“Non dormiamo tranquilli”, dice Zaia. E se lo dice lui che in quasi due anni ha seguito giorno per giorno l’evolversi della pandemia nel Veneto c’è davvero da non dormire tranquilli. Zaia conosce bene la sua gente, ha visto gli ospedali non farcela più, ha letto ogni giorno i dati dei contagi e delle vittime e li ha comunicati alla popolazione. Sa quello che dice e bisogna dargli ascolto. La realtà è una, difficile da smentire. Il resto, per ora, si ferma alle parole senza una dimostrazione scientifica.
I lockdown localizzati
Il Covid non smette di preoccupare, adesso che sembrava che la situazione si fosse allentata, che piano piano stessimo tornando a una certa normalità, ecco che l’allarme riparte. Più forte, più preoccupante. Altri ricoveri, altri morti come se quelli già contati non bastassero. S’incomincia a percepire la sfiducia, mentre dall’estero giungono segnali altrettanto preoccupanti: l’Olanda ripropone un lockdown rigidissimo anche se a tempo, l’Austria chiude ai no vax, la Germania studia cosa fare per frenare il fenomeno dei non vaccinati, la Francia si è mossa con severità. Giusto per restare all’Unione Europea.
In Italia
E noi? Tanti hanno abbandonato la mascherina, non badano più al distanziamento, in molti posti se ne infischiano di chiedere il green pass, in altri proprio fanno finta che non sia obbligatorio. E il Covid rialza la testa, tra varianti, cortei di protesta, affollamenti anche dove è proibito. Si fa il conto dei posti letto in rianimazione e della tenuta degli ospedali, perché poi è da lì che passano i limiti e i pericoli. Si riparla di zone gialle e perfino rosse, di nuove limitazioni, di restrizioni da rimettere in piedi e tutto questo mentre si sta avvicinando il Natale e non solo il commercio ma l’economia intera aspettano una boccata d’ossigeno che rimetta un po’ a posto le cose.
I dati
I dati sono drammatici: sinora il Covid ha fatto in Italia oltre 130 mila morti, nel solo Veneto sono più di 11 mila. Per qualcuno non bastano. Dice anzi che non è vero, che è tutta una montatura per chissà quale motivo. Che le limitazioni sono un attacco alla libertà, alla stessa democrazia per imporre non si capisce bene quale dittatura. Che non c’è bisogno di vaccinarsi, che obbligare la gente a farlo è illegale, e tante altre cose che tutti abbiamo sentito.
I personaggi discutibili
Non sono mancati personaggi tanto pittoreschi quanto inquietanti: il vescovo in pensione che dice che non è morto nessuno, che sono tutte bugie. Il sindaco no vax che dà del “traditore” al Presidente Mattarella solo perché dal Quirinale arriva l’invito a vaccinarsi. Il vescovo in pensione se la vedrà con la sua coscienza e con Dio, non credo comunque che sia un suo diritto usare la chiesa per dire quello che gli passa per la testa e che non ha niente a vedere con la religione e la fede. Il sindaco se la vedrà anche con la Costituzione sulla quale ha giurato e che prevede, tra l’altro, il reato di vilipendio di un Capo di Stato. Esistono autorità apposite nella Chiesa e nella Repubblica.
Il diritto a manifestare
Il diritto a manifestare è sacrosanto, anche quello di scendere in piazza e dire liberamente ciò che si pensa e non importa che quello che dicono sia condivisibile o meno. Sempre che la libertà venga espressa nel rispetto delle regole e degli altri. Però è anche un diritto sacrosanto quello di non vedere la propria salute compromessa da chi nega che il pericolo esista, da chi rifiuta la scienza senza portare una spiegazione. Esiste, poi, l’interesse comune e non c’è democrazia che non sia in grado di proteggere il bene comune davanti agli egoismi.
Chi vuole protestare deve farlo rispettando la legge e la legge dice che in questo periodo si deve sfilare con la mascherina, rispettare il distanziamento, non farlo nei centri storici delle città. Che se si vuole andare a lavorare, salire su un treno, entrare in un ristorante o in un cinema o sedersi a un convegno si deve esibire il green pass, dimostrare cioè che si è vaccinati o che si è fatto un tampone. La libertà di dire quello che si pensa non può e non deve cancellare la libertà degli altri che rispettano le regole. Perché, in fondo, proprio di questo si tratta: del rispetto delle regole. Non è una protesta per dire che non ci si vuole vaccinare, nessuno lo impone, è una protesta perché non si vogliono rispettare le regole che la situazione richiede.
Il rispetto
Ora si può anche far finta di niente, voltarsi dall’altra parte davanti a centinaia di migliaia di morti, dire che tanto dovevano morire. Sostenere che il vaccino è un abuso e pure pericoloso. Ma non si può pensare di proibire agli altri di vaccinarsi, di rispettare le regole, di pretendere di vivere in una possibile normalità.
Scienziati superstar
Forse è sbagliato che gli scienziati siano ogni giorno in tv e sui giornali a spiegarci come stanno andando le cose e cosa si deve fare. Restano, comunque, persone competenti in materia, legittimati a spiegare ciò che conoscono meglio e per il quale hanno studiato tutta la vita. Non ci sono dubbi che i vaccini abbiano migliorato la nostra esistenza, l’abbiano resa più facile, più lunga, più sicura. Se gli scienziati ci hanno stufato, basta farli rientrare in laboratorio o in cattedra, non credo che esista il vaccino da astinenza da video se qualcuno ha contratto questo virus.
Internet? Non è un titolo di studio
La risposta su come si combatte il virus non si trova aprendo una pagina di internet, prendendo per buono tutto quello che si legge. A ognuno il suo. Forse non basta una laurea in medicina per essere un bravo medico. Certo non basta sfogliare internet per pensare di essere un medico.
Il senso è che si continua a morire e c’è paura che non sia finita. E intanto si continua a dare spazio a chi nega la morte, la malattia, la consapevolezza di fronteggiare un nemico invisibile e pauroso. Certo non è un problema solo italiano, il virus non ha confini, non ne ha la morte, non ne ha nemmeno un tipo di protesta che tende a negare.
La responsabilità dell’informazione
E in tutto questo c’è anche una responsabilità dell’informazione il cui dovere è informare, raccontare la realtà, aiutare a capirla. Non basta rispecchiarla e lasciarla lì, quello che c’è lo vediamo da soli. Bisogna anche spiegarla, ma con serietà, con scrupolo, con rispetto. Ma l’informazione da qualche tempo si dilata a raccontare più della minoranza che non si vuole vaccinare, che della maggioranza degli italiani che si è vaccinata almeno due volte. Intendiamoci, è giusto rispettare il dissenso e dargli voce, ma nella misura adeguata e non con l’enfasi di chi sembra stia scoprendo ogni minuto verità, eroi, vittime di un mondo che nella realtà non esiste. C’è uno spazio per tutti, ma nel rispetto della verità. Informare significa rendere conto, accertarsi di quello che si riferisce, non semplicemente dare il megafono al primo che passa per strada o a chi occupa una piazza.
Le differenze
Tra un medico e un giornalista c’è qualche differenza se si parla di vaccini, tra un farmacista e un operatore ecologico c’è qualche differenza se si parla di medicinali, tra un magistrato e un pescatore c’è se si parla di pescato. Tra un rabbino e un no vax esiste la differenza se si parla di campi di sterminio. A ognuno il suo, non tutto a tutti. La democrazia è fatta di competenze e di regole, di diritti e di doveri. Anche l’informazione è un diritto e un dovere.
Questo articolo non fa una piega e mi trova perfettamente d’accordo…complimenti!