La domenica prima di Natale a Fiesso d’Artico, provincia di Venezia, ho visto nascere un bosco in mezzo a campi bonificati e arati per l’inverno,in una zona abbastanza prossima al centro del paese. Ci ha invitato all’evento Silvana, amica di lunga data mia e di mia moglie Elisa. Convinta ambientalista, ma ancor più sostenitrice della necessità che ciascuno faccia la propria parte per aiutare la natura ad aiutarci, Silvana ha pensato di acquistare due campi di terra in comune di Fiesso d’Artico e di trasformarli in un bosco. Ha deciso anche di dedicarlo alla memoria del marito Francesco, originario di questo paese, scomparso prematuramente nel 1999 a causa di quello che “pudicamente” viene chiamato brutto male (ma in realtà di “ male bello” io non ne conosco uno) e che colpisce alla cieca, senza badare né all’età, né alla storia della persona colpita.
Come nasce un bosco

Elisa ed io conoscevamo Silvana e Francesco fin da prima che si unissero e con loro, con altri genitori e con l’insegnante di educazione fisica della scuola media di Mira, abbiamo percorso in pullman gli infiniti chilometri che ci dividevano dalla Svezia per accompagnare una dozzina di ragazze e nostro figlio Nicolò (allora undicenne,il più giovane della compagnia) ad alcune gare di “orienteering” e ad una ecologica permanenza nei boschi della patria di questo sport.
Silvana partecipava alle gare, Francesco si dedicava, come aiuto cuoco, al sostentamento di un branco di lupi sempre in movimento e di conseguenza affamati.
Tornati a Mira, dopo aver fatto tappa per un evento sportivo anche a Praga, per circa un mese abbiamo rivisto più volte Francesco verso sera quando, portando a spasso la loro cagnetta, passava davanti alla nostra casa e non ci faceva mancare il suo saluto.
Un bosco per Francesco

All’improvviso l’incontro serale è venuto meno e qualche giorno dopo la notizia: “Francesco è ricoverato in ospedale, ma non c’è speranza….” Correva l’anno 1999
Ho raccontato questa storia nella canzone “Caro Francesco” (i lettori potranno ascoltare la canzone al termine dell’articolo).
Ora per ricordarlo sta nascendo un bosco. Il primo atto del progetto di riforestazione della Riviera del Brenta.
Cosa potevo fare io

Alla notizia che stavano per essere impiantati 757 tra alberi e arbusti grazie al lavoro di una ventina di volontari, mi sono chiesto cosa potevo fare io per partecipare in qualche modo all’iniziativa. Ho scambiato alcune idee con Elisa e – escluso che potessi occuparmi dell’impiantamento, poiché sarei stato più di disturbo che utile, vista la mia limitatissima confidenza e resistenza con siffatte attività – ho proposto a Silvana di portare la nostra solidarietà con una presenza musicale e canora da tenersi in loco alla fine del lavoro, mentre giravano panini, bicchieri riempiti di varie bevande, curiosi che si avvicinavano per capire cosa stesse succedendo, altri che davano qualche solido contributo alla meritata merenda.
Cercando di far funzionare un minimo di amplificazione piantata sul fango e intonando canti di origine popolare abbiamo salutato e, a modo nostro, ringraziato tutti quelli che sul fango c’erano stati per alcune ore, assolutamente indispensabili per assicurarci in un futuro abbastanza prossimo che, nel nome di Francesco Barina e grazie alla forte convinzione di Silvana e del gruppo di volontari di opzione zero, in Riviera del Brenta i nostri figli e nipoti potranno giocare in un vero bosco nato da una bella storia d’amore e
di impegno sociale.
Davvero molto emozionante e costruttivo questo progetto con la speranza di poter trovare un mondo migliore. Brava Silvana.