C’era una volta a Mestre, in via Piave 2, la Galleria Contemporanea. Aperta nel 1998 con una personale di Alberto Viani – in tandem con Mirano – nel 2006 fu rilanciata dal critico Riccardo Caldura, che la diresse fino al 2010, l’anno della chiusura. La Contemporaneo offrì un panorama raffinato della ricerca grafica, spaziale, concettuale, visiva, fotografica e architettonica internazionale, con cataloghi che ancora oggi sono piccoli gioielli editoriali. Il Comune l’ha chiusa 10 anni fa, nell’ambito di un pacchetto di alienazioni immobiliari.
Mestre e il c’era una volta
C’era una volta, sempre a Mestre, e in parte c’è ancora, il centro culturale Candiani. Anche il Candiani – oggi ristrutturato con un nuovo ingresso policromo e con il multisala che ha sostituito i vecchi gloriosi cinema della città – nato su un progetto lontano a cui aveva collaborato anche Luigi Nono, era stato pensato come polo culturale dedicato alla cultura contemporanea, arti visive, musica, un po’ di teatro.

Cosa non c’è più
Nel frattempo a Mestre hanno chiuso il teatrino della Murata e il teatro del Parco, il teatrino di via Pasini e l’Aurora a Marghera, a Venezia il teatro Fondamenta Nuove.
Mestre e l’M9
Nel dicembre 2018, su progetto della Fondazione di Venezia, è nato M9, il Museo di Mestre dedicato alla cultura contemporanea in una chiave diversa: non un’esposizione di oggetti, ma spazi multimediali e interattivi sulla storia del Novecento. Il visitatore entra in un mondo virtuale con visori e sensori tattili. Ma è un flop. Oggi l’M9 è in gravi difficoltà finanziarie, tanto che si è persino pensato di vendere la Casa dei Tre Oci alla Giudecca per sanare il dissesto, sollevando unanimi proteste. La Casa dei Tre Oci è salva, l’M9 ha chiuso per il coronavirus, ha riaperto dal 2 al 12 settembre per “Venice VR Expanded” a corollario della 77ª Mostra del Cinema. Ha chiuso anche la maggior parte dei bar, ristoranti e negozi legati allo spazio tra via Poerio e via Brenta Vecchia.

Mestre e l’indifferenza
Conclusione? Non c’è una conclusione. A Mestre qualcosa era stato costruito ed è stato demolito da una politica culturale inesistente. Tutti d’accordo sulla vocazione del contemporaneo (of course: all’antico ci pensa Venezia), ma mancano idee e progetti a lungo termine. E rispetto anche a solo 10 anni fa, non c’è nemmeno dibattito o polemica (a parte voci isolate): trionfa una triste, grigia, sconfortante indifferenza.