È servito tanto rumore per spingere i giudici egiziani e concedere la libertà a Patrick George Zaki, studente iscritto presso l’Alma Studiorum di Bologna, che rischiava di rimanere in carcere per moltissimo tempo. Il giovane studente egiziano fu prelevato dagli organi di sicurezza egiziana appena rientrato al Cairo, accusato di aver diffuso fake news sull’Egitto mediante il social Facebook. Per ben quasi due anni ha dovuto subire un tira e molla di rinvii sino a qualche giorno fa, quando un giudice ha deciso di scarcerarlo.
Zaki e Regeni

Vi era il grosso timore che facesse la fine di Giulio Regeni, tanto da spingere l’Italia stessa a seguire e a premere per evitare che Zaki venisse ingiustamente condannato per non aver fatto nulla. Diciamo che, questa volta, il nostro Paese è stato abbastanza maturo, dopo la brutta vicenda di Giulio Regeni, di cui l’Egitto stesso è stato responsabile sul piano internazionale, in violazione di una gamma di diritti che tutelano la persona umana, in particolar modo, lo straniero.
Non traggano in inganno le immagini. Zaki ha subito torture
Le immagini dell’uscita di Zaki, con una tuta e scarpe bianche, quasi la divisa carceraria dell’imputato durante i processi dei tribunali egiziani, corso subito ad abbracciare la madre hanno in breve fatto il giro del mondo. Sembrava in ottime condizioni, anche se durante questi mesi è certo abbia subito forme di tortura, in violazione dei del diritto internazionale dei diritti umani e della Convenzione contro ogni forma di tortura e ed altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti.
Il ruolo dell’Italia; finalmente

Zaki ringrazia gli italiani che non lo hanno mai abbandonato. Anzi sono stati molto attivi nel fare pressione sulle autorità giudiziarie egiziane affinché si arrivasse alla sua liberazione. Ricordando che non è stato ancora assolto, ma che deve presentarsi dinanzi ai giudici i primi di febbraio dell’anno prossimo.
Sia il Governo italiano sia l’Università di Bologna, dove Zaki studia, hanno espresso grande soddisfazione. Sottolineando però che non bisogna abbassare la guardia sino alla definitiva liberazione. A Bologna studenti e professori sono pronti ad accogliere il giovane nella propria famiglia accademica.
Un plauso anche dalla UE
Anche l’Unione Europea ha commentato con soddisfazione la liberazione e la decisione della magistratura egiziana che rappresenta un passo in avanti per il caso. Ricordando che Bruxelles ha seguito l’evolversi e gli sviluppi della detenzione di Zaki, assistendo con propri rappresentanti alle udienze. La UE ha anche avuto modo di affrontare tale vicenda a livello bilaterale con le autorità egiziane e continuerà a seguire il caso da vicino.
Brava Italia ma non dimenticarti di Regeni

Ora, la cosa più importante è far in modo che lo studente egiziano Zaki rientri al più presto in Italia, in modo che il nostro Paese riprenda a premere sul caso Regeni. La cui inchiesta dopo quattro anni pare si sia arenata a causa della non collaborazione delle autorità egiziane. L’Egitto, infatti, per ora rifiuta di consegnare i quattro membri delle forze di sicurezza egiziane. Considerati responsabili dell’omicidio Regeni, come risulta dalla relazione della Commissione parlamentare.
Un delicato equilibrio

Non è cosa semplice visto la delicatezza dei rapporti tra l’Italia e l’Egitto in primis sul piano economico e commerciale. C’è da sospettare pure che, con la scarcerazione temporanea di Zaki, si tenti di mettere in soffitta la vicenda di Regeni. Sul piano commerciale l’Egitto è il secondo produttore di gas in Africa, dove molte aziende italiane hanno presentato progetti e nuovi investimenti.
Il diritto umano e il salvare una vita

Certamente, è vero che gli interessi economici sono importanti. Ma non va trascurato che i diritti umani hanno sempre la priorità. E che, talvolta, pur di difendere una persona che sia vittima di violazioni dei diritti dell’uomo, uno Stato potrebbe porre in secondo piano gli interessi economici e commerciali. Ma la priorità resta sempre quella di salvare la vita. Di proteggere a ogni costo il rispetto del diritto umano. “La violazione di tale diritto perpetrata in un luogo della terra è sentita in tutte le parti”, ha detto a suo tempo Emanuel Kant.