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Home Cultura I nostri fumetti

Daitarn 3: 43 anni e non sentirli

Ettore Vianello di Ettore Vianello
27 Ago 2023
Reading Time: 15 min
Daitarn 3: 43 anni e non sentirli
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“Uno per tre e tre per uno perché/Insieme noi usciamo sempre dai guai”. Queste parole dovrebbero già bastare a smuovere una inarrestabile valanga di ricordi. Riportandoci, alla velocità della luce, alla nostra infanzia quando aspettavamo con ansia davanti al televisore il momento di sentire le prime note di una sigla che ben presto sarebbe diventata un cult. Stiamo parlando proprio di loro, del trio all’erta e pieno di brio di Daitarn 3 che proprio quest’anno ha compiuto 44 anni e se noi abbiamo risentito del peso dei decenni trascorsi loro non sembrano invecchiati di una virgola.

La serie

Daitarn 3 è una serie anime prodotta dalla Sunrise e ideata da Yoshiyuki Tomino (già conosciuto e amato per aver dato vita ad uno dei robottoni più famosi di sempre, Gundam) con il mecha design di Kunio Ōkawara. La storia inizia nei primi anni del XXI secolo, dove i Meganoidi, cyborg creati su Marte dal professor Haran Sozo, sono sfuggiti al controllo di quest’ultimo e capitanati dal cattivissimo Don Zauker e dalla sua sacerdotessa e interprete Koros si prefiggono lo scopo di schiavizzare l’umanità trasformando, poi, i suoi migliori elementi in Meganoidi. Il nostro eroe di turno è lo scapestrato Haran Benjo, figlio di Sozo, alla guida del gigantesco robot Daitarn 3, affiancato dalle assistenti Beauty e Reika, il piccolo Toppy e il maggiordomo Garrison.

Chi è Daitarn 3

Forse non tutti sanno che il Daitarn 3 è uno dei mecha più alti mai ideati ma non il più alto in assoluto. Con i suoi 120 metri di altezza è battuto solo dal Danguard Ace di Leiji Matsumoto (200m) e dal Gunbuster dello studio Gainax (250m). Non è solo la stazza ad essere importante, oltre a fare sfoggio di ben 15 tipi di armi la sua forza è dovuta anche alle diverse configurazioni. Sono tre per l’esattezza (grazie per la segnalazione a Thomas Scalera), che può assumere e che permettono una notevole versatilità nel combattimento. Oltre alla sua forma base che ricorda piuttosto vagamente un’armatura tradizionale giapponese, Daitarn può avvalersi di un modulo carro armato dotato di due potenti cannoni. Poi un modulo spaziale per i combattimenti oltre l’atmosfera terrestre ed il classico modulo aereo quando necessita di alzarsi in volo. Ecco di seguito l’analisi di Thomas Scalera.

L’espressività

Il robot di Haran Benjo non poteva essere da meno del suo affascinante e a volte buffo protagonista. E’ infatti uno dei pochi nel suo genere a possedere una mimica facciale. Se all’inizio restavamo un po’ spiazzati nel vedere un robot sogghignare e fare facce buffe ci siamo ben abituati alla cosa. E non riusciremmo più a pensare ad un Daitarn più “formale”. Dopo di lui un’altro robot si diede alla mimica, era il Trider G7 di Hajime Yatate, pseudonimo assunto dallo staff creativo della Sunrise, che arrivò sugli schermi qualche anno dopo.

L’importante è non prendersi troppo sul serio

Quanti di voi si erano accorti che in alcuni punti la serie sembra fare il verso a precedenti produzioni del medesimo genere? L’umorismo è di sicuro una delle caratteristiche maggiormente presenti all’interno dell’anime e spesso ne detta il ritmo, ma come si fa a resistere dallo sbellicarsi dalla risate quando, ad esempio, durante l’episodio 20 Benjo smaschera senza troppe difficoltà i due meganoidi che avevano assunto le sembianze di Beauty e Reika dicendo “Non hanno lo stesso vestito di sempre”, facile umorismo sul vestiario dei protagonisti di questi anime che nascono e probabilmente muoiono con gli stessi abiti senza mai provare nemmeno l’ebrezza di un pigiama prima di andare a dormire.

