Un mega condominio – città dove vivono 20mila persone. Si tratta del Regent International Apartment Complex, un «palazzo-città» in cui attualmente vivono 20mila persone, distribuito su circa 39 piani e considerato il più grande esperimento di «convivenza collettiva» mai realizzato. In questo che possiamo definire un “palazzo-città” possono vivere fino a 30mila persone (anche senza mai uscire): ci sono ospedali, piscine e ristoranti. Inizialmente pensato come un hotel di lusso, è alto 204 metri e, come già detto, può contenere fino a 30.000 abitanti in totale. La struttura è pensata per essere del tutto autosufficiente, soprattutto in termini di servizi alle persone; ci sono ospedali, ristoranti, bar e tutto il commercio di vicinato che troviamo in qualsiasi aggregato urbano, ma tutti in un unico luogo. Grazie a questa concentrazione, le persone possono anche non spostarsi in auto o con altri mezzi propri o pubblici per raggiungerli.
Il progetto, i costi per viverci e come funziona

Il palazzo, inaugurato nel 2013, si trova a Qianjiang Century City, il quartiere centrale di Hangzhou (Cina). Inizialmente progettato dall’architetta Alicia Loo per diventare un hotel di lusso, si è poi trasformato in una struttura colossale difficile da definire con un unico termine perché, più che un edificio singolo tradizionale, si è evoluto per diventare un vero e proprio centro urbano, mantenendo comunque tutte le caratteristiche proprie di un complesso residenziale di lusso. Ha una forma a “S”, è alto 204 metri e può ospitare fino a 30mila residenti, anche se attualmente sono molte di meno le persone che vi abitano. Sembra sia abitato (e anche frequentato) principalmente da professionisti, laureati o studenti.
I piani non sono caratterizzati soltanto dalle abitazioni, ma anche da un’enorme area di ristorazione, piscine, barbieri, centri estetici, supermercati, vari bar e anche un ospedale. Insomma, tutto ciò che serve ai residenti, tutto a portata di mano.
Questo mega edificio presenta più di qualche somiglianza con altre esperienze simili, anche se di dimensioni enormemente più ridotte, quali, per esempio, la città di Whittier in Alaska, dove i 272 residenti vivono tutti nella stessa torre-condominio di 14 piani e con un enorme grattacielo in Venezuela, chiamato la “Torre di David”, che è diventato la casa di migliaia di persone che non avevano nessun altro posto dove andare.
Quanto costa abitare nel condominio più grande del Mondo

Grazie alla presenza contestuale di spazi residenziali, commerciali e ricreativi, il Regent International Apartment Complex è considerato anche come «l’edificio più sostenibile al mondo»: e lo è di fatto! A differenza di ciò che si possa immaginare, i prezzi degli affitti non sono spropositati. Secondo un articolo dell’agenzia di stampa cinese Sina, può passare da circa 1.500 Renmimbi al mese (poco più di 190,00 euro al cambio attuale) per gli appartamenti più piccoli, da 70 m2 e senza finestre, a oltre 4.000 Renmimbi mensili (cioè, circa 510,00 euro) per le unità abitative con metrature maggiori che hanno anche, di volta in volta, poggioli, terrazzini e, ovviamente, finestre.
Queste cifre salgono ancora di più se si ambisce ad un appartamento ai piani alti, soprattutto quelli dotati di vere e proprie terrazze. Da segnalare il fatto che alcuni degli appartamenti di dimensioni maggiori vengono suddivisi in unità di dimensioni minori, evidentemente più appetibili per il mercato degli affitti e, quindi, acquistati da investitori e non da utilizzatori diretti.
Considerando il fatto che al suo interno sono presenti non solo unità abitative ma anche negozi, piscine, ristoranti, ospedali, scuole, barbieri e palestre, si tratta effettivamente di un a specie di piccola cittadina condensata all’interno di un singolo edificio, talmente accuratamente progettato in termini di coesistenza tra la residenza e i sevizi generali, da permettere alle persone di non avvertire nemmeno la necessità di uscire.
Le caratteristiche del mega condominio – cittá e le critiche

A rendere questo complesso residenziale molto più ambito dei suoi “fratelli minori” più tradizionali, è il suo approccio alla tecnologia. I sistemi di sicurezza, ad esempio, possono fare affidamento non solo su numerose telecamere di sorveglianza a circuito chiuso ma anche su un sistema di identificazione biometrico. Lo stesso vale anche per gli appartamenti più costosi, al cui interno sono già predisposte funzionalità domotiche, come il controllo di luci e temperatura. Il complesso è anche autosufficiente dal punto di vista energetico, grazie a pannelli solari e sistemi di raccolta e riciclo delle acque piovane.
Ma, come per qualsiasi progetto anche il più visionario, non mancano le critiche, soprattutto per quanto riguarda gli aspetti della progettazione architettonica

Da questo punto di vista, l’edificio è caratterizzato da un pesante uso di vetrate, dando massima importanza, in questo modo, alla funzionalità piuttosto che all’estetica e strizza l’occhio a correnti come il modernismo (movimento culturale che si è sviluppato nei primi decenni del secolo scorso, secondo il quale, in breve, “ciò che è funzionale è anche bello”) e il brutalismo (movimento nato immediatamente dopo il modernismo quale suo contraltare, originatosi da una frase del famosissimo architetto francese Charles-Édouard Jeanneret-Gris, universalmente noto con lo pseudonimo di Le Corbusier: “architettura è, con le materie prime, stabilire relazioni in movimento”). Questa, ovviamente, è stata una delle principali critiche fin dai primi giorni, considerando che con i suoi 39 piani questo gigante polifunzionale non passa certo inosservato.
Un’altra critica è quella legata all’elevata disponibilità di servizi all’interno del palazzo stesso: se, da una parte, ciò è indubbiamente comodo e permette di risparmiare tempo ai residenti, dall’altra parte potrebbe limitare le occasioni di uscire dal palazzo di molte persone, andando a creare un micro-cosmo chiuso in sé stesso. A ciò si aggiunge il fatto che i più abbienti, che vivono ai piani alti, hanno a disposizione più servizi e di livello migliore, andando inevitabilmente a creare una stratificazione sociale all’interno del palazzo.
L’esperimento urbano

Secondo me, più che un edificio, il Regent International Apartment Complex è un esperimento urbano che non esito a definire inquietante, perché, se da un lato l’autosufficienza offre comodità e sicurezza, dall’altro solleva nuovi interrogativi: siamo davvero sicuri che poter soddisfare ogni bisogno all’interno di un singolo edificio porti solo vantaggi? Chi abita nel complesso rischia di isolarsi dal mondo esterno e la vita, tutta la propria vita, trascorsa all’interno di un unico edificio potrebbe avere un impatto psicologico e sociale molto forte e, di certo, non del tutto positivo. In poche parole, a mio parere, questo colosso abitativo più che essere la soluzione di molti problemi, è davvero simile a una gabbia dorata!