E` febbraio e fortunatamente la nostra italianità