Viviamo ai tempi della tempesta mediatica che noi chiamiamo semplicemente la comunicazione umana ignorandone la complessità planetaria, una specie di velo oscuro che ricopre la Terra e il nostro destino di terrestri con un fittissimo reticolo, tanto reale quanto invisibile.
È la grande Rete, e non si tratta di una metafora ma di una struttura fisica che arriva fino a ciascuno di noi e ci mostra la sua vastità ma anche le sue fratture, i filoni sotterranei e segreti, i rivoli della comunicazione privata.
Si comunica in una direzione, e c’è lo scambio fertile e necessario solo quando possiamo dire di aver trasmesso e ricevuto qualcosa. Ma non sempre chi comunica riceve una risposta, e in quei casi si tratta di autentici SOS che vagano nell’etere senza risposta.
Quella voce fuori dal coro
Dico questo perché nei giorni scorsi il caso mi ha fatto incrociare una voce sfuggita al grande bla bla elettronico e labirintico della comunicazione… È un documento intimo, una lettera scritta da una donna veneta trapiantata di midollo osseo che chiama il suo donatore anonimo e lontano per esprimergli la sua riconoscenza per il dono “prezioso e immenso” che le ha permesso di continuare a vivere, di ri-nascere.
“Non è facile” gli dice a un certo punto, “farti capire attraverso la scrittura quello che ho provato e provo tutti i giorni quando penso a te, perché, sì, non c’è giorno che io non ti dedichi un mio pensiero”.
“Tu, il mio uno su centomila! Questo alla fine ci rende unici, mio fratello gemello (adesso ho anche il tuo gruppo sanguigno), anche se non ci incontreremo mai, ma è giusto così”.
In un crescendo di emozioni, le ultime parole della lettera sono: “Grazie per sempre… Ciao anima mia”.
Che dire? Anche noi, oggi, abbiamo l’occasione di accogliere questo messaggio in bottiglia nel suo significato vivo e straordinario.
P. S.: Grazie, mamma Luciana, per averci accolti nella sua umanissima avventura famigliare.
Cammina, cammina
“Fa bene, lo so, ma camminare alla mia età diventa un problema, e lo può constatare anche lei, basta guardarsi attorno: bastoni, carrozzelle, deambulatori… Sa una cosa? Per noi vecchi sono gli anni che camminano, anzi sembrano addirittura correre!”
La scena è il parco lungo il torrente Cismon a Fiera di Primiero (Trento) e chi parla è un elegante signore di Mestre che sta leggendo una pagina del Corriere della sera con il vistoso titolo Cammini, sostantivo plurale di cammino. Il parco è un ritratto delle diverse età dell’Uomo sintetizzato da un nonno che spinge la carrozzina del pronipote con a fianco la sua mamma.
Si cammina sempre e ovunque: camminare è un modo di vivere e, forse, una filosofia: sicuramente è un piacere fisico e mentale, un andare comunque, anche senza una meta. A questo proposito, il filosofo Norberto Bobbio ha scritto: “Se non ci si propone una meta, non ci si mette neppure in cammino”. Sì, lui parlava della vita, noi di passeggiate. Sapendo, dice il saggio, che si può camminare con la mente.
Il nome dell’estate
(poesia)
L’estate è un ritaglio d’ombra
nelle città affannate
L’estate è un’acqua di fonte
tra le nostre montagne
L’estate è un lago bluverde
che specchia il mondo
È anche la tempesta di vento
che ci oscura e travolge
Estate è, infine, il calore
della persona che ci ama.
Anonimo 2023
Quanto mi coinvolgono questi pensieri uniti formulati in parole semplici, pulite ed eleganti. Vorrei che continuino a scorrere, a commuovere e farci sentire parte di un periodo, di un posto, della vita nella sua attualità. Grazie Ivo di regalarci questi piccoli grandi gioielli di purezza!