La Calabria è lontana, marginale, dimenticata. Come tutte le realtà marginali può ricevere attenzione solo quando riflette la luce d’altri, quando improvvisamente viene presa in un gioco di specchi che la riporta alla ribalta. Mai aveva ospitato un Consiglio dei Ministri. Mai era stata teatro di una tragedia dai connotati internazionali. Ma ciò che l’ha fatta rimbalzare nelle cronache è stata un’altra realtà lontana, marginale, dimenticata: il mondo sofferente e silenzioso dell’immigrazione e dei migranti. Delle persone che cercano, anche per mare, d’intravvedere un’altra vita, di affacciarsi su una nuova speranza, individuale e collettiva. Per sè e per i propri figli rischiando di perdere, come per tanti è avvenuto, la vita stessa.
Il problema dell’immigrazione

Queste due frange dimenticate si saldano tra loro in una brutta giornata di inverno, fuse in un abbraccio di solidarietà e di immedesimazione tra umanità dolenti ed escluse che da giorni porta i media di tutto il mondo ad attingere immagini dalla semplice compassione della gente calabrese, che qualifica e nobilita il nostro paese.
Un Consiglio dei Ministri nella cornice della tragedia

Qui si è tenuto il Consiglio dei Ministri, nella consueta cornice di istituzionale organizzazione, di programmato efficientismo e di preordinata collegialità. Consiglio che ha illustrato le misure urgenti assunte in materia di gestione del fenomeno migratorio, descritte in termini di innovatività risolutiva, ma che pur richiamano alla mente quanto già previsto da norme e dichiarazioni degli anni passati.
Focus principale del decreto è il contrasto ai trafficanti, i cosiddetti scafisti, prevedendo un severo inasprimento delle pene dell’art.12 della 286/98, favoreggiamento e sfruttamento dell’immigrazione clandestina, mediante l’introduzione di una nuova figura sanzionatoria – con una pena massima di trent’anni di reclusione – quando ne deriva la morte o lesioni gravi o gravissime della persona vittima di tratta.
La previsione deriva dall’applicazione di quanto già stabilito dall’art.586 del codice penale, morte o lesioni come conseguenza di altro delitto, estendendo al testo unico sull’immigrazione le previsioni generali del codice penale; scelta tecnicamente ineccepibile pur nella apparentemente eccessiva quantificazione sanzionatoria, che tende ad aggravare le sanzioni per chi opera il traffico mettendo a rischio la vita dei migranti.
Il problema dell’immigrazione non sono solo gli scafisti

Questa previsione appare peraltro schiacciata sulla repressione dei responsabili del trasbordo, che possono essere intercettati ed arrestati nelle fasi dello stesso o subito dopo, ma non agisce sulle cause e tantomeno sulla struttura del traffico, che si può contrastare con strumenti investigativi e giudiziari di altra natura. Per i quali è necessaria la strutturazione di intese operativo/istituzionali con gli apparati giudiziari ed investigativi dei paesi di partenza e di transito, sulla scorta di una rilevante attività di coordinamento politico internazionale di lungo respiro, anche a livello comunitario, della quale non si rinviene traccia e menzione.
La questione di un’immigrazione legale

Oltre alla parte sanzionatoria nel decreto di Cutro vengono apportate alcune modifiche alla durata di alcuni permessi di soggiorno, quelli per lavoro e per famiglia, portando la durate del rinnovo a tre anni che, sommata al biennio del primo rilascio, comporterà così la possibilità di richiedere la carta di soggiorno (o soggiorno Ue di lungo periodo), il titolo di soggiorno permanente, dopo i previsti cinque anni di permanenza legale. Una soluzione che, nel favorire questi cittadini stranieri, contribuirà anche a migliorare il complicato lavoro degli uffici stranieri da sempre alle prese con rinnovi brevi che hanno aumentato a dismisura il volume delle pratiche da assolvere.
Il Consiglio dei Ministri interviene poi modificando alcune previsioni del sistema delle quote d’ingresso, per il quale è stato precedentemente emanato il DPCM del 29 dicembre 2022, con il quale si sono previsti 82 mila ingressi, metà dei quali per lavoro stagionale, ossia lavoratori temporanei che terminato il proprio contratto di lavoro dovrebbero ritornare nel proprio Paese.
Il Decreto di Cutro

