Cè chi come Paola Volpato alza al cielo in questi giorni un grido di ribellione. Giorni di guerra diffusa e polemiche. Sul quotidiano francese “Libération” un appello – firmato da eminenti rappresentanti della cultura e della politica e da gente comune – perché le uccisioni delle donne israeliane da parte di Hamas il sette ottobre di quest’anno vengano definite come femminicidi. Scrive nel testo il collettivo “Paroles de femme”: Le donne non sono state solo uccise, sono state stuprate, denudate, oltraggiate in tutti i modi perché erano donne. Esposte nude, violentate al punto da fratturare loro il bacino … Anche i loro cadaveri sono stati violentati, i genitali deturpati…
In breve, un comitato di personalità pubbliche, dallo scrittore Marek Halter all’attrice Charlotte Gainsbourg, ha sottolineato che, oltre all’aspetto mostruoso dell’odio contro gli ebrei, c’è stata, nella mattanza del sabato nero, anche una forte sfumatura sessista. Triste rimarcare, a pochi giorni dalla Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne del 25 novembre, come tutto questo sia ancora vivo, terribile, dilagante, talmente radicato nelle dinamiche sociali da non lasciare spazio a previsioni ottimistiche. Ma
Prima di Paola Volpato
Eppure qualche barlume di presa di coscienza via via è emerso, come un fiume carsico, negli ultimi decenni: ricordo la sala di una biblioteca della periferia milanese, a Baggio, nel 2017, durante la presentazione di un libro basilare per il racconto e la denuncia della violenza, Il canto delle balene della giornalista e scrittrice Giovanna Pastega. Con l’autrice, interveniva anche la psicoterapeuta Giuliana Grando (che tanta parte della sua vita ha dedicato alla difesa delle donne e alla rieducazione dei maschi maltrattanti), e le sue parole – ad una platea eterogenea, multietnica ed interessata – suonavano come un monito: «Saremo un fiume, e saremo riconosciute. Solo, però, se non smetteremo di parlare, di denunciare anche il minimo sopruso. Se diventeremo soggetto e non oggetto, se cambieremo le regole»
Sono passati sei anni da quell’evento. Giuliana non c’è più, ma il lavoro pervicace, costante, di tante operatrici, autrici, giornaliste è continuato: il report annuale di Di.Re, Donne in rete contro la violenza, associazione nazionale che raggruppa più di ottanta tra centri antiviolenza e case rifugio in tutta Italia, dichiara che sono oltre ventunomila le donne che nel 2022 hanno chiesto aiuto. Soprattutto italiane, con figli, disoccupate o inoccupate, per lo più vittime di mariti, compagni o ex.
Affrontare il femminicidio
Nell’anno in corso, sono già avvenuti nel nostro Paese cento femminicidi. Sembra di svuotare il mare con un cucchiaino, anche perché solo con la Legge dei 5 maggio 2022, la n.53, è stato approvato l’obbligo da parte delle Istituzioni di rilevare i casi di violenza sulle donne.
Solo una modificazione strutturale dei rapporti interpersonali, potrà cambiare realmente la situazione: la violenza fisica, e psicologica (componente non meno determinante) all’interno dei rapporti interpersonali, nasce dalla disparità nei ruoli sociali, dal considerare la relazione affettiva come possesso dell’uomo sulla donna. Persino a partire da indizi solo apparentemente marginali, di politica linguistica, che si oppongano all’uso di parole giustificative per il carnefice e, al contrario, di termini colpevolizzanti per la vittima. Questa è un’urgenza manifestata già alcuni anni orsono nel cosiddetto Manifesto di Venezia del 25 novembre 2017, frutto del lavoro congiunto del CPO (Comitato Pari Opportunità) Usigrai, associazione GiULia (acronimo di Giornaliste Unite Libere Autonome) e del Sindacato dei Giornalisti del Veneto.
