L’Assemblea delle Nazioni Unite ha proclamato, il 6 dicembre 2017, il Decennio delle scienze oceaniche per lo sviluppo sostenibile (2021-2030) con l’obiettivo primario di sostenere i Paesi nel raggiungimento dell’Obiettivo 14 (conservare e utilizzare in modo durevole gli oceani, i mari e le risorse marine per uno sviluppo sostenibile) dell’Agenda 2030, demandandone il coordinamento alla Commissione Oceanografica Intergovernativa (IOC) dell’UNESCO. Il titolo di questo processo iniziato con quest’anno è: “La scienza di cui abbiamo bisogno per l’oceano che vogliamo!”.
I mari e gli oceani oggi
Oggi, gli oceani della Terra ci rappresentano una triste situazione. A causa del peso di attività insostenibili dell’umanità, che si manifestano con segnali d’allarmi sempre più frequenti e allarmanti. Quali l’acidificazione, l’aumento delle temperature, la diminuzione dell’ossigeno, lo sbiancamento della barriera corallina, l‘accumulo di rifiuti di plastica e il declino generale della biodiversità.
I problemi
“All’inizio del terzo millennio, l’oceanografia ha la capacità di identificare problemi e offrire soluzioni. A condizione che smettiamo di trascurare il suo contributo – ha affermato Audrey Azoulay, Direttrice generale dell’UNESCO –. Mentre il mondo cerca di adattarsi ad una nuova normalità dopo l’emergenza del coronavirus, le scienze oceaniche giocheranno un ruolo importante negli sforzi di recupero post-pandemia”.
Conoscere sempre di più e sempre di più rispettare gli oceani, è la chiave per risolvere molti problemi che assillano l’umanità. Come la scarsità di cibo, la povertà, i cambiamenti climatici. E, ultimo ma di certo non per ultimo, la sicurezza energetica.
Le mappe dello spazio ma non quelle dei mari e degli oceani
Nonostante tutta la tecnologia a disposizione, “abbiamo mappe della superficie di Marte e della Luna migliori di quelle dei fondali oceanici – ha affermato Gene Feldman, Oceanografo della NASA –. Sappiamo molto poco della maggior parte dell’oceano. Soprattutto delle aree centrali e più profonde lontane dalle coste”.
La missione del Decennio è “La scienza di cui abbiamo bisogno per l’oceano che vogliamo!” ovvero quella di generare e utilizzare la conoscenza per avere un oceano sano, sicuro e resiliente per lo sviluppo sostenibile entro il 2030 e oltre:
– un oceano pulito, dove si identifichino e si rimuovano le fonti di inquinamento;
– sano e resiliente, dove gli ecosistemi marini siano mappati e protetti;
– produttivo e coltivabile in modo sostenibile. Che garantisca la fornitura di cibo e mezzi di sussistenza stabili;
– un oceano trasparente e accessibile. Con accesso aperto a dati, informazioni e tecnologie.
La ricerca marina
Mentre molti Paesi beneficiano di infrastrutture scientifiche, tecnologie e capacità umane sofisticate e all’avanguardia per la scienza e l’innovazione, esistono tuttavia grandi disparità nella capacità in tutto il mondo di intraprendere la ricerca scientifica marina.
Il GOSR (Global Ocean Science Report) è il compendio sullo stato e le tendenze delle scienze oceaniche e sulle possibili strade da seguire per raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile. “Aumentare le conoscenze scientifiche, sviluppare la capacità di ricerca e di trasferimento di tecnologia marina, tenendo conto dei criteri e delle linee guida della Commissione Oceanografica Intergovernativa sul trasferimento di tecnologia marina, al fine di migliorare la salute degli oceani e migliorare il contributo della biodiversità marina per lo sviluppo dei Paesi in via di sviluppo, in particolare i piccoli Stati insulari in via di sviluppo e i Paesi meno sviluppati”.
I mari e gli oceani e l’Italia
Il primo workshop europeo preparatorio al “Decennio delle scienze oceaniche per lo sviluppo sostenibile” si è tenuto nei giorni dal 21 al 23 Gennaio dello scorso anno presso la sede Unesco di Venezia, ed è stato organizzato dalla Commissione Oceanografica Italiana (COI), dall’Intergovernmental Oceanographic Commission–IOC dell’UNESCO, dalla Commissione Europea, UNEP/M e Commissione internazionale per l’esplorazione scientifica del Mediterraneo.
La mancanza di fondi
Per la IOC, la mancanza di fondi sta ostacolando lo sviluppo e l’implementazione della ricerca marina e delle sue preziose applicazioni. In media, gli Stati dedicano solo l’1,7% dei loro budget di ricerca alle scienze dell’oceano, molto meno di quanto spendono in altri importanti campi scientifici. Questo non è accettabile, considerando il ruolo fondamentale dell’oceano nella regolazione del clima e della sua ricca biodiversità.
Mari e oceani fonte di guadagno
Inoltre, le scoperte in oceanografia alimentano quasi tutti i settori dell’economia e della società con applicazioni in medicina, nella conservazione della biodiversità e nello sviluppo di nuovi processi industriali. Le applicazioni per la mitigazione e l’adattamento ai cambiamenti climatici rappresentano la maggior parte delle tecnologie oceanografiche brevettate.
Le pubblicazioni sui mari e oceani
Il numero di pubblicazioni di scienze oceaniche è in aumento in Asia e, in misura minore, in Nord America ed Europa. I Paesi più avanzati sono Cina, Giappone e Repubblica di Corea. Nonostante la sottoscrizione degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile che prevedono, tra l’altro, il controllo dello sfruttamento delle risorse oceaniche entro il 2030, solo pochi Paesi hanno definito strategie per raggiungere questo obiettivo.
I budget per le scienze oceaniche variano notevolmente da Paese a Paese e nel tempo. Ad esempio, tra il 2013 e il 2017, 14 paesi hanno aumentato il proprio budget medio, con la Federazione Russa che ha registrato la crescita annuale più elevata (oltre il 10%), seguita da Regno Unito e Bulgaria, mentre 9 Paesi hanno ridotto la spesa, in alcuni casi in modo significativo, come in Italia.
La nascita di una collaborazione per salvare mari e oceani
Il Rapporto evidenzia un aumento della collaborazione internazionale tra oceanografi e chiedendo il rafforzamento dei partenariati Sud-Sud e Nord-Sud. L’innovazione, integrata dal trasferimento di tecnologia, deve svolgere un ruolo fondamentale nell’aiutare gli Stati in via di sviluppo a ottenere uno sfruttamento sostenibile delle risorse marine e ittiche.
La risorsa umana
In termini di risorse umane, il Rapporto evidenzia anche la necessità cruciale di formazione nei vari settori della gestione degli oceani, e rileva, inoltre, la sotto-rappresentanza delle donne, che costituiscono il 39% di tutti gli oceanografi, seppur in aumento del 6% rispetto al primo Rapporto (2017), con grandi disparità tra i Paesi; ad esempio, le donne rappresentano il 63% dei ricercatori oceanografici in Croazia, rispetto a solo il 12% in Giappone.
Mari e oceani per salvare il Pianeta
“La oceanografia cerca di migliorare la nostra comprensione e conoscenza dell’oceano e dei suoi processi, per affrontare i cambiamenti climatici e i fattori di stress – ha sottolineato la Audrey Azoulay, Direttore generale dell’organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura – La scienza oceanica non attiene solo alla protezione dell’oceano, ma anche alla protezione del nostro Pianeta e del nostro futuro”.
Ciao. Dopo lo rileggo con più calma.
Grande. Che altro?