Bizzarro e piacevole è il souvenir sonoro che la signora N. ha portato a casa da Roma. Detto così sembrerebbe che avesse comperato un carillon che ripetesse il motivo di una canzone tipicamente romana. Troppo facile. Invece il souvenir è la registrazione delle campane di piazza Navona che hanno annunciato il mezzogiorno. L’aria, dilavata da un temporale era di una trasparenza cristallina che scolpiva i gruppi marmorei delle famose tre fontane Barocche.
Il concerto dei “sacri bronzi” ha colto di sorpresa la folla che animava la scenografia della grande piazza. Quella scena che tutti freneticamente fotografavano mi ha suggerito un pensiero laterale: quel popolo turistico migrava da un capolavoro all’altro alla ricerca di qualcosa che non poteva consumare, la bellezza. A questo proposito l’artista romano Mimmo Paladino intitola molti suoi dipinti “Il respiro della bellezza” e ne parla con il filosofo Stefano Zecchi, il quale ricorda che la bellezza è “elemento costitutivo del nostro rapporto con il mondo”.
Quello strano souvenir
Parole alte, ma torniamo alla signora N. nel momento in cui ha sollevato al cielo il suo telefonino e ha registrato lo scampanio fino all’ultimo rintocco, ottenendo un doppio risultato: una colonna sonora per le fotoricordo e fissare musicalmente il viaggio nella capitale.
Grande emozione, commenta l’Anonimo: quell’esplosione di campane ha risvegliato in noi il senso della Roma giubilare in cui noi eravamo giunti per un diverso impegno. Più tardi, in treno, ho rimuginato su questa città e sulla sua magia: città unica benedetta dalla natura, dalla genialità umana e centro universale del più disarmato dei poteri, la fede cristiana.

Quel souvenir sonoro ci parlerà sempre di Roma e di come l’abbiamo goduta e ammirata, ma non potrà mai sostituirsi al sentimento di intensa umanità scaturito dall’incontro con persone straordinarie, generose nell’accoglienza e amorevoli. Indimenticabili.
Ah, quelle nebbie

La nipote ha telefonato per annunciare l’arrivo delle prime nebbie nel nostro paese. Nebbie polesane, ha detto, sapendo che avrebbe acceso i miei ricordi. Infatti c’è quasi un rapporto psicologico tra me e quella” aria grigia” che si espande sulla campagna e, strisciando in un’alba di primo autunno comincia a conquistare i campi appena arati dove le grandi e oscure zolle scavate dall’aratro attirano chiassose e fameliche orde di gabbiani cacciatori di vermi.
In trent’anni vissuti in provincia di Rovigo, la nebbia è stata la compagna silenziosa di tutti gli inverni e confesso che ancora ragazzo mi piaceva. Camminare in quei veli umidi e aggressivi mi eccitava, cioè esaltava l’immaginazione che tendeva al fantastico.
Non, mi faceva paura, almeno fino a quando non ho dovuto affrontarla in auto: marciavo in quel ventre gassoso e umido fino alla scuola e, più avanti fino alla stazione dove il treno per Rovigo appariva mostruosamente nero sibilando come una creatura infernale.
Un “souvenir” tipicamente polesano

A volte chiedevo a mia madre di mandarmi in paese per la spesa: ci andavo con la sua bicicletta. Ah, l’emozione di saettare in discesa dentro il muro grigio e oscuro: un’avventura infantile che non teneva conto di possibili pericoli.
Più diventavo grande, più trovavo bellezza e poesia in quel fenomeno meteorologico particolarmente intenso in quel frammento di pianura racchiusa tra due fiumi, il Po e l’Adige, per non dire degli infiniti canali, scoli e conduteli frutto della storica bonifica.
Ho trovato in un vecchio appunto le parole che definiscono il mio rapporto con la nebbia: la nebbia è creativa, materna, è complice, fantastica; nella nebbia si sogna, si fugge, si ama, si diventa clandestini, ci si trasforma in maschere; apparizioni trasfigurate: un cane, un gatto, una lepre che attraversa la via. Le persone che incontriamo non hanno identità e quindi con ogni identità possibile e impossibile.
Nebbia come materia che alimenta il nostro sognare e fantasticare.
Variazioni polesane
Poesia
Divora vapori dispersi
Questo sole ottobrino,
con raggi ancora estivi
scioglie -famelico –
uno strascico di nebbia.
Un’ultima farfalla
mi precede e mi guida
per dieci passi, gialla.
Poi svanisce nel cielo
anche per me senza fine.
Anonimo 25


















































































Da vero poeta hai evidenziato i lati misteriosi e anche tanto fotogenici delle nostre nebbie in Val Padana. Poi nella vita pratica di tutti i giorni le cose cambiano: non vedere dove portano le strade che devi percorrere, non accorgerti dei pericoli che puoi incontrare, può provocare, c’è chi ne sa qualcosa, delle conseguenze tutt’altro che positive … purtroppo ! I famosi due lati della medaglia.