È stata la notte della democrazia. Inquietante che la luce si sia spenta nella casa della democrazia più grande e potente del mondo, quella che da oltre un secolo detta l’economia e la politica del pianeta; la stessa che più volte è intervenuta, pure con le armi, con la pretesa o l’illusione di “esportare” la democrazia.
Un paese ancora sotto choc
Gli Stati Uniti d’America sono ancora sotto choc per quanto è avvenuto al Campidoglio dove una folla di fanatici suprematisti, armata e violenta, ha assaltato la sede del Parlamento americano proprio nel giorno in cui doveva essere proclamato ufficialmente il risultato delle elezioni per la Presidenza degli USA. Poche ore prima l’inquilino uscente della Casa Bianca, Donald Trump, aveva incitato alla rivolta, all’occupazione del Palazzo per respingere un’elezione da lui presentata come una “truffa”.
L’assalto alla democrazia
Per ore la situazione è stata drammaticamente caotica, con molte responsabilità ancora da accertare: il Palazzo era stato lasciato completamente indifeso, con poche decine di agenti per fronteggiare una folla. La Guardia Nazionale non era stata mossa su esplicita decisione, pare, del Presidente. A differenza della forte mobilitazione, per esempio, disposta per fronteggiare la protesta pacifica del Black Lives Matter seguita all’uccisione di afroamericani da parte della polizia.
In questo caso al Campidoglio si è assistito persino a poliziotti che hanno fanno passare i rivoltosi spostando le transenne e scattando il selfie ricordo! L’irruzione è stata quasi facile, violenta nei modi e nelle conclusioni: cinque morti da una parte e dall’altra.
Per ore il mondo ha guardato stupito quanto accadeva, sorpreso come quella grande democrazia fosse arrivata a un punto così delicato e pericolosissimo. C’è voluta la bravura di alcuni funzionari del Congresso nel mettere al sicuro le carte delle elezioni presidenziali. L’intelligenza di alcuni agenti per evitare che l’assalto portasse alla completa occupazione del Campidoglio.
Ragione e buon senso per salvare la democrazia
Sono stati necessari la ragione e il buon senso per riportare l’equilibrio in una sera che stava per esplodere. Il nuovo Presidente Biden, che presterà giuramento tra qualche giorno, ha richiamato alla calma, ha smorzato i toni, ha invitato Trump a presentarsi in tv per richiamare i suoi sostenitori e sconfessare quello che è sembrato a non pochi quasi un tentativo di colpo di stato. Ha detto più volte che quella non era l’America, che si stava dando una cattiva immagine al mondo.
E per qualche aspetto il Campidoglio è sembrato quasi una piccola nazione sudamericana in pieno golpe. A molti è parso di assistere a un film di fantapolitica anziché a una diretta televisiva. C’è un film-tv del 1997, regia di Joe Dante, “La seconda guerra civile americana”, alcune scene potevano essere confuse con la realtà.
Trump e il mancato rispetto
Trump ha preferito twitter al messaggio televisivo, ha sì invitato i rivoltosi a cessare la violenza, li ha però chiamati “patrioti”, non ha nemmeno una volta smentito le parole d’incitamento all’odio che hanno contraddistinto da mesi i suoi discorsi.
La vicenda è quasi semplice nelle sue linee: Trump non accetta la sconfitta elettorale di novembre, dice che è frutto di una truffa, parla di “voto rubato”. Non importa se Biden ha stravinto con oltre cinque milioni di voti di differenze, se la proclamazione del voto da parte del Congresso non ammette dubbi. Dal giorno della sconfitta Trump rinnega il risultato, accusa i democratici di furto, attacca i media che per lui sono tutti dispensatori di fake news, di notizie bugiarde diffuse apposta per danneggiarlo.
Praticamente nega una delle regole principali della democrazia: riconoscere la volontà popolare. E lo ha fatto nella maniera peggiore, alzando il tiro costantemente, rifiutandosi di accettare le regole, cercando di stravolgere la situazione per renderla a suo favore facendo leva sul malcontento di una minoranza che mette insieme, tra gli altri, suprematisti, fondamentalisti, negatori del vaccino, sostenitori del complotto che pensano che la pandemia sia un’invenzione del potere per tenere ogni cosa sotto controllo, in America come nel resto del mondo.
