Il destino del mare è il titolo del racconto che ha vinto il secondo premio ex aequo , insieme al racconto Il mondo di Luca di Domenico Tonziello, alla terza edizione del concorso nazionale “Vi racconto una storia…”, promosso da associazione Rete Malattie Rare odv (https://retemalattierare.it/). La cerimonia di premiazione, tenutasi a Mestre il 5 giugno scorso, è realizzata in collaborazione con Gianni D’Andrea, co-organizzatore dell’iniziativa, e Andrea Sperandio, presidente di Mestre Mia, ha visto la partecipazione della presidente di RMR odv, Riccarda Scaringella, e dell’attivista veneziana Renza Barbon Galluppi. Protagonista del racconto di Rosario Cascone un bambino di 10 anni che arriva in Sicilia dal Marocco a bordo di un barcone di disperati… L’autore, con coraggio e forte empatia, ha scelto di dare voce a chi non ha voce, di parlare a nome degli oppressi per raccontare una storia di speranza.
Le motivazioni della giuria per il secondo premio ex aequo a Cascone, la vittoria della speranza

“Un racconto che è la dimostrazione di quanto Amartya Sen, premio Nobel per l’economia 1998, ha dimostrato – recitano le motivazioni del premio formulate dalla giuria composta da esperti di letteratura e di Malattie Rare e Disabilità -. Le narrazione rappresenta la libertà individuale di acquisire lo star bene. Said, il protagonista, ha vinto, hanno vinto, con lui, tutti coloro che lo hanno salvato, così come la sua famiglia siciliana: vivere con la speranza di un futuro migliore, avere una seconda possibilità, voler essere come le persone che salvano altre persone… Grazie Said, grazie a tutti gli Antonio e le Marie per aver dato una seconda possibilità!”
La giuria della terza edizione del concorso: esperti veneziani e di livello nazionale

Nel corso della premiazione, tenutasi il 5 giugno scorso a Mestre, le opere premiate sono state lette e commentate dalla giuria composta dal presidente, Andrea Maurin, collaboratore del settimanale diocesano Gente Veneta; Maurizio Scassola, medico di medicina generale, già presidente Ordine dei Medici di Venezia; Michela Calmasini, pediatra, già responsabile del Centro Territoriale Malattie Rare dell’Azienda Ulss 3 Serenissima; Donatella Tenderini, insegnante veneziana, scrittrice e poetessa; Valter Arnaldo Esposito, giornalista e autore di romanzi gialli e di raccolte di poesia; Sabrina Grigolo, infermiera specializzata in bioetica e metodologia della ricerca clinica; Ilaria Parlanti, scrittrice e attrice affetta da una malattia rara.
Il profilo di Rosario Cascone

Rosario Cascone vive a Salerno, con la moglie, i suoi due figli e la nipotina Ginevra.
Dal 1980 al 2020 è stato in servizio al Comando di Polizia Municipale di Angri, dove ha ricoperto per diversi anni anche il ruolo di Comandante.
Da qualche anno è in pensione e si dedica alla poesia, che ritiene la più importante forma di comunicazione dell’animo umano.
A marzo 2022 ha pubblicato una raccolta di poesie intitolata Tentativi di Poesia attraverso me, edita dal Centro Iniziative Culturali di Angri.
Ha partecipato con successo a numerosi concorsi letterari in varie città italiane; le sue poesie sono inserite in varie riviste e antologie, tra cui Canto d’Amore, pubblicata da Oceano edizioni di Bari, a cui hanno preso parte poeti italiani, rumeni, brasiliani e palestinesi.
Di seguito la pubblicazione integrale del racconto vincitore. Seguirà nei prossimi articoli anche la pubblicazione delle altre opere premiate (la scorsa settimana abbiamo pubblicato le poesie premiate).
Il destino del mare di Rosario Cascone

Sono arrivato in Italia quando avevo dieci anni, su un barcone sovraccarico di anime in fuga dal Marocco, con la speranza di un futuro migliore. Mi chiamo Said e questa è la mia storia. Ricordo il sapore del sale sulle labbra, il vento gelido sul viso e il terrore negli occhi di mia madre, di mio padre e della mia sorellina Amina. Il mare era scuro e ostile, agitato come se volesse respingerci. Le onde, alte come montagne, minacciavano di inghiottirci. Poi accadde l’inevitabile.
Un’onda gigantesca, il naufragio. Inizia così il racconto di Cascone

Un’onda gigantesca colpì la nostra imbarcazione. Sentii urla strazianti, vidi mani tese nel vuoto e corpi risucchiati dalla furia del mare. Cercai di aggrapparmi a mia madre, ma l’acqua ci separò. Mio padre tentò disperatamente di mantenere Amina a galla, ma la corrente era troppo forte. Vidi i loro volti per l’ultima volta, mentre l’acqua li trascinava via. Rimasi aggrappato a un pezzo di legno, galleggiando tra i relitti della nostra speranza infranta. Mi salvarono i militari della Guardia Costiera italiana. Mi tirarono su, mi coprirono con una coperta termica e mi sussurrarono parole che non capivo, ma capivo i loro occhi: pietà, dolore, impotenza. Mi portarono in un centro di accoglienza, dove trascorsi quasi un anno di solitudine, di notti insonni popolate da incubi e di domande senza risposta: perché mi sono salvato io e non loro?
L’adozione di Said da parte di una famiglia siciliana

