Se ad un foresto ( Un non Veneziano ) gli parli di ortaggi, frutta, o vino prodotti a Venezia, questo ti prenderà subito per “matto”. Venezia per il mondo è Piazza San Marco, il ponte dei sospiri, le gondole le chiese o le calli strette, Venezia certamente non è “campagna”. Per certi versi anche i Veneziani la pensano così, infatti sono gli stessi che hanno coniugato il detto “Deà dal ponte se tuta campagna” (aldilà del ponte è tutta campagna).
La realtà della campagna
In realtà Venezia ha una campagna con orti frutteti e vigne che grazie alla caratteristica di trovarsi a “contatto” con l’acqua salmastra donano alla terra delle peculiarità organolettiche uniche, e così come è unica Venezia, anche le primizie che nascono dalle sue terre sono uniche e prelibate!
Andiamo però nello specifico
Chiaramente la campagna di Venezia, non è adiacente a Piazza San Marco, ma si trova in alcune isole della laguna Veneziana. Alcune di queste isole, ancora oggi riforniscono i banchi dei fruttivendoli della città ma durante la storia millenaria della Serenissima le isole a vocazione agricolo produttiva erano molte e venivano chiamate “gli orti della Serenissima”.
Il nostro Tour per le campagne Veneziane parte dall’isola delle Vignole
Per arrivarci, si può prendere “el bateo” (il vaporetto) dalla fermata delle Fondamente Nove, nella parte settentrionale del centro storico veneziano con la Linea 13 – da Venezia Fondamente Nove per Vignole, Sant’Erasmo, Treporti. La fermata delle Vignole, detta anche “l’isola delle sette vigne”, è la prima tappa di questo itinerario alla scoperta degli “orti e delle campagne della Serenissima”.
La campagna delle Vignole
L’isola delle Vignole ci accoglie con la sua vegetazione lussureggiante di tamerici, sambuchi, olmi, pioppi, gelsi che spuntano dalle siepi e dai rovi infestanti, dietro ai quali si nascondono a loro volta gli orti e i vigneti che hanno dato fama a quest’isola. L’isola delle Vignole era popolata già in epoca romana. A quel tempo, la lambivano le acque del mare Adriatico perché ancora Punta Sabbioni non esisteva, ed era luogo prediletto di villeggiatura dei nobili di Altino. Il poeta latino Marziale poteva addirittura affermare che la magnificenza delle residenze era persino superiore a quella di Pozzuoli.
Da vedere
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Molti secoli dopo (nel XVI secolo) le Vignole venne utilizzata dalla Serenissima come avamposto difensivo contro i turchi. Congiuntamente all’isola di Sant’Andrea dove fu edificato un forte. Oltre al Forte cinquecentesco di Sant’Andrea, di interesse storico-artistico vi è anche la chiesetta cinquecentesca, intitolata a Santa Maria Assunta e Santa Eurosia. Affacciata al canale interno e affiancata da un piccolo campanile, forse l’unica del suo genere ancora ben conservata fra le tante – ormai scomparse – che si trovavano nelle isole della laguna. La chiesetta, probabilmente erede dell’antica chiesa dei Santi Giovanni Battista e Cristina, risalente al VII secolo, custodisce un’Assunzione della Vergine. Opera di anonimo del XVII secolo. Oggi vivono alle Vignole una sessantina di abitanti, da sempre legati alla terra.
Dagli orti al mercato
Dagli orti dell’isola infatti un tempo provenivano le verdure del mercato di Rialto, trasportate ogni giorno su grandi barche a remi. Ma oltre alle carciofaie, l’isola è molto amata dai veneziani, che sono soliti frequentare le Vignole per le gite domenicali. O per pranzare in una delle sue caratteristiche trattorie con pergolato e giardino.