Un pericolo per la Democrazia
E’ un po’ calata la calma sulla notte della democrazia, forse il buon senso ha finito col prevalere, soffocando certe tendenze autoritarie da una parte e gettando acqua sul fuoco di chi avrebbe voluto Trump fuori subito dalla Casa Bianca e in malo modo. Si è scelto saggiamente di aspettare il passaggio naturale dei poteri. Trump ha fatto sapere che quel giorno lui non ci sarà.
Siamo certi che Biden se ne farà una ragione. Resta la necessità, comunque, di rimettere mano alla norma costituzionale che lascia passare troppo tempo (tre mesi!) tra l’elezione di un Presidente e il giuramento e concede all’uscente – se non corretto – un margine d’azione insensato e perfino incendiario, come si è visto. C’è stato chi ha sospettato una non perfetta salute mentale del presidente uscente, chi ha gridato al pericolo di lasciare nelle sue mani le chiavi della valigetta che comanda gli ordigni nucleari.
La fragilità di una Democrazia
Le immagini da Washington hanno mostrato la fragilità della democrazia anche quella ritenuta più sicura. Come diceva Churchill, la democrazia è la peggior forma di governo eccezione fatta per tutte le altre forme che si sono fin qui sperimentate. Inutile girarci attorno, è la sola che garantisce libertà, parità di diritti, partecipazione, informazione, condivisione. Tutte le altre sono deformazioni quasi sempre pericolose.
C’entrano sicuramente anche i tempi che viviamo, ha il suo peso la pandemia che attraversa il mondo intero, ci sono di mezzo una situazione economica insostenibile e, soprattutto, la paura che inevitabilmente scatta davanti a un nemico invisibile. E’ difficile parlare di normalità quando attorno c’è poco di normale. A incominciare dal modo di vivere.
Il periodo
La situazione americana è pericolosa e istruttiva insieme. Non è superata e non lo sarà con la piena presa di potere di Biden. E’ un avvertimento per tutte le democrazie, comprese quelle europee. Prima di tutto perché il trumpismo non è finito e lascerà tracce profonde non soltanto negli USA.
Poi perché da tempo le fragilità della democrazia sono rattoppate con ritagli di cattiva qualità e non cuciti come si deve. Si va avanti come capita, spesso per interessi del momento e, soprattutto, senza uno sguardo al futuro. Fenomeni come il trumpismo hanno facilità di contagio in organismi in crisi.
Il ruolo dei social
Ma c’è un altro aspetto che i fatti americani hanno messo in evidenza e davanti al quale dobbiamo ancora prendere le contromisure: il fenomeno dei social. Trump si è servito magistralmente dei social, specie di Twitter. Ha sostituito giornali e televisioni che nei suoi confronti sono stati spesso critici al punto di togliergli la parola davanti ad affermazioni e accuse prive di fondamento: sui risultati elettorali, per fare un esempio. Ha giocato tuto sui social, perfino utilizzando twitter nel momento in cui doveva condannare – e non lo ha fatto – l’assalto al Campidoglio. Muovendosi su un campo che non poteva essere controllato ha potuto continuare a dire quello che voleva e a raggiungere così i suoi sostenitori. Alimentando di fatto la violenza degli assalitori che ha chiamato a più riprese “patrioti” e anche “giustizieri”. E’ finita che Trump è stato bloccato su fb fino alla conclusione del suo mandato presidenziale.
E anche altri social hanno preso provvedimenti. Ora è evidente che i social non possono essere usati per attentare alla democrazia, ma è altrettanto evidente che i social possono e devono essere usati senza censure preventive che non competono a una democrazia.
Democrazia?
Un privato – e sono tali i proprietari di Fb, Twitter e social vari – non può decidere se un Presidente può o non può parlare, nemmeno se un cittadino ha diritto o meno di farlo. Deve essere un’autorità terza a decidere, autorizzata dallo Stato e dalle leggi. Occorrono regole, leggi precise che rispettino la libertà e proteggano con altrettanto rispetto la verità. Solo allora la lezione americana potrà anche servire come lezione di democrazia.