Ci abbiamo messo del tempo e parecchi tentativi, ma forse alla fine l’abbiamo trovato. Parlo di un punto di partenza solido da cui si possa rivoluzionare l’approccio al lavoro da parte delle aziende e dei lavoratori. Il candidato migliore per tale ruolo, oggi, è la salute mentale.
Pensiamoci un secondo, in effetti avrebbe tutti gli elementi per esserlo

In primo luogo: si tratta di una novità. Certo, il rischio stress lavoro-correlato (consideriamolo, di fatto, una declinazione del concetto di salute/benessere psicologico) è contemplato nel D.lgs. 81/08 e se ne parla da decenni… ma fino a meno di due anni fa chi avrebbe considerato la tutela della salute mentale un aspetto fondamentale del lavoro? E le aziende… quante volte hanno considerato la necessità di essere vicine alle loro persone in termini di ascolto, di attenzione personalizzata, di prevenzione del disagio individuale? La risposta è semplice: raramente. E in ogni caso, supportare la salute mentale poteva significare ammettere, anche solo implicitamente, di essere una causa di psicopatologia.
In secondo luogo è un interesse ubiquo. Le lavoratrici e i lavoratori, oggi, avvertono il peso del disagio psichico e si rendono conto che le loro organizzazioni possono aiutarli moltissimo a stare meglio. Un recente sondaggio vede la cura del benessere mentale come il secondo parametro di scelta da parte dei migliori talenti nel nostro paese, la cosa interessante è che due anni fa nella lista delle cose importanti semplicemente non c’era. Le aziende vedono interesse da parte delle loro persone per la tutela della salute mentale, ne riconoscono il potenziale di miglioramento del clima e delle performance, ne intuiscono il peso in termini di Responsabilità Sociale d’Impresa e di pubbliche relazioni.
La società è in evoluzione, e con essa il concetto di salute

La verità è che pochissimi tra noi avevano interesse concreto per la salute mentale. Sarà stato per via dello stigma ad essa associato, probabilmente abbiamo sempre pensato che non coinvolgesse noi ma, in caso, “gli altri”…E invece, d’improvviso, la nostra vita è cambiata radicalmente, e gli ultimi due anni ci hanno mostrato che:
1) tutti possiamo esperire situazioni di disagio psicologico, anche con sintomi molto concreti e sensibili; 2) ciò non significa essere “malati” nè “matti”… stress, affaticamento mentale, disagio, ansia, problemi del sonno sono tutte cose che ciascuno di noi può provare, può affrontare e può superare.
Oggi siamo consapevoli di quanto la salute mentale sia un bene importante e fragile, e si sta diffondendo l’idea che tutti possano concorrere per tutelarla e migliorarla costantemente. Siamo anche di fronte all’evidenza di quanto sia difficile lavorare, produrre, essere membri positivi di un team in condizioni di eccessivo stress e affaticamento.
Non un obbligo, un’opportunità

E allora siamo di fronte a un’opportunità: cambiamo il verso, troppo spesso storicamente indicato come contrapposto, degli interessi tra aziende e lavoratori. La salute mentale può e deve essere un ambito in cui tutti concorrono. La legge impone la prevenzione del rischio stress lavoro-correlato alle aziende. Come tante normative nel nostro Paese, la sua applicazione è stata soltanto parzialmente un successo. Un livello minimo, probabilmente, può dirsi raggiunto ma la diffusione della consapevolezza di quanto sia importante prendersi cura delle persone non c’è stata.
Oltre alle speranze, fatti concreti

Oggi siamo oltre alla speranza che ciò succeda: sta già succedendo. Il 13 ottobre 2021 (ieri per chi scrive) ho partecipato ad un evento della FIRST CISL intitolato “LAVORARE E VIVERE MEGLIO. La gestione dello stress per il dirigente bancario”. E di cosa si è parlato? della necessità di attenzione e cura per la salute psicologica da parte delle aziende. Oggi sono i lavoratori e le loro rappresentanze a chiedere concretamente la tutela della salute mentale.
Ma c’è di più: è stata presentata la convenzione tra FIRST CISL e Sygmund, che permetterà ai lavoratori di accedere a prestazioni di supporto psicologico. Questa volta non ci si limita a dire che sarebbe bello che le aziende supportassero il benessere delle persone, c’è un’attivazione concreta che parte dai lavoratori.
Siamo oltre il tempo dei proclami, il cambio di paradigma è iniziato. La scelta, che spetta a tutti, lavoratori e aziende, è soltanto da che parte stare.