Qualcuno viene portato via, come rapito, e noi restiamo senza un pezzo di storia. Il telefono porta un nome amico, che fra poco – ahimé – sarà un numero fra tanti. L’ultimo è Mario P. Ha compiuto il suo ultimo viaggio, lui che è stato navigatore di tutti i mari del mondo al comando di navi mercantili, è scomparso oltre l’orizzonte dei giorni. Aveva scritto un libro, evocativo di un destino: “Il tempo e la marea”. Buona traversata, Mario.
Noi e il prossimo
Rinnovare il patto con gli altri? Forse adesso sotto la cappa della pandemia possiamo, la tempesta virale ci aiuta (ci costringe). Ma dovremmo fare i conti anche con noi stessi. Intanto, recuperiamo il “prossimo”, parola simbolica che viene da lontano ma che si può adattare benissimo alla lingua corrente. Infatti, nel cuore di ognuno, è stato detto, c’è sempre spazio per l’accoglienza e la condivisione.
Il grande gioco
Giocare è azione sociale, come sanno i nostri concittadini che si incontrano come per un rito al club del burraco o in soggiorno con tappeto verde. Giocare è avventura casereccia se avviene con i figli: i giochi, per loro, sono anche un mezzo per apprendere. In proposito, dice il filosofo di casa: “La vita puoi paragonarla, se vuoi, a un Grande Gioco. Meglio se la fai diventare un impegno”.
Non ho visto le rondini
Nel mese buio qualcuno chiedeva: “Avete visto passare le rondini?” “No, non ancora”. In quei giorni spiavamo spesso il cielo aspettando un temporale, presunto rigeneratore, e avremmo voluto vedere il lampeggiare dei voli a stormo propri delle rondini in festa (ricordando Pascoli). Pensierino semplice: siamo tutti uguali sulla Terra, e biodiversi: ma tutti insieme formiamo una “comunità di destino”, espressione cara al filosofo francese Edgar Morin.
Il dono è cieco
Parliamo con una nipote che è andata a donare il sangue: bravissima, gesto civile che ha origine nella gratuità e nella coscienza individuale. Chi dona il proprio sangue non lo regala: il gesto è volontario e a senso unico; sono i regali che prevedono la reciprocità. Ma questo dono è cieco: non sai a chi salverai la vita, l’importante è il come: donando una parte di te stesso.
La madre del pane
La cucina, in quei giorni dell’inizio, è stata molto frequentata. Si inventavano piatti “per ingannare il tempo”. Bravi tutti, ma il pane? Avete provato a farlo in casa? Acqua, farina, sale e… tempo. Ci sono nonne che possiedono questo segreto antico e possono trasformarlo in lezione per i bambini: il procedimento è bello come una poesia, con il lievito madre “segnato” con la croce e il profumo che è come un sentiero tracciato nella memoria dell’umanità… E, poi, diventa parte di te.