inoltrato (senza le dovute false semine precedenti) e riducendo il tempo di esposizione della pianta alla luce solare per il ritardo accumulato. Se permangono un contesto di terreno bagnato per la pioggia e un clima freddo fino a metà maggio, avremo comunque una semina in condizioni difficili con le radici della pianta che restano più in superficie e sono quindi meno forti, e dovremo affrontare così poi improvvisamente l’arrivo del gran caldo e della successiva siccità”.
Alberi di specie locali per la salvaguardia della laguna di Venezia
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“Abbiamo già piantato a fianco di fossi drenanti e scoline siepi miste di alberature della nostra zona: carpino, ciliegio selvatico, tiglio ecc – sottolinea Bortolato. – Siamo arrivati attualmente a 40 km di siepi la cui funzione, incentivata dalla Regione Veneto, consiste nell’intercettazione dell’azoto che dal terreno sarebbe sversato nel bacino lagunare con pericolose conseguenze. Inoltre le siepi aiutano a fronteggiare la crisi climatica con la sottrazione di ingenti quantità di anidride carbonica dall’ambiente e si rivelano fonte di crescita di biodiversità, evidenziata dal ritorno graduale di specie animali assenti da tempo nel territorio, quali ad esempio poiane, falchetti, martin pescatori.”
In un aprile pazzo gravi problemi anche nel vigneto del prosecco bio
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“ In un vigneto biologico come il nostro, che produce uva della varietà glera per il prosecco doc, possiamo usare solo rame e zolfo per prevenire le malattie fungine – aggiunge Bortolato. – Il rame è una sostanza con funzione preventiva, che va data però prima della pioggia, ma se piove sempre bisognerebbe darlo di continuo, perché non venga dilavato, quindi si aspetta che smetta di piovere, sperando che l’attacco fungino non parta prima”
“Nel momento in cui si sente parlare di “transizione ecologica” e di “sostenibilità ambientale”, senza che spesso vi sia impegno effettivo per rendere attuali questi passaggi, e, cosa molto più grave, senza conoscere le difficoltà operative ed economiche delle aziende che invece operano nel settore agricolo, è importante far conoscere l’esperienza dell’azienda Romanin -conclude Stefano Tromboni, presidente di Confagricoltura Venezia.- Riteniamo, infatti, che debbano essere evidenziate e fatte conoscere, il più diffusamente possibile, le problematiche produttive e, soprattutto, le implicazioni economiche che il settore della produzione agricola biologica subisce anche in relazione al mancato sostegno dei prezzi del mercato dei prodotti definiti “naturali” che stanno attraversando un momento di assoluta crisi”.