Daitarn 3 e le citazioni

Yoshiyuki Tomino deve essersi divertito un bel po’ nella stesura della trama degli episodi, tanto che tra l’umorismo e l’azione li ha disseminati di piccole citazioni e richiami di cinema, letteratura e fumetti. Qualche esempio? Nel decimo episodio Benjo viene sfidato a prendere parte ad un film di kung fu da un attore scopertosi poi un generale meganoide facendo il verso a Bruce Lee, oppure la base dei nemici cyborg dell’episodio 32 non vi sembra estremamente simile alla Morte Nera? Per non parlare del 36 dove il nostro spavaldo protagonista viene torturato psicologicamente dal malvagio Phroid, chiara parodia del celebre Sigmund Freud.

Anche i Meganoidi hanno un cuore?

Cosa sono veramente i Meganoidi? La risposta va cercata sollevando per un attimo il velo di umorismo che ricopre la serie. Questi cyborg che una volta erano umani si ergono ad élite decidendo di creare un proprio impero dove piegare al proprio volere tutti coloro che reputano Inferiori. Anche qui la serie fa qualcosa di differente rispetto a tante altre. Ci mostra in vari episodi il cattivo, con il suo carico di malvagità, mettendoci davanti a flashback del sul suo vissuto. Offrendo un accenno di approfondimento psicologico a cui di certo non eravamo abituati. 

Avere un’anima

Il cattivo ha un’anima? Certo che sì, non è un pupazzo vuoto in mano agli sceneggiatori ma un personaggio vivo che offre e lascia il segno in una storia che si rivela essere molto di più di quello che ci aspettavamo, chiudendosi in un finale agro che parla di amore, rancore e di quell’istinto di sopravvivenza che caratterizza una specie.

Trama di Daitarn 3

All’inizio del XXI secolo, strani avvenimenti e misteriose sparizioni di persone iniziano ad accadere sulla Terra. Dietro ci sono i Meganoidi. Cyborg creati su Marte dal professor Haran Sozo, sfuggiti al suo controllo. A capo della loro collettività ci sono il malvagio Don Zauker (Don Zauser nell’originale giapponese). Un robot dalla struttura fisica primitiva con un cervello umanoide, che si esprime in modo inintelligibile. E Koros, la sua sacerdotessa e interprete. Un’inquietante cyborg femminile dal fascino glaciale.

I meganoidi

I Meganoidi vogliono schiavizzare l’umanità e trasformare i “migliori” esemplari in Meganoidi. Hanno sviluppato una tecnologia sorprendente con la quale hanno realizzato le Macchine della Morte, una strana sorta di astronavi/robot, spesso dotate di immense mani, che rende i Comandanti Meganoidi in grado di trasformarsi in Megaborg, enormi robot da combattimento.

Haran Banjo o Banjo Haran?

A contrastare i loro piani c’è Haran Banjo, il figlio del professor Sozo, che pilota il gigantesco robot trasformabile Daitarn 3. Lo affiancano Garrison Tokida (maggiordomo tuttofare) e Beauty Tachibana (bionda mozzafiato, figlia di un famoso imprenditore ex-socio in affari del padre di Banjo). A loro presto si aggiungono Reika Sanjo (ex agente dell’Interpol) e il piccolo Toppy (orfano salvato da Reika nella seconda puntata). La trama si sviluppa in maniera episodica. A poco a poco si svela il passato di Haran Banjo, la sua spettacolare fuga da Marte con i Meganoidi alle calcagna e le ragioni del suo odio per loro. Una serie di mirabolanti avventure e combattimenti, che spaziano dalla fantascienza all’avventura e all’horror, conducono Banjo e i suoi compagni a sostenere la battaglia finale, nel disperato tentativo di sventare il folle piano di Koros e di sconfiggere il suo ultimo, potentissimo avversario, Don Zauker, che vuol far collidere Marte con la Terra.

Tecnologia di Banjo

Banjo dispone di un videotelefono da polso, che utilizza essenzialmente per comunicare con la base ed è armato con una AutoMag M-180 calibro .44AMT che a differenza della pistola reale è anche trasformabile in un fucile.