Poi arrivò la mia seconda possibilità: una famiglia siciliana decise di adottarmi. Antonio e Maria mi accolsero nella loro casa di Palermo, trattandomi come un figlio. Antonio era un medico di base e Maria un’insegnante. Mi diedero affetto, sicurezza, una nuova lingua da imparare e, soprattutto, una scuola da frequentare. Fu lì che scoprii la mia vocazione. La prima volta che entrai in un ospedale per una visita medica, rimasi affascinato dai dottori in camice bianco, uomini e donne che salvavano vite. Volevo essere come loro. Studiai con passione e dedizione, avvicinandomi sempre di più al mio sogno. Vinsi borse di studio, mi laureai in Medicina e mi specializzai in chirurgia. Ma il mio passato era sempre lì, scolpito nella mente: l’acqua nera, le grida disperate.
Il dottor Said salva la vita di un bambino

Un giorno, mentre lavoravo in ospedale, arrivò un bambino di dieci anni in fin di vita, vittima di un incidente stradale. Era un caso disperato. Dieci ore in sala operatoria, un’operazione delicatissima, un team medico che lavorava senza sosta. Alla fine, ci riuscimmo. Quando uscii dalla sala operatoria, il peso di quelle ore si sciolse in un sorriso. Il bambino era salvo. Ma quando i suoi occhi si aprirono, vidi qualcosa che mi tolse il fiato: erano gli stessi occhi di mia sorella Amina. E in quel momento, capii. Forse mi ero salvato per questo. Mentre osservavo il bambino respirare con fatica, un’emozione intensa mi travolse. Era come se il mio dolore avesse trovato uno scopo. Uscii dalla stanza e trovai i suoi genitori in attesa. La madre si alzò di scatto vedendomi arrivare. Dottore, mio figlio? Sorrisi e, con un nodo in gola, dissi: Ce l’ha fatta. È salvo.
L’abbraccio tra due salvatori

La donna scoppiò in lacrime, mentre il padre, un uomo sulla sessantina, mi abbracciò forte. Fu in quell’abbraccio che avvenne qualcosa di inspiegabile: un déjà-vu improvviso. Lei… mi ricorda qualcuno, dottore, disse con voce incerta. Anche lei mi sembra familiare, ammisi. L’uomo esitò, poi abbassò lo sguardo e mormorò: Io ero nella Guardia Costiera. Ho salvato tante vite…”
Era sulla nave, che recuperava i superstiti nel naufragio del 2002? chiesi, con la voce tremante. Lui annuì: Ho visto tanti volti, troppi volti. Ma uno… uno non l’ho mai dimenticato. Un bambino, solo, aggrappato a un pezzo di legno. Piangeva, tremava. E poi? sussurrai. Non riuscivo a dimenticarlo. Ho chiesto dove lo avessero portato, sono andato a trovarlo nel centro di accoglienza. Portavo vestiti, cercavo di farlo sorridere. Poi un giorno, mi dissero che una famiglia l’aveva adottato. Ho sperato che fosse felice, ma non l’ho mai più rivisto. Il mio nome è Said, dissi, con il cuore in gola. Said… ripeté lui, incredulo. Tu eri il bambino che ho salvato… eri tu.
Incroci di vite e rinascite nel racconto di Cascone

Sentii il petto riempirsi di calore. Non potevo credere a quello che il destino aveva orchestrato per noi. L’uomo si avvicinò lentamente e mi abbracciò di nuovo. Era l’abbraccio di un uomo che, vent’anni prima, aveva fatto tutto il possibile per ridarmi una possibilità. Mi scostai e lo guardai negli occhi. Io ho sempre pensato: perché mi sono salvato io e non loro? Credo di aver trovato la risposta, dissi: Io mi sono sempre chiesto se tu fossi riuscito a essere felice. E ora so che il mare non ti ha portato via, ma ti ha dato la possibilità di diventare ciò che eri destinato a essere. Le lacrime rigavano il volto di sua moglie, che ci osservava in silenzio.
Ci sedemmo accanto, a pochi metri dalla stanza dove il bambino dormiva. Parlammo per ore, raccontandoci le nostre vite dopo quel giorno. Lui mi disse che, dopo il pensionamento, aveva sempre vissuto con la speranza che il mare non avesse portato via i suoi ragazzi. Io gli raccontai della mia nuova famiglia, della mia passione per la medicina.
Cascone e il mare che restituisce ciò che ha preso

Quando infine tornammo a vedere il bambino, lui dormiva sereno, con un respiro regolare. Guardando quel piccolo essere umano che aveva lottato tra la vita e la morte, sentii che tutto aveva avuto un senso. Il destino aveva voluto premiare entrambi. Mi avvicinai al lettino e accarezzai piano la fronte del piccolo paziente. Poi guardai il suo papà, il mio eroe di un tempo, e sorrisi. “Grazie per avermi salvato”. Grazie a te per aver salvato mio figlio, rispose lui. E in quel momento, capii che il mare, per quanto crudele, sa anche restituire ciò che ha preso.