
Se fino a qualche anno fa Gianpietro Zecchin incantava i campi della Serie B con le sue punizioni chirurgiche (in una stagione segnò per tre partite consecutive da calcio da fermo), da ormai tre anni è bene chiamarlo “Mister”. L’ex Padova e Varese è infatti l’allenatore del Mestre, squadra con cui si sta togliendo delle soddisfazioni in una veste che sembra calzargli a pennello.
Zecchin ora che è passato sulla panchina, come vede la sua carriera di calciatore esperto in punizioni?
“Sì, sono contento del percorso fatto da calciatore e non ho rimpianti. Purtroppo ho smesso presto e l’infortunio che ho subito a 31 anni mi ha condizionato il finale della carriera. Probabilmente avrei potuto fare ancora qualche bella stagione. Peccato perché doveva trattarsi di una pulizia della caviglia quando invece l’infortunio si è rivelato più grave”.
Quanto sono state importanti le lunghe esperienze a Padova e a Varese?
“A Padova sono arrivato giovane dopo due ottimi anni in C2 con l’Alto Adige e, come blasone, la considero la piazza più importante nella quale abbia giocato, anche se in quelle quattro stagioni non abbiamo ottenuto la promozione. Mi sono trovato molto bene ed ho bei ricordi, come il gol vittoria nell’1-0 contro il Napoli nel 2004. Di Varese ricordo invece una cavalcata straordinaria che ci ha portato ad un passo dalla Serie A, perdendo prima la semifinale playoff contro il Padova e l’anno successivo la finale contro una Sampdoria fortissima per la categoria cadetta. Sono stati sei anni fantastici, purtroppo conclusi con dei cambi societari che nelle ultime stagioni non hanno giovato alla squadra”.

Lei è stato allenato da tanti mister importanti come Pioli, Tesser, Sannino, Maran e Ulivieri. Qual è stato il più importante?
“Ogni allenatore ha una propria personalità ed una sua idea, quindi ho sempre cercato di prendere da ciascuno di loro ciò che consideravo fosse giusto. Ovviamente posso aver avuto delle preferenze, ma ho sempre ritenuto questi allenatori fondamentali per la mia crescita e ognuno, tutti mi hanno lasciato qualcosa”.
Una delle sue specialità era calciare le punizioni. Come è nata questa abilità?
“Ho sempre avuto un buon sinistro, spesso mi dico infatti che avrei potuto fare qualche gol in più. A me però piaceva fare assist, mi dava una maggiore soddisfazione. In questo sono stato fortunato, si tratta di una dote che madre natura mi ha regalato. Un calciatore può infatti migliorare o perfezionare la sua qualità tecnica, ma è indispensabile che parta da una base importante. A battere le punizioni ero bravo, due dei miei gol più belli li ho però realizzati su azione con la maglia dell’Alto Adige. Il primo contro l’Imolese, preparando l’esecuzione con una finta di tiro di destro al volo, e il secondo in un derby contro Trento, con un’azione solitaria partita da metà campo”.

Quest’anno è alla sua terza stagione da allenatore a Mestre…insegna anche come battere le punizioni?
“Quando ho visto che la mia carriera da calciatore stava per volgere al termine ho deciso di prendere il patentino ed oggi, anche se in una veste diversa, mi piace stare in campo. Dopo che mi sono ritirato è arrivata l’improvvisa chiamata del Presidente Serena che mi ha proposto di diventare l’allenatore del Mestre ed ho preso questa decisione avventurosa. Il primo anno abbiamo vinto i playoff in Eccellenza e, ottenuta la promozione, abbiamo disputato un buon campionato in Serie D prima della sospensione. Si tratta sicuramente di un buon inizio ma la speranza è quella di regalare tante altre soddisfazioni ai nostri tifosi”.
Nessuno tranne il Mestre credeva in lui, non parliamo dopo qualche sconfitta, ma noi mestrini arancioneri società compresa non abbiamo mai dubitato delle sue capacità, perciò lo ringraziamo e diciamo grazie Zecco.
Condivido al 100% quanto espresso da Lucio Trevisan. AC MESTRE è un grande club che pochi conoscono dallo staff tecnico e dirigenziale da un visione del calcio intesa e rivolta verso ai giovani dove gli sportivi e i tifosi concordano con gli obiettivi societari. Tutti uniti FORZA MESTRE.