Sempre nel decreto di dicembre era stato previsto che la restante metà delle quote d’ingresso, circa 40.000 lavoratori, siano non stagionali. Cioè lavoratori che potranno rinnovare il proprio permesso. Dando prevalenza ai settori dell’autotrasporto, dell’edilizia e del turistico alberghiero, dell’alimentare, della meccanica e della cantieristica navale. Escludendo invece l’ambito della cura alla persona, le badanti, che notoriamente è una delle maggiori necessità delle quali risente il nostro paese.
Il decreto di Cutro prevede, a modifica del precedente, fissa una quota di ingressi preferenziali per i cittadini di paesi che si impegnino a campagne di informazione interne sulle difficoltà e pericoli dell’affidarsi ai trafficanti. Con la presumibile finalità di disincentivare le partenze clandestine. Viene in tal modo affidato all’auspicabile timore degli aspiranti migranti, il disincentivo a rivolgersi ai trafficanti. Senza peraltro prevedere un aumento o un semplificazione del sistema degli ingressi legali. Strumento più concreto ed affidabile per scongiurare le disperate corse nelle braccia delle organizzazioni criminali.
La ricerca di una soluzione per l’immigrazione legale

Si prevede anche una quota preferenziale di ingressi per cittadini stranieri formati o selezionati nel paese di origine. Riattivando una precedente disposizione del testo unico mai concretamente utilizzata. Che contempla l’organizzazione di specifici corsi formativi/selettivi, da tenersi nei paesi di provenienza, in particolare del Nord Africa, da sindacati ed associazioni di categoria.
Questo meccanismo, formalmente complesso ed impegnativo, mai decollato in passato per vari motivi interni, necessità di accordo programmatico ed organizzativo tra le associazioni di categoria ed i sindacati. Sia sulle finalità che sulle modalità realizzative, ed internazionali. Risultando infatti indispensabile stabilire accordi affidabili ed effettivi con i paesi interessati, attraverso la coincidenza degli interessi economici e politici complessi e mutevoli che questo comporta.
Risulta apprezzabile la previsione del Governo di riattivare questo canale di immigrazione legale, la cui effettività sarà comunque da verificare nei suoi risultati

Si riavvia inoltre il percorso, insterilito nel corso degli anni passati, della previsione della programmazione dei flussi. Riprendendo la suddivisione annuale sulla scorta di una programmazione triennale. Percorso già noto e che, nella sua formulazione originale, prevedeva la quantificazione e la suddivisione per quote nazionali. E per qualifiche, in sede di Conferenza Stato Regioni allargata alle rappresentanze datoriali e di categoria.
Nel complesso un insieme di misure riprese da vecchi schemi. Senza quella indispensabile rivisitazione ragionata che consentirebbe di prevedere esiti migliori rispetto al passato. Associate ad interventi repressivi – tra i quali l’internazionalizzazione della giurisdizione penale in materia. Che deriva dal prevedere la punizione di chiunque …procuri illegalmente.. l’ingresso nello stato .. o in altri stati del quale la persona non è cittadino. Con la notevolissima difficoltà tecnica ed operativa che questo implica – che risultano dettati più dalla volontà di accreditarsi come decisori risolutivi che da un’effettiva e serena valutazione del tema e delle vie per governarlo.
Partire dalla Calabria e dalla solidarietà per un’immigrazione legale

In una realtà che vede il nostro paese immerso in un Mediterraneo sul quale insiste il continente africano, che ha 35 dei 46 paesi più poveri del pianeta, con una superficie pari a dieci volte quella dell’India e oltre il triplo di quella cinese, con un età media di 18 anni a fronte di 45 italiani ed un reddito pro capite di 10.000 dollari a fronte dei 28.000 della media Ue, emerge con evidenza come solo la spontanea solidarietà umana del popolo calabrese possa fornire la base di partenza per un approccio ragionevole e corretto ad un problema epocale che non merita e non consente improvvisazioni.
