Fiaccati dal boom degli affitti, dalle tasse, dall’insufficiente ricambio generazionale, dalla contrazione del volume d’affari provocato dalla storica concorrenza della grande distribuzione e, da qualche anno, anche dal commercio elettronico, gli artigiani stanno diminuendo in maniera spaventosa. Negli ultimi 10 anni, infatti, anche in provincia di Venezia il numero dei titolari, dei soci e dei collaboratori artigiani iscritti all’Inps è crollato di 4.172 unità (-14,5 %). In linea, peraltro, con la media nazionale. I dati sono dell’Ufficio studi della Cgia. Un’emorragia continua che ha colpito soprattutto l’artigianato tradizionale, quello che con la sua presenza, storia e cultura ha contrassegnato la crescita di una città e della sua provincia.
Serrande abbassate, città meno sicure

Basta osservare con attenzione i quartieri di periferia e i centri storici dei paesi e delle nostre città per accorgersi che sono tantissime le insegne che sono state rimosse e altrettante sono le vetrine non più allestite, perennemente sporche e con le saracinesche abbassate.
Bottan e gli artigiani

Afferma il Presidente della CGIA, Roberto Bottan: “Sono un segnale inequivocabile del peggioramento della qualità della vita di molte realtà urbane. Le città, infatti, non sono costituite solo da piazze, monumenti, palazzi e nastri d’asfalto, ma, anche, da luoghi di scambio dove le persone si incontrano anche per fare solo due chiacchere. Queste micro attività conservano l’identità di una comunità e sono uno straordinario presidio in grado di rafforzare la coesione sociale di un territorio”.
Meno artigiani, meno botteghe

Meno botteghe e negozi di vicinato, meno luoghi di socializzazione a dimensione d’uomo e tutto si ingrigisce, rendendo meno vivibili e più insicure le zone urbane che subiscono queste chiusure, penalizzando soprattutto gli anziani. Non disponendo dell’auto e senza botteghe sotto casa, per molti di loro fare la spesa è diventato un grosso problema.
I molti mestieri artigiani a rischio estinzione

Sono molti i mestieri artigiani in via di estinzione, le cause sono diverse: dal cambiamento dei comportamenti d’acquisto dei consumatori, alle nuove tecnologie che hanno messo ai margini del mercato tante attività manuali: per finire ai danni di una certa cultura dell’usa e getta che penalizza, penalizzando, in particolar modo, coloro che del riuso e della riparazione di oggetti e attrezzature hanno fatto una professione.
L’analisi della CGIA di Mestre

Ecco, secondo l’Ufficio studi della CGIA, i mestieri artigiani tradizionali in declino:
autoriparatori (verniciatori, battilamiera, meccanici, etc.);
calzolai;
corniciai;
fabbri;
falegnami;
fotografi;
lattonieri;
lavasecco;
orafi;
orologiai;
pellettieri;
restauratori;
riparatori di elettrodomestici;
sarti;
stuccatori;
tappezzieri;
tipografi;
vetrai.
C’è anche un lato positivo

Ci sono, però, anche settori artigiani che stanno vivendo una fase di espansione importante: quelli delle aree appartenenti al benessere e all’informatica. Nel primo, ad esempio, si continua a registrare un forte aumento degli acconciatori, degli estetisti, dei massaggiatori e dei tatuatori. Nel secondo, invece, sono in decisa espansione i sistemisti, gli addetti al web marketing, i video maker e gli esperti in social media. Purtroppo, l’aumento di queste attività è insufficiente a compensare il numero delle chiusure presenti nell’artigianato storico, con il risultato che la platea degli artigiani è in costante diminuzione.
L’Art. 45 della Costituzione e la tutela dell’artigianato

Secondo l’Ufficio studi della CGIA, non è da escludere che per evitare la desertificazione delle botteghe in atto soprattutto nei centri storici, fra qualche decennio lo Stato dovrà sostenere con finanziamenti diretti coloro che vorranno aprire una attività artigianale o commerciale. Altrimenti sarà molto difficile che qualcuno avvii una piccola realtà spontaneamente. “Prima di arrivare a questo punto di non ritorno – conclude Bottan – l’artigianato andrebbe tutelato, così come previsto dall’Articolo 45 della Costituzione”.
Qualche iniziativa interessante è stata sperimentata durante il Covid

In Italia, ad esempio, molti comuni si sono fatti carico dei costi per la consegna a domicilio dei prodotti acquistati nei piccoli negozi. Più in generale, comunque, andrebbero azzerate per queste attività di prossimità le tasse locali (Imu, Canone patrimoniale unico, Tari, Irpef, etc.) e attivati a livello comunale dei tavoli di concertazione, tra le associazioni di rappresentanza dei proprietari e degli artigiani, con l’obbiettivo di trovare degli accordi che garantiscano ai locatori che aderiscono all’iniziativa la possibilità di beneficiare di una serie di agevolazioni economiche che in parte andrebbero “riversate” sul locatario, abbattendogli il canone d’affitto. Per fare tutto questo, ovviamente, lo Stato centrale dovrebbe ogni anno trasferire ai Comuni le risorse necessarie per coprire le spese in capo a questi ultimi.