L’aggressione virale, che sta mietendo ancora tante vite umane in ogni parte del mondo, sta anche riducendo, a ondate, gli spazi di libertà, sempre più stretti. Questa pressione del coronavirus sul nostro tempo e sul nostro spazio vitale mi fa ricordare la pelle di zigrino descritta dal grande Honoré de Balzac nell’omonimo romanzo del 1831.
Vi si parla di una pelle d’animale conciata che solitamente, nella pratica, serve a vari usi, anche nella moda; ma quella pelle di zigrino immaginata da Balzac è un talismano e ha un potere oscuro: messa in relazione con un umano, ne favorisce la vitalità più turbinosa, e contemporaneamente si restringe e con essa il destino della persona con cui la pelle è magicamente in simbiosi: più il protagonista vive in libertà e piaceri, più la pelle si consuma. Un rapporto micidiale in un “racconto filosofico”. La differenza è che, per noi, il virus-pelle si espande e lo spazio sociale si restringe.
Le scorie e i semi

Qualcuno ha ipotizzato che alla fine della grande infezione, quando sarà, ci resteranno addosso e intorno “le scorie del virus”. Un pensiero non certo tranquillizzante, anche perché richiama alla mente le scorie radioattive, il famigerato nemico invisibile chiamato fallout in tante non dimenticate cronache, cioè l’insidia dei rifiuti atomici velenosi per gli organismi viventi. Così le scorie virali ci accompagneranno (copyright V. Filippi) per molti anni ancora. Ad un sognatore del nostro presente questa prospettiva può apparire come un’occasione: partire, cioè, da quei rifiuti per piantare nelle nostre esistenze semi di nuova vitalità, di speranza costruttiva.
Poveri noi

Aspettando il vaccino, viviamo questa esperienza: la povertà in atto. Siamo desolatamente in perdita, la falcidie virale ci impoverisce ogni giorno di più, come persone e come società: ogni giorno le perdite provocano buchi neri nel patrimonio di umanità: il mondo sta perdendo pezzi importanti, a cominciare dal bene libertà e, a cascata, tutti gli altri beni che ci fanno vivere. La grande Falciatrice, la cui ombra incombe dalla primavera scorsa, non smette il suo macabro impegno, e viene quasi da pensare – estremizzando i sentimenti – che la Natura non sia soltanto indifferente alla nostra presenza (Leopardi docet) ma che stia agendo come un mitico angelo sterminatore per realizzare un oscuro disegno di malthusiana memoria: sfoltire il genere umano per salvaguardarlo. Natura vs Homo? Pensiero buio. La realtà è che stiamo perdendo cose (economia), relazioni (rapporti umani), conoscenza (scuole chiuse), cultura (musei vietati), ecc. Poveri noi…
Voci narranti

L’amica al telefono, amarissima: “Già ci seppelliscono, e non siamo ancora morti”.
Al mercato, una donna frettolosa, richiesta di mantenere il distanziamento fisico, ha risposto: “Cosa crede? Ce l’ho anch’io la museruola”.