Gentile Direttore,
rivolgo a lei questo quesito in quanto uomo di cultura e persona che stimo particolarmente per il suo lungo operato nel mondo del giornalismo. Sono un neo laureato, non mi propongo per una collaborazione e nemmeno per raccontare la morte del mondo del lavoro. Vorrei riuscire a sorprenderla: le domando perché, in una fase delicata quale quella che il Veneto con il ritorno dei focolai, sono consentiti concerti all’aperto, pranzi e cene nei locali, spuntini e aperitivi al bar, sia pure apparentemente regolati dalla normativa anti Covid-19; ed invece io e migliaia di neolaureati abbiamo dovuto discutete la tesi attraverso uno schermo? Anni di fatiche e studio svaniti e fagocitati dall’avvilente, almeno per me in questo caso, tecnologia. Non è forse l’ennesimo colpo sferrato alla cultura e all’istruzione, già di loro agonizzanti in un Paese quale il nostro?
La ringrazio e ancora auguri alla nuova testata
Un giovane vicentino.
La risposta
Caro lettore,
viviamo tempi strani e speriamo irripetibili. La pandemia ci ha costretti a fare cose molte diverse dalle nostre abitudini e ci ha imposto anche delle regole precise. Dal loro rispetto è derivata la sicurezza di tantissimi. C’è sempre chi tenta di aggirare le regole, chi si illude che il rischio non esista, che tutto sia una specie di grande gioco virtuale, come in certe trasmissioni televisive. Si confonde a tal punto la realtà con la finzione da non riuscire più a distinguere. Giustamente chi sbaglia deve essere ripreso. Le folle davanti ai bar per l’aperitivo senza mascherine e senza distanza non ci devono essere. Non è il momento di giocare. Quanto alla laurea, anche quella è figlia dei tempi che corrono. E’ stata una necessità, non un colpo alla cultura. Ma credo c’entri poco con la pandemia, purtroppo da tempo molti atenei italiani sono passati a lauree di gruppo, all’americana, nelle piazze, gettando all’aria improbabili cappellini e mazzi di fiori. Abbiamo una tradizione che potrebbe benissimo essere rispettata, non c’è in giro niente da copiare. Forse basta solo aspettare che passi la paura. La normalità è anche rispetto della propria identità. Culturale prima di tutto.
Edoardo Pittalis