La Mach Patrol

La Mach Patrol è il veicolo trasformabile di Haran Banjo: in configurazione “Auto” è apparentemente una semplice auto; in configurazione “Aerosistema” (nella versione originale il veicolo è chiamato Mach Attacker quando è in questa configurazione) si trasforma in aeromobile. Può essere alloggiata in un hangar tra le gambe del Daitarn 3.La configurazione auto stradale è ispirata alla Ford Mustang dell’epoca. Grazie per la segnalazione a Luca Capozzi che ci ha fornito anche una splendida immagine della macchina che ha ispirato la Match Patrol, oltre ad averci segnalato che sono 44 anni dall’uscita e non 45. Grazie Luca.

Quante storie e leggende attorno a Daitarn 3

È in assoluto uno degli anime robotici più amati in Italia, insieme a Goldrake e Jeeg. Ma Daitarn 3 non ha avuto una vita altrettanto semplice in patria, e da più di quarant’anni gli appassionati discutono ancora del suo criptico finale.

Daitarn 3 e l’attacco solare

L’imbattibile Daitarn 3 come ogni robot che si rispetti ha la sua arma finale. Se vogliamo esagerare, Daitarn 3 è il primo robot ecologico dal momento che come arma distruttiva si avvale del Sole? Volete vedere come faceva?

Un successo quasi solo italiano

In Italia Daitarn 3 e Banjo sono figure ormai entrate nella storia. Questo grazie anche alle tante repliche sulle tv private. Ma non solo i protagonisti, ma anche i nemici hanno per la loro dimensione ironica ottenuto lo stesso successo. Basta pensare alla band dei Meganoidi o ai fumettisti Emiliano Pagani e Daniele Caluri per il loro Don Zauker che con Banjo no ha nulla a che fare. In Giappone, però, le cose sono andate in modo molto diverso. Gli ascolti della serie, per tutte le sue 40 puntate, sono stati molto bassi. Terminata la serie, nel ’79, di Daitarn non si è visto praticamente altro. Rispetto alle creazioni di Go Nagai il nostro Daitarn è finito nel dimenticatoio. Allora consoliamoci con chi, scanzonando anche la municipale, tifava per i meganoidi!

Meglio di James Bond e sempre circondato da bellezze mozzafiato

Daitarn 3, come detto, è una serie di citazioni che vanno da Star Wars, omaggiato più volte, a Freud. I comandanti meganoidi che si trasformano in Megaborg prendono spunti da personaggi diversi. Da Biancaneve, i super-eroi USA, le stelle del cinema di Hong Kong e quelle di Hollywood, con il biondo Jimmy Dean. Lo stesso Banjo (Haran è il cognome, ricordiamolo) gioca di continuo a fare il James Bond. Reika è un’ex agente dell’Interpol, la svampita Beauty chiaramente una Bond Girl. Il maggiordomo Garrison, invece, ricorda l’Alfred di Batman.

Daitarn 3. Il primo robot con le espressioni facciali

Tra i tratti caratteristi del Daitarn c’è la mimica facciale: è uno dei pochi robot, insieme a Trider G7 (arrivato due anni dopo) ad assumere tutta una serie di espressioni per commentare quanto sta accadendo. Dalla sofferenza alla risatina ironica, il nostro ero assume un’espressione seria solo quando deve lanciare l’attacco solare e negli ultimi episodi quando se la vede direttamente su Marte con i super cattivoni.

La sigla di Daitarn 3

La bellissima sigla è stata scritta da Luigi Albertelli e Vince Tempera e interpretata da I Micronauti, pseudonimo usato dallo stesso Tempera per le sigle da lui curate. Quella di Daitarn, in particolare, era cantata dai fratelli Balestra, un’ex cover band di Crosby, Stills, Nash & Young che ha inciso altre sigle celebri come Candy Candy, Starzinger, Koseidon… Una cover di Daitan III è stata eseguita spesso dai Subsonica durante i loro concerti. Già che ci siete ascoltate la versione dei Peter Punk. e poi quella dei Subsonica.