Una storia di vino
Il toponimo dell’isola, in passato conosciuta come Biniola o Isola delle Sette Vigne, testimonia che fin dall’antichità vi era diffusa la coltivazione della vite. I tralci, per lungo tempo abbandonati, sono stati recuperati in anni recenti con l’aiuto di volontari veneziani. Che si sono impegnati per salvare parte dei vecchi ceppi di verduzzo dorato e prosecco. E hanno sostituito le piante morte con barbatelle di dorona, bianchetta e malvasia. Dalle uve delle Vignole nascono vini naturali e “selvatici” come l’essenza stessa dell’isola lagunare.
Una campagna da vedere e gustare
Di ritorno dalla passeggiata, potrete fermarvi per una sosta. E per mangiare qualcosa in una delle trattorie con pergole e giardino, dove in alcuni casi potete trovare anche il vino prodotto in loco.
La seconda tappa di questo Tour campagnolo, ci porta all’Isola del Lazzaretto Nuovo
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Riprendendo il battello si imbocca il canale che separa l’isola di Sant’Erasmo da Lazzaretto Nuovo. Una volta sbarcati, potete intraprendere una passeggiata panoramica lungo le cinta murarie. Edificate durante l’invasione Napoleonica che si svolgono per circa un chilometro intorno all’isola. Offrendo punti di notevole interesse naturalistico ed una visuale a 360 gradi sulla laguna di fronte a Venezia. Se poi voleste indugiare in questa atmosfera assopita, vi consiglio d’imboccare il sentiero. E di inoltrarvi nei boschetti di allori, frassini, biancospino, pruni selvatici, cannuccia palustre.
La storia
Veniamo alla storia dell’isola. Che nel Medioevo era di fatto un monastero benedettino. Dal 1468 ospitò un “lazzaretto” detto “Novo” per distinguerlo dall’altro vicino al Lido, il “Vecchio” (che aveva funzioni di ospedale vero e proprio). Divenendo luogo di isolamento preventivo (“quarantena”) per le navi della Serenissima sospette di peste.Imponenti edifici, come il cinquecentesco Tezon Grande (che ancora conserva alle pareti scritte e disegni originali), oltre a documenti e reperti che provengono da scavi tuttora in corso, testimoniano questa funzione sanitaria durata circa tre secoli. Una nuova sezione espositiva presenta i risultati delle campagne di scavo e di indagine antropologica svolte nell’area del Campo Santo dell’isola nel triennio 2006-’08. Con materiali scientifici e didattici riguardanti l’antropologia, la storia della sanità e in particolare le epidemie di peste che nel corso dei secoli hanno colpito Venezia.
Campagna davvero o “opera d’arte”?
All’interno della cinta muraria, potrete continuare la passeggiata lungo i viali costeggiati dai gelsi secolari e intorno alle vere da pozzo, circondate da frassini e pioppi. Da qui non è raro veder passare gabbiani, garzette, aironi e cormorani. O qualche esemplare di martin pescatore, falchi di palude e rapaci notturni che frequentano le zone circostanti. Nei periodi estivi può anche capitare di osservare una colonia di Cavalieri d’Italia, in costante aumento negli ultimi anni.
Terza tappa di questo mini tour campagnolo è in quel dell’isola di Sant’Erasmo
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Ritornando all’imbarcadero, riprendete quindi il bateo in direzione Sant’Erasmo-Treporti e scendete a Sant’Erasmo, l’isola più grande della laguna, considerata da sempre l’orto della Serenissima. Di S. Erasmo colpiscono soprattutto l’aspetto rustico e il silenzio che circonda le coltivazioni di ortaggi (tra cui il famoso carciofo violetto di Sant’Erasmo). Le vigne e i frutteti, interrotte solo da boschi e canali, da qualche antica peschiera o da qualche casetta isolata. Immersa nelle atmosfere rarefatte e quasi sospese in un tempo che sembra aver dimenticato di spingere fin qui la rumorosa macchina dello ‘sviluppo’.
