Sostiene che la sua arte non ha messaggio, Anna Urbani De Gheltof: «Non è un veicolo di comunicazione – ha scritto – penso che se si ama la pittura, si ha già una risposta dentro di sé. M’interessa l’emozione, quella che una persona può provare davanti a una mia opera». Eppure commuove la dedizione che quest’artista minuta, appassionata e determinata ad un tempo, dedica al fare pittura.
Anna Urbani De Gheltof e il suo pennello vedono il mondo
Viene da pensare che ogni pennellata, ogni sperimentazione – per Anna Urbani un’avventura continua – è purtuttavia un messaggio, un messaggio d’amore: per la vita, innanzitutto, coniugata in tutte le sue forme, dal muro veneziano aggredito dalla salsedine al fiore che annuncia la bella stagione; dall’immagine luminosa, distorta dal movimento del treno, rifratta e magica, al volto umano, epifania della coscienza.
Anna Urbani De Gheltof erede dei fiamminghi
Basterebbe guardare il suo, di volto – erede della schiatta dei fiamminghi De Gheltof e degli Urbani, con quell’Andrea che lavorò per la Zarina Caterina di Russia, ad affrescare il Palazzo d’Inverno di San Pietroburgo – per cogliere i profili di Vermeer, l’incredula sospensione di certe dame colte in controluce. Lo stesso sentimento della realtà. Perché la pittura – ci dicono i suoi lavori inquieti, percorsi da un’effervescenza superficiale come specchi d’acqua increspati dalla brezza – è ricerca di movimento che si placa nel suo stesso desiderare, tensione, gioco e volontà che scavalcano ogni ordine statico.
L’opera secondo l’artista
Nello stesso tempo, pittura è anche gestione della qualità di coscienza, perché tutto questo passa attraverso la percezione e l’intuizione: bisogna far diventare fenomeno ciò che non è ancora visibile, come pensava anche Paul Klee. Così non è bella l’opera d’arte, è bella la sua verità.
Chi è Anna Urbani De Gheltof
Anna Urbani De Gheltof ha trascorso la vita tra Padova e Venezia, stabilendosi poi a Mestre. Per molti anni è stata insegnante di materie letterarie, poi – con la pensione – si è dedicata integralmente a dipingere. Con ogni fibra del corpo persegue, giorno dopo giorno, la celebrazione del buono: in ogni sguardo delle sue bellissime donne, in ogni tramonto infuocato sulla laguna. È contagiosa la sua volontà serena, comunque si manifesti: in realistici ritratti (molto spesso, nel corso degli anni, dedicati alla figura materna, celebrata in ogni sfumatura interiore), nella descrizione degli eventi naturali (sempre colti con una sacralità intima, che consola), nell’uso puro del colore, inteso come strumento e come fine dell’opera, fino a raggiungere esiti di un astrattismo lirico molto personale.
La sua arte
Anna, da un comune utilizzo della pittura ad olio, è passata nel tempo a concretizzare un linguaggio originale, fondato sulla combinazione di materiali diversi. Talora l’artista applica sulla tela sottili fasce di garza che poi dipinge, oppure riecheggia la tecnica dell’affresco, con l’uso di sabbie e colle a rendere materica la base. Un po’ alla volta, la libertà di Anna Urbani De Gheltof è divenuta totale, incondizionata.
Un riferimento a Monet
Qualcuno ha intravisto nei suoi lavori un forte richiamo alla pittura impressionista di Claude Monet, alle sue Ninfee, ma la pittrice commenta semplicemente: «Non ho artisti a cui faccio riferimento quando dipingo. Guardo tanto, ma non imito nessuno». È il suo guardare tanto a fare la differenza: non mimesi del reale, quanto percezione di una verità più fonda. Il mondo resta nella giusta misura, facendosi idea, forma immutabile.
Lo zio e Anna Urbani De Gheltof
È stato lo zio, Giuseppe Urbani De Gheltof, ad insegnare ad Anna i primi rudimenti artistici. Un personaggio importante, che ha dedicato tutta la vita alla pittura: direttore della Scuola d’Arte Napoleone Ticozzi di Mestre, ha partecipato a molte Biennali veneziane ed ha realizzato, lavorando su commissione, numerose opere per Chiese ed Enti pubblici; spesso, nelle sue trasferte in laguna, portava con sé la nipote, facendole scoprire i tesori della città.
I colori
Saranno i blu, i verdi di barena, la vegetazione cresciuta quasi a dispetto della pietra a sedurla per sempre. Talvolta è l’oro a rendere più preziosi i riflessi, e la sinestesia abbraccia i cinque sensi. Anna Urbani guarda e trasforma ciò che vede in metafore. Libera la vita dalle sue impurità, dalle finitezze, forse dal dolore. La sua pittura è un atto di fede.
Le opere di Anna Urbani de Gheltof sono esposte a cura della DEM Venice Arty Gallery di Mestre e in maniera permanente nella sede Fideuram di Mestre, ma per essere una mostra vera e propria manca il pubblico il cui ingresso è vietato per la situazione sanitaria.
Ottima recensione…complimenti…!