Le celebrazioni per il Beato Albino Luciani avvenute a Roma, Venezia e Canale D’Agordo il suo paese d’origine, non hanno messo del tutto in luce il carattere solido e montanaro del papa del sorriso. Entrato a 10 anni in seminario a Belluno e proveniente da una famiglia contadina di cultura socialista, il giovane Albino si fa sacerdote nel 1935 con una tesi teologica abbastanza scomoda all’epoca.
Un montanaro dalla testa dura
Era sul filosofo trentino Antonio Rosmini e su due libri ancora messi all’indice, ovvero di quelli proibiti dalla Chiesa. Il giovane Luciani pare avesse l’attitudine ad andarsele a cercare. “Delle cinque piaghe della Santa Chiesa” del 1849 e “La costituzione civile secondo la giustizia sociale” del 1854, furono oggetto della sua tesi sacerdotale. Due opere importanti, sia politicamente che ecclesiasticamente. Rosmini in terra asburgica simpatizzava per le idee liberali e democratiche e venne cacciato dal vescovo-principe di Trento. Fu amico di Alessandro Manzoni e Nicolò Tommaso. Secondo il Vaticano di allora voleva minare con la democrazia i fondamenti storici della Chiesa. E così ancora nel 1888, la Congregazione per la Fede condannò con le famose 40 proposizioni, le idee liberali e democratiche di Rosmini, pensate non aveva condannato del tutto la Rivoluzione Francese!
Il Papa Montanaro l’aveva intuito
Nel 1928 quando Luciani era un vispo seminarista sedicenne, il “rivoluzionario” Rosmini, fondatore dell’Istituto di Carità, morto nel 1855, fu collegato ad alcuni casi di guarigioni miracolose e non si volevano perdere le testimonianze di chi l’aveva conosciuto. Il giovane Luciani intuiva la “beatitudine”, non solo politica, del Rosmini. Fu solamente con Giovanni XXIII nel 1962, in pieno concilio e “rivoluzione liturgica” della Chiesa che si avviò la prima iniziativa per la causa di beatificazione. Bisognerà attendere il 2007 per fare di Rosmini un beato.
Luciani aveva avuto la vista lunga
Quando divenne docente di religione, prima ad Agordo e poi di teologia al Seminario di Belluno, cominciò la sua carriera curiale. Scrisse “Catechistica in briciole” e divenne persona importante nel Vescovado di Belluno. Non diventerà mai vescovo! Dissero i detrattori. Era stato rinchiuso in ospedale per tubercolosi, era troppo gracile. Una specie di body-shaming dell’epoca. “Ha la voce flebile, un aspetto dimesso e la bassa statura”, praticamente bocciato per la futura carriera. Fu nel 1958 con Papa Roncalli che venne nominato vescovo di Vittorio Veneto.
E qui comincia un’altra avventura del Papa montanaro
Pochi in questi giorni hanno ricordato “lo scisma di Montaner” nel Trevigiano, frazione di Sarmede di 1.200 abitanti. Siamo nel 1966, muore il vecchio parroco antifascista don Giuseppe Faè che aveva messo in salvo centinaia di partigiani in quella delicata area collinare prealpina. Amatissimo per il suo coraggio dai parrocchiani, Don Faè veniva da anni coadiuvato dal suo cappellano don Antonio Botteon. Gli abitanti di Montaner chiedono al vescovo di Vittorio Veneto che il fedele cappellano diventi parroco, al massimo vicario. Il vescovo Luciani spedisce, però, l’ignaro don Pietro Varnier. Verrà chiuso in soffitta dai parrocchiani! In più pensano di murare la porta della chiesa e tutte le entrate, sagrestia compresa.
Papa montanaro e testa dura
Luciani, in base al codice canonico che non ammette, salvo eccezioni secolari, l’elezione diretta del parroco, lancia un interdetto verso gli abitanti e la chiesa che vuole sconsacrata. Nel 1967 entrerà, accompagnato dalle camionette della polizia, dai carabinieri e dal vice-questore di Treviso, in chiesa, portando via, sempre scortato dalle armi, le ostie consacrate.
Lo scisma di Montaner è appena iniziato
Gli abitanti sono furiosi e decidono di farsi ortodossi. Il 29 dicembre 1967 entra in chiesa padre Euloghios Hessler che finirà poi in guai giudiziari per malversazione di denaro. Seguono altri parroci ortodossi, uno dei quali verrà accusato di orge omosessuali. A Montaner dopo oltre mezzo secolo c’è ancora la presenza ortodossa. Prima con il rito russo-polacco, successivamente assiro-nestoriano, oggi retta dal patriarcato ecumenico di Costantinopoli.
Un Papa montanaro che non si fa mettere i piedi in testa
Altro problema fu con i giovani veneziani della FUCI. Erano gli anni del referendum sul divorzio e i giovani universitari cattolici veneziani tra il 1973 e 1974 manifestarono idee progressiste e di apertura nei confronti della legge Baslini-Fortuna. Erano i tempi Dc di Fanfani, Andreotti, Rumor. La risposta del patriarca fu netta. La sede veneziana della FUCI, venne chiusa.
Stessa chiusura, senza repliche, per don Siro Cisilino, conosciuto sacerdote musicologo friulano che lavorava alla Fondazione Cini. Diceva messa “more antiquo” ovvero in latino secondo la tradizione gregoriana pre-conciliare. Chiesa affollata tutte le domeniche a San Simeon Piccolo, di fronte alla Stazione. Dura replica del patriarca: se vuole il sacerdote può celebrare la messa liberamente. Ma solo a casa sua!
Tanti si ricordano le prime parole da pontefice una volta saputa la sua elezione: sono diventato tutto rosso.
Il seminarista che leggeva Rosmini, aveva mantenuta la sua semplicità montanara.