Il terremoto su Turchia e Siria è stato disastroso, da tanti anni un sisma non portava tanta morte e distruzione. Più di cinquantamila vittime finora. Eppure se in questa tragedia c’è un’immagine che sovrasta le altre è un’immagine di speranza. Chiamatelo destino, caso, fortuna, chiamatelo come volete, ma la voglia di sopravvivere, di aggrapparsi alla vita non finisce mai, nemmeno sotto le bombe, neppure sotto palazzoni crollati come polvere perché costruiti sul nulla e con nulla. L’avidità di certi uomini è più gelida della morte che sanno che possono provocare rubando per guadagnare di più. Dalle macerie dopo una settimana hanno estratto vivo un uomo di 77 anni, ha resistito. L’immagine però è quella di un bimbo di sette mesi, Hamza: si è salvato, si è imposto sul futuro. Il sorriso del bimbo e il suo pianto in diretta mentre lo portavano al sicuro e lo proteggevano dal freddo hanno commosso il mondo. Le guance rosse, gli occhi grandi e scuri, una specie di sorriso alla vita e al mondo. Ricky è il domani, non ha bisogno di sondaggi per farlo sapere al mondo.
Dal sorriso del bimbo alle elezioni in Lombardia e nel Lazio per i nuovi consigli regionali
Ha stravinto il centrodestra, la maggioranza al Governo ha confermato la sua solidità, non c’è nemmeno da discutere. Inquieta, però, che sia andato a votare appena il 40% tra i lombardi e anche meno tra i laziali. I nuovi presidenti delle Regioni sono stati eletti da quattro elettori su dieci e votati soltanto da due su dieci. Troppo poco per non destare preoccupazione. Ma la democrazia è questa, ti regala il diritto-dovere di votare, se non lo eserciti sbagli e non può lamentarti di come vanno le cose. E’ giusto così.
Ma è giusto anche domandarsi perché questa disaffezione in continuo aumento
Non vanno a votare i giovani ai quali non interessa più di tanto della politica? Sono i pensionati che si sono stancati di promesse mai mantenute? E’ la classe operaia che non c’è più a tirare i remi in barca? E’ un paese strano che rinuncia a esprimere il proprio voto in un momento quanto mai delicato tra venti di guerra, inflazione e crisi energetica? Forse, per capirlo, ci vorrebbe un mago, anche quello della pioggia visto che non piove da mesi e ci dicono che sarà un’estate di siccità anche ai piedi delle montagne.
Dal sorriso del bimbo all’astensionismo
Chi per mestiere studia i fenomeni elettorali e sociali si interroga sulla scarsissima affluenza, cerca risposte che contengano almeno il germe della soluzione. Si si sono adottate leggi elettorali per il bipolarismo, poi sono tornati i partiti divisi e questo offre risultati diversi dalle prospettive. Ci sono movimenti partitici difficilmente leggibili. Ci sono partiti storici che cercano di capire chi sono. C’è una tensione sociale che sfugge alle letture tradizionali. E si pensa che in futuro non migliorerà la situazione: c’è l’inverno demografico, nascono pochissimi bambini. In compenso per chi vuole adottare sono previste attese di almeno cinque anni, ma se proprio va tutto bene e la burocrazia e i tribunali funzionano come un orologio.
Vittoria meritata comunque
Così si è capito che un partito che da mesi attende il ricambio forse è stato perfino premiato (limitatamente) dall’attesa di un nuovo leader. E si è capito che la premier ha guadagnato elettoralmente dall’essere stata emarginata al tavolo franco-tedesco, agli italiani che vogliono un’Italia ben difesa in Europa la sua lamentela è piaciuta.
Una cosa è certa: non ci sarà la temuta recessione, ma per far marciare la produzione a pieno ritmo occorre una forza lavoro che non c’è
Devono arrivare gli immigrati, ma quanti e come e cosa si offre? Intanto, per via di qualcosa che non si capisce bene, molti immigrati continuano a morire prima di arrivare: l’altro giorno le onde hanno sospinto sulla spiaggia libica 73 corpi di annegati, con donne e bambini. Altra domanda che attende una risposta seria e reale e non soltanto una risposta elettorale. Bisognerebbe guardare al futuro degli altri e non soltanto al posto che occupiamo in questo momento. Bisognerebbe vedere la politica come una cosa troppo seria per affidarla al sondaggio della mattina e smontarla con quello della sera. Non si può dire una cosa oggi e rimangiarsela domani perché si è capito che in giro non scattano gli applausi. Chi governa ha molti diritti di fare quello che ritiene giusto, ma anche il dovere di spiegarlo con chiarezza agli italiani.
Non basta quel sorriso del bimbo a risvegliare chi ha due vite
Restano i dubbi: possibile che 15 milioni di italiani per una settimana restino in collati alla tv per seguire il Festival di Sanremo, alimentando anche a modo loro il dibattito politico, e poi non vadano a votare per la Regione? Si potrà dire che erano tanto stanchi che non si sono alzati dal letto. Reggerebbe per la domenica, ma si votava anche il lunedì. Forse, come dice la canzone che ha vinto il Festival, abbiamo tutti “Due vite”. Dipende con che piede la mattina scendiamo dal letto.
Il sorriso del bimbo e il coraggio del calciatore
Jakub Jankto calciatore ex Udinese e Sampdoria, in forza oggi allo Sparta Praga, centrocampista della Nazione Ceca con la quale ha giocato una cinquantina di partite, ha fatto coming out, ha infranto un tabù del calcio: “Sono gay, non voglio più nascondermi”. Ma la porta era già stata spalancata nonostante l’ipocrisia che ha nascosto a lungo la realtà. Nel calcio come in altri sport, dal rugby al basket, dal nuoto al volley. L’omosessualità non dovrebbe essere un problema per chi negli altri vede una persona non un individuo da classificare. Lo è se si continua a pensare che chi gioca al calcio debba essere fatto soltanto in un modo, come chi vive in una caserma, come chi frequenta una squadra, chi fa parte di una qualsiasi compagine. Jankto ha avuto il coraggio di affrontare quella parte di società che ritiene di avere il diritto-dovere di sapere sempre tutto, di avere sempre ragione, di conoscere la verità e chi non corrisponde allo schema va condannato perchè sbagliato, diverso. La convinzione di possedere la verità è l’anticamera del pregiudizio.
Jankto ha detto soltanto quello che si sapeva ma non veniva accettato
Ha rotto gli specchi della cattiva educazione e della presunzione razzista mascherata da perbenismo o al massimo dalla sopportazione. Lo sport è a modo suo un mondo speciale, più difficile, più inclusivo, fatto non solo da chi lo pratica ma soprattutto da chi ci sta attorno. Non è lo sport ma chi è attorno che si prende a pugni e calci per una partita di calcio di bambini di sette anni. Non è lo sport che lancia insulti razzisti a Treviso contro un giovane arbitro di calcio perché ha concesso un rigore. Dimenticavo: l’arbitro è di colore, è italiano, ha genitori della Guinea. Non è sport quello che costringe una donna arbitro di volley a lasciare la Federazione perché stanca di essere considerata un po’ sovrappeso, di essere ogni volta messa sulla bilancia e pesata come una mucca. Non è sport quello che violenta l’anima delle giovanissime “farfalle” della ginnastica artistica insultandole come deficienti, grassone, incapaci.
Jankto ha solo messo gli altri davanti alla realtà. Non era lui che doveva vergognarsi di essere se stesso erano gli altri.