Il lavoro di Paola Volpato
C’è anche chi, come l’artista Paola Volpato, ha scelto di denunciare con altri mezzi. I mezzi potenti, strutturalmente eversivi dell’evento artistico. Dal 2015, Paola ha deciso di realizzare i ritratti di tutte le donne vittime di femminicidio in Italia: ad oggi sono oltre settecento. Un’infinita galleria di volti, non ancora preda del terrore: negli occhi fiducia nel futuro, certezze, talvolta pensieri fugaci di gioia. Un’arte scabra, essenziale, dove il percorso dell’artista potrebbe avere, invece, spunti autoreferenziali; un registro minuzioso, ad individuare ogni traccia. Poi, le mappe dei visi vanno esposte, proposte ad ogni pubblico, dalle sedi istituzionali come il Parlamento alle biblioteche, ai Centri Civici: ogni volta, un urlo senza voce, il più acuto.
Un lavoro che fa pensare senza nessuna esibizione violenta
Lucy Lippard, critica ed attivista americana, ha sempre sostenuto la necessità di un’arte «esteticamente e socialmente efficace allo stesso tempo». Così è il lavoro di Paola, senza sbavature: «Nel 2012 giravo il video del primo flash mob sui femminicidi organizzato da SNOQ (Se Non Ora Quando?) a Venezia e l’anno dopo la Dandini portava Ferite a morte al Toniolo di Mestre – ricorda – In quel periodo ho concepito questo lavoro … ho capito come sarebbe stato importante ridare a queste donne il volto.
Ma ho dovuto attendere qualche anno per superare un certo pudore ed entrare nelle loro sfere private. Alla fine ho seguito il mio istinto di solidarietà, di sorellanza. Ho deciso di dare come artista quello che potevo, poco o tanto, ma di darlo. Ho anche capito che, con questo lavoro di emersione dalla marea della cronaca nera, queste donne potevano diventare portatrici di una volontà di riscatto e di presa di coscienza …».
Nessuna immagine sanguinosa, nessuna esibizione violenta, che Paola interpreta a rischio di retorica o di voyeurismo. La verità va illuminata, perché ciò che non è nominato, alla fine non esiste.
Paola Volpato e il femminicidio
L’opera Femminicidio, per la sua stessa natura, per la volontà precisa dell’artista che si faccia testimonianza viva. Nata per essere diffusa e compresa da tutti, è andata negli anni rimodulandosi sugli spazi ospitanti, con installazioni site specific, sound design o proiezioni multicanale. Quest’anno è la volta del Centro d’Arte e Cultura Brolo, Sala Mogliano – Spazio Arte Urbano, a Mogliano Veneto. Inaugurata lo scorso 12 novembre, la mostra è destinata a durare fino al 26 di questo mese. «Ho incontrato, in questi anni – commenta Volpato – migliaia di donne e di uomini di tutte le età. Condiviso momenti di lettura e performance con altre realtà artistiche, scolastiche, associazioni. Ho raggiunto persone che forse non si erano mai trovate a riflettere, non solo sul femminicidio, ma anche su questioni basilari riguardanti la cultura di genere. Penso che quei volti negati parlino da soli, senza mediazioni retoriche».
Qualche informazione
Conoscendo Paola, so che la componente retorica, nella sua accezione più banale, è l’ultima delle sue aspirazioni. Questo è il punto di forza del suo lavoro: reale, tangibile, mai brutale, anche quando la materia trattata lo consentirebbe. Un lavoro quotidiano, di cui non si può che esserle grati.
Femminicidio 2015-2023
Centro d’Arte e Cultura Brolo, Sala Mogliano-Spazio Arte Urbano
via Rozone e Vitale, 5
Mogliano Veneto
Orari: Lunedì e Venerdì 10.00-12:30
Sabato e Domenica 10:00-12:30 / 15:30-18:30
Per prenotazioni e visite: anpimoglianoveneto@gmail.com