Un consiglio
Vi suggerisco una passeggiata insolita dunque, su un’isola di frontiera che la natura stessa ha trasformato da nobile lido a isola minore. Da luogo di villeggiatura per i patrizi altinati a “campagna di Venezia”. Un percorso da fare a piedi o in bicicletta (noleggiabili in loco) in un ambiente insulare marginale, solitario e quasi abbandonato dall’uomo. Se escludiamo i bagnanti e i pescatori di “caparosoli”, vongole, che capita di incontrare nei mesi estivi, un itinerario che si discosta dall’affollamento. Dalla confusione di suoni e colori o dall’austera regalità di altre isole della laguna nord. Partendo dall’approdo di S. Erasmo-Capannone, prendete la strada a destra, che compie il periplo costiero dell’isola. Il percorso è lungo circa 10 chilometri (di cui 8 su strada asfaltata e i rimanenti 2 su stradina bianca o sterrata). Il tempo di percorrenza è di circa 3 ore, escluse le soste.
Da vedere in campagna
Attraversando il paesaggio agrario di S.Erasmo, arriverete fino alla Torre Massimiliana. Una massiccia fortificazione militare asburgica che si affaccia sulla bocca di porto del Lido, restaurata dal Magistrato alle Acque di Venezia e aperta al pubblico nel 2004. La torre, gestita dall’Istituzione Parco della Laguna (ente comunale per la creazione di un parco naturalistico nell’area della Laguna Nord di Venezia), domina la spiaggetta del ‘bacan’. Dove i veneziani, in barca, vanno per tradizione a fare il bagno e le scampagnate estive.
Il carciofo
Torniamo un attimo al Carciofo Violetto di Sant’Erasmo, prodotto tipico che merita un approfondimento tecnico/culinario! Questo carciofo unico nel suo genere, si presenta, tenero, carnoso, spinoso e di forma allungata, il carciofo di Sant’Erasmo ha le brattee color violetto cupo. Un tempo negli orti della laguna lo concimavano con le scoasse (la spazzatura, in veneziano). Oppure con conchiglie e gusci dei granchi, che servivano per correggere l’acidità dei terreni. Per proteggere le piantine dal vento di bora invece si tiravano su le motte, cioè piccoli cumuli di terreno, dalla parte rivolta verso il mare.
Cosa produce la campagna
La stagione dei carciofi a Venezia comincia a fine aprile con la raccolta delle castraure, il primo piccolo germoglio apicale di carciofo, tenerissimo, che viene tagliato per permettere la crescita più rigogliosa degli altri germogli (da 18 a 20 per pianta ogni stagione). La raccolta prosegue fino alla seconda metà di giugno: gli ortolani trasportano le verdure con le barche, le caorline, dall’isola fino ai mercati di Rialto e Tronchetto.
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Gli articiochi, così si chiamano i carciofi a Venezia, sono stati introdotti nella cucina veneziana dalla comunità ebraica. Sono consumati prevalentemente crudi e le castraure sono una vera delizia disponibile solo per pochi giorni: 10, 15, non di più. Le ricette a base di carciofo sono tantissime: fritti in pastella, crudi con un filo di olio d’oliva, oppure col garbo, cioè cotti col soffritto di aglio o cipolla a fuoco molto lento e a tegame coperto, con l’aggiunta finale di aceto o limone. E ancora alla grega, tagliati a spicchi, rosolati e serviti freddi con limone, oppure maritati con le schie (i gamberetti di laguna), gli aliciotti e le sardine. Nelle osterie sono tra i cicheti di ordinanza, lessi e conditi con aglio, prezzemolo, pepe e olio.
La ricetta
Oggi i coltivatori di carciofi sono rimasti in pochi e la maggior parte sono anziani, i collegamenti con Venezia sono rari e i costi di trasporto elevati, la concorrenza dei carciofi pugliesi e toscani, spacciati come carciofi di Sant’Erasmo, è fortissima. Personalmente vi consiglio di gustare questi carciofi o crudi con un filo d’olio oppure preparando o facendovi preparare un risottino con le “castraure”, qui di seguito un link con la ricetta!
Ci vediamo presto per un nuovo Week end in Veneto!
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