E’ tempo di raccolta dei melograni anche nella verde campagna di Orte. Il sole splende, il clima ventilato e apprezzabile. Si sta bene fuori all’aperto verso le 15.30 del pomeriggio. Se “Cristo a Eboli si è fermato” Mimmo Caso a Eboli si è formato e poi è partito: prima destinazione Firenze. Quarantaquattro anni di calcio tra tanta corsa in campo e poi in panchina a guidare i suoi ragazzi. Per due volte ha dribblato la morte. Da un autorevole quotidiano sportivo è stato paragonato a un calciatore olandese anni ‘70 inizi anni ’80, quelli del calcio totale. Quelli che sapevano trasformarsi in campo da attaccanti a difensori o viceversa.
La stima di Fulvio Bernardini per Mimmo Caso

Fuffo Bernardini, il Professore, lo paragonò a Julinho attaccante brasiliano della Viola con la quale conquistò il tricolore nel 1955/56. Domenico “Mimmo” Caso classe 1954. Inizia a tirare i primi calci alla Eboli S.C Pezzullo a dieci anni e ci rimarrà fino a tredici. Arrivò Egisto Pandolfini un vero talent scout che lo porterà a Firenze. L’allenatore del Pezzullo era Vittorio Moscarelli che Mimmo definisce “una grande persona”.
Mimmo Caso, lei nella sua carriera ha in pratica giocato in cinque ruoli: ala destra, regista davanti alla difesa, falso nueve (già prima degli spagnoli), mezz’ala di fatica e all’occorrenza libero. Magari se le avessero chiesto in emergenza di fare il portiere…chissà

“Con certe caratteristiche certi ruoli li puoi interpretare. Non è bravura, ho fatto il ibero in serie B quando la Lazio si salvò ai danni del Campobasso, mi vengono ancora i brividi. Non avevo un grande fisico (alto 170 cm), ma devo ringraziare i compagni e i tecnici ne vado orgoglioso perché sono uno che si è sempre messo a disposizione della squadra. E di ciò ne vado fiero”.
Quasi una decina d’anni in maglia viola. Proprio a Firenze il primo trofeo la Coppa Italia contro il Milan mezzo secolo fa.

“Una squadra ben costruita sui giovani e giocatori più esperti: Antognoni, Roggi, Merlo, De Sisti, Guerini. Quella Viola era una realtà da seguire. Purtroppo perdemmo Moreno Roggi per un grave infortunio in campo e Vincenzo Guerrini a causa di un incidente stradale nel quale riportò diverse fratture. Io mi salvai”.
E’ stato allenato da alcune “eccellenze” di quel periodo in Italia. Provi a descriverci in modo succinto alcuni Mister della sua carriera.

“Parto da Nils Liedholm un Gran signore. Grande aplomb. Per lui parlano anche i numeri. Nereo Rocco altro personaggio straordinario non sembrava un allenatore, simpaticissimo, battute a volontà. Uomo di grandi capacità; Eugenio Bersellini uomo dai valori incredibili. Mite, sembrava il sergente di ferro così come lo avevano dipinto, ma era modesto e semplice.Gigi Radice tosto negli allenamenti, precursore del calcio giocato in pressing: allenatore competente e valido sotto l’aspetto umano peccato che se ne andò perché avrebbe costruito qualcosa di importante. Giuseppe Chiappella era un padre non sembrava un allenatore, un genitore che ti accompagnava dalla mattina alla sera. Carletto Mazzone copiava gli olandesi nella preparazione; sapeva di calcio e ti spiegava per filo e per segno quello che dovevi fare in campo”.
Il più forte con cui hai giocato e il più forte contro cui hai giocato?


“Facchetti e Cabrini grandissimi calciatori e uomini mi hanno fatto soffrire. Con il grande difensore nerazzurro ho poi avuto la fortuna di giocare in Nazionale. Ho avuto la fortuna di giocare con due numeri 10 agli antipodi, ma tra i più bravi: Beccalossi un dribblomane e Antognoni elegante da far paura. Se ci mettete pure Spillo Altobelli sono sicuro che non offendo nessuno”. .
Oggi c’è un Mimmo Caso in giro?

“Non guardo il passato e i confronti. Non mi sono mai soffermato su questi aspetti. Difficile fare questo tipo di paragoni”
In quell’Inter tutta italiana scudetto 1979-80 nell’Inter di Bersellini lei era la tessera mancante del puzzle. Cosa ne pensa?

“Non lo so. Lo hanno detto anche i miei compagni ai quali sono legatissimo. Quella squadra era forte. Già avrebbe potuto vincere prima del mio arrivo. Non è un caso se poi più di qualcuno si è laureato campione del mondo”
A proposito nel suo curriculum c’è anche un eurogol segnato a San Siro contro la Stella Rossa nell’allora Coppa dei Campioni. Se lo ricorda?
“Fu un miracolo. Ho calciato non so cosa sia successo. Fu votato dall’Uefa come il gol più bello del mercoledì di coppa”.
A metà anni ‘80 lei è stato il capitano della Lazio del -9 in serie B, ancora oggi una delle squadre più amate dai tifosi

“Alla Lazio dell’ex presidente Sergio Cragnotti c’era gente straordinaria e competente come Felice Pulici e Volfango Patarca. Una squadra di giovanissimi con Nesta, Di Vaio, Franceschini, Roma che ebbero buone carriere. Questa squadra portò trent’anni fa 50mila persone all’Olimpico in finale (scudetto Primavera) contro il Perugia dove giocava un “certo” Rino Gattuso.. Devo inoltre ringraziare e lo staff della Lazio mi è stato vicino durante la malattia nel 1994”.
Ha citato il CT della nazionale “Ringhio” Gattuso. Come lo vede?

“Gattuso è un uomo di grinta e ha la cattiveria giusta”.

















































