Come può cambiare un doppiaggio

Esistono due doppiaggi di Daitarn 3, quello storico dell’80 e quello Dynit del 2000. Nel secondo la voce di Banjo è di Massimo De Ambrosis. Beauty non ha più quella di Rosalinda Galli (Lamù, Venusia), ma un’altra voce storica dell’animazione in Italia, Georgia Lepore. La differenza principale tra i due doppiaggi sta nella traduzione. Un po’ troppo libera in diversi punti nel doppiaggio storico, come accadeva spesso all’epoca. Questo ha un suo peso soprattutto nel finale, che non è affatto scanzonato come il resto della serie e ribalta – alla Tomino – la situazione, mettendo in altra luce i protagonisti. Tanto che il finale rimane aperto a diverse interpretazioni. Poi con il riassunto in giapponese è una chicca fantastica.

Ma il finale di Daitarn3?

Tra i meganoidi ci sono anche i buoni. Questo lo abbiamo capito tutti. Mentre Banjo sembra cambiare il suo carattere scanzonato come se dovesse a tutti i costi vendicarsi di qualcosa o qualcuno (il padre creatore dei meganoidi) ma anche come se avesse un conto sospeso con Koros. Cosa riusciamo a capire? Che Don Zauker è un robot con cervello umanoide che guida i cyborg e Koros la sua sacerdotessa e interprete personale. Tutto chiaro? A me mica tanto.

Almeno facciamo un tentativo

Grazie al nuovo doppiaggio si intuisce che il padre di Banjo e Don Zauker sono la stessa persona e che Banjo si pente di aver ucciso Koros, che forse era l’amante del padre. Di sicuro Koros ha manovrato Don Zauker, null’altro che un vegetale, per tutto il tempo. Banjo a ogni modo, dopo averle sparato non le dice più “Hai avuto quello che ti meritavi, maledetta”, come nella vecchia versione, ma “Ma che cosa ho fatto?”. Non proprio la stessa cosa. L’eroe ha trascinato tutti in una guerra propria per vendicare i suoi cari. Guerra anche inutile dal momento che i meganoidi creati dal padre erano destinati non alla conquista ma all’esplorazione dello spazio. La sequenza che vi proponiamo (con lo storico primo doppiaggio italiano) è di quelle da annoverare nel climax dell’animazione giapponese di genere mecha di fine anni ’70. Eroe contro nemico faccia a faccia. Una battaglia che riserva più di un colpo di scena durante l’episodio 40. L’ultimo della serie.

Normale che Reika e gli altri, eliminati i cattivi, abbandonino l’eroe. E se ne vanno, lasciando la villa. Dov’è Banjo? Quella luce che si intravede a una finestra è solo un riflesso, o lui è rimasto in casa? La risposta di Tomino è che non c’è una risposta.

L’autore

L’autore spiega che Koros è morta perché era un personaggio che amava molto e a cui voleva dare una fine diversa dalla trasformazione in Megaborg. E che tutte le questioni irrisolte dell’anime devono restare tali, perché la spiegazione finale nella sua concezione è molto lontana dal modo di concepire gli anime, soprattutto dell’epoca. Insomma, Banjo è dove ognuno se lo immagina. Allora perchè non vederlo con i suoi capelli verdi a rimorchiare con la sua Match Patrol in qualche isola caraibica con Garrison che rosica e serve cocktail? Oppure in silenzio perchè, come direbbe Tex a Kit Carson: “alla tua età certe cose fanno male”. Oppure come nella buona tradizione di Nick Carter del compianto Bonvi, “l’ultimo (in questo caso Garrison) chiude la porta. “Un, due, tre Daitarn 3!”

Le sigle di Daitarn 3

E per chi ancora rimpiangesse quei tempi ecco i video della prima battaglia, della trasformazione, e tante altre curiosità. ecco una compilation di video, compresa tutta la storia in 8 (si esatto 8) minuti.

Un, due, tre, Daitarn 3

Poteva mancare l’intervento del vecchio nerd?

Il nostro amico, fan sfegato e grande cultore di manga ci spiega perchè il protagonista non è umano. Curiosi? Allora guardate il video con le sue spiegazioni

Tags: Animebeautydaitarn 3garrisonharan banjoreika
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