Ormai, è da molti anni che la situazione nell’area Mediorientale è sempre in forte crisi, anche se vi sono stati degli sviluppi negli ultimi anni sino all’accordo di Abramo, quando alcuni Stati arabi hanno riconosciuto Israele come una vera e propria entità statale. Dopo la pandemia, che ha in un certo qual modo frenato le continue scaramucce tra israeliani e palestinesi, la situazione è nuovamente precipitata nel vortice della violenza. Una violenza assurda, senza una valida motivazione, che era viva sotto la cenere e che si è divampata d’improvviso come un immenso incendio che non si riesce, da tantissimi anni, a domare. Qualcuno ha detto che siamo davanti a una nuova intifada fatta di distruzione, di atti violenti, di una politica fragile che non riesce a fermare questa emorragia di odio e di vendetta.
Quali sono le ragioni che hanno innescato al richiamo della violenza in entrambi i popoli?
Questa miccia che ha dato avvio alle forti violenze si è trovata a coincidere con la fine del ramadan, dopo che le autorità israeliane avevano permesso lo svolgimento delle feste religiose delle tre principali religioni monoteistiche (Cristiana, Ebraica e Islamica), pur nel rispetto delle limitazioni delle persone a visitare i luoghi santi. Ciò che ha scatenato l’orrore è stato il contenimento di un numero limitatissimo di fedeli musulmani all’accesso della spianata delle moschee in occasione del Ramadan. Difatti le autorità di sicurezza, per poter contenere questo afflusso di gente di fede musulmana, hanno dovuto utilizzare delle barriere contenitive davanti all’ingresso di Damasco, une delle otto porte della città vecchia per i luoghi sacri. La disposizione ha cagionato dure reazioni che sono state anche la causa che ha portato alla protesta degli ebrei ortodossi sfociate in scontri con la polizia.
Le altre ragioni che possono portare a una nuova Intifada
Altra miccia di questo conflitto è stata la decisione del governo israeliano di non consentire l’elezione nella città di Gerusalemme, tanto da spingere il premier palestinese Abu Mazen a decidere di sospendere le elezioni della fine di maggio a data da stabilirsi. Altra ragione è stata la decisione di sgomberare con la forza intere famiglie palestinesi dal quartiere di Sheik Jarrah, nella zona di Gerusalemme est. Questo quartiere ha un’importanza storica per gli ebrei perché ospita la tomba di un rabbino del III secolo a.C. Nel 1948, anno della nascita dello Stato di Israele, molti palestinesi che vi abitavano furono allontanati. Tali situazioni sono ancora presenti oggi dove Israele sta cercando di rendere la zona araba totalmente ebraica attraverso gli sfratti forzati che solo per ora sono stati sospesi, dopo che il Primo ministro israeliano ha chiesto alle corti israeliane di sospendere la decisione.
La Comunità Internazionale si muove per evitare l’Intifada ma non viene ascoltata
La comunità internazionale ha fatto appello alle Parti in conflitto di ripristinare la calma e sospendere ogni tipo di scontro bellico. Purtroppo, gli appelli di molti Paesi e organizzazioni internazionali non vengono accolti. Hamas, movimento islamico di resistenza, continuerà le sue provocazioni belliche sino a quando lo stato di Israele non abbandonerà la spianata e il quartiere Sheikh Jarrah.
Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e l’Intifada tra Hamas e Israele
Ora si riunisce il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per dibattere sulla criticità della situazione ingarbugliata tra Hamas e Israele. È certamente un rompicapo per l’organo principale di questa importante organizzazione universale che ha la responsabilità di mantenere la pace e la sicurezza internazionale che, nell’area considerata, sono poste su un filo delicato che potrebbe rompersi da un momento all’altro se la Parti coinvolte non mettano a tacere le armi con lo strumento della diplomazia e del dialogo.