Gli ultimi dati sul mercato immobiliare in Italia dimostrano una sempre maggiore tendenza alla diversificazione e, in questo panorama, cresce l’attenzione per il cosiddetto “co-living”, cioè un modo per ridurre i costi delle abitazioni a carico di chi le occupa, perché è un modello caratterizzato dalla condivisione di spazi abitativi da parte di persone che possono anche appartenere a gruppi e realtà familiari diverse tra di loro.
Se già da molti anni questa è la caratteristica principale della convivenza tra studenti, in realtà la vita comunitaria residenziale ha un potenziale mercato molto più vasto, specialmente in questi ultimi anni caratterizzati da sempre maggior difficoltà di accesso al credito per l’acquisto della casa e con costi sempre più alti, principalmente a causa di una generalizzata crisi economica ma anche, a mio modestissimo parere per altro già precedentemente espresso, per colpa anche di politiche monetarie scellerate, messe in atto dalla BCE.
Habyt scommette sull’Italia
Fa notizia una start-up di nazionalità tedesca, ma dall’anima tutta italiana, che si chiama Habyt, che ha appena chiuso un round (raccolta di capitale di rischio, per sostenere la propria fase di crescita) di “finanziamenti di serie C” da 40 milioni di Euro da investire nel co-living per cercare di risolvere uno dei problemi che affliggono molte città europee, Milano compresa: quello degli affitti. Per chi fosse poco avvezzo alla terminologia tecnico-finanziaria, i “finanziamenti di serie C” sono riservati alle imprese che sono già in una fase di Sustained Growth (Crescita Sostenuta) e che hanno già ottenuto un discreto successo. Si tratta, dunque, di startup che necessitano di fondi unicamente e sostanzialmente per perfezionare il proprio business.
Cos’è Habyt
Habyt nasce nel 2017 a Berlino, ma ha un fondatore, che ne è anche Amministratore Delegato, italiano: Luca Bovone, imprenditore classe 1991, oggi il più grande operatore del settore degli appartamenti condivisi (co-living, appunto). In Italia è presente a Milano, Torino e Modena e prevede di espandersi a Roma, Firenze, Bologna, Pisa, Verona, Venezia.
Il problema che tenta di arginare l’azienda è molto comune: la mancanza di immobili in affitto a prezzi sostenibili nelle principali città europee, a partire da Berlino, città che, appunto, ha dato i natali ad Habyt. Il perno attorno al quale gira tutta l’operatività di Habyt è una piattaforma per lo sviluppo e la gestione di ambienti di co-living sostenibili e a prezzi economici. Il focus di Habyt sono gli affitti intermedi, cioè quelli che vanno dai 6 ai 9 mesi di durata. L’azienda ha oltre 30mila unità tra appartamenti completi e semplici stanze, in oltre 50 città in Europa. Un anno fa erano 5mila in sole 18 città. Ma il dato più eclatante è che la profittabilità totale dovrebbe arrivare entro il 2024, proprio perché alcune città danno già profitti.
La raccolta di capitale è opera di Deutsche Bank e Korelya Capital, società finanziaria fondata nel 2016 da Fleur Pellerin, ex ministro francese per l’innovazione e l’economia digitale, una piattaforma di investimento con oltre 500 milioni di Euro in gestione.
La diversificazione del mercato dell’abitare
Secondo un recente studio di matrice internazionale, il 43% degli investimenti nel segmento abitativo in Italia nel 2022 si è occupato di abitazioni multifamiliari che, insieme a studentati, co-living e abitazioni per anziani in genere, rappresentano i nuovi orientamenti del mercato.
Scopriamo il co-living
In sostanza, parliamo di soluzioni abitative che prevedono la condivisione di spazi comuni (cucina, salotto etc.) con altre persone, mantenendo un proprio ambiente privato, come la camera da letto e il bagno.
Apparentemente, non sembra niente di nuovo rispetto a ciò che milioni di ragazzi e ragazze fanno da anni in tutto il mondo: vivere insieme ad altri coetanei, infatti, è la tipica condizione dell’universitario fuori sede o anche del giovane lavoratore. In realtà il concetto è diverso, perché il co-living non è solo un modello di organizzazione degli ambienti, ma un vero e proprio stile di vita, tanto che esistono anche co-living di lusso, nei quali trovano spazio anche palestre, bar e aree lavoro. Il punto non è (solo) risparmiare, ma vivere un’esperienza abitativa più dinamica e stimolante.
Si tratta, com’è logico che sia, di una soluzione che attira soprattutto i più giovani, che hanno meno radicato il concetto del possesso dei beni in genere e degli immobili in particolare abituati come sono ai servizi di condivisione in molti ambiti; quindi, parliamo di nomadi digitali, di freelance e di giovani professionisti in genere. Dobbiamo tenere presente anche che molti “under 30” sono restii ad acquistare casa in una grande città anche per le difficoltà soggettive ed oggettive di accesso al credito e molti preferiscono non farlo, perché non intendono rinunciare alla possibilità di potersi trasferire quando lo desiderano, in modo più facile e veloce, senza essere “appesantiti” da un eventuale immobile del quale disfarsi.
Ma il co-living rappresenta una possibilità di scelta molto interessante anche per le famiglie, perché alcune formule prevedono contratti ‘all inclusive’, nei quali sono incluse le bollette dei consumi, i servizi di pulizia e manutenzione; evidente che si tratti di una comodità non da poco, che permette di aver più tempo libero per altre attività.
L’espansione del co-living
Poche settimane fa, Habyt ha annunciato la fusione con Hmlet, che domina questo aspecifico settore del mercato immobiliare in Asia, facendo così nascere un soggetto che ha tutti i numeri per diventare il più grande al mondo nell’offerta di spazi di co-living.
E in Italia? Al momento il co-living è ancora in una fase embrionale, con una diffusione più rapida soprattutto nella città di Milano. Ma il potenziale di crescita è molto alto; un recente sondaggio ha rivelato che quasi la metà degli italiani si è detta interessata a queste soluzioni, soprattutto per la possibilità di ottimizzare gli spazi e avere dei servizi in più.
Certo, ci sono anche alcuni svantaggi, che diverse categorie di persone preferiscono evitare: in primis, quello di avere meno privacy e meno autonomia nella gestione della casa. Ma è indubbio che nei prossimi anni, per un’ampia fascia della popolazione, il co-living diventerà un’opzione sempre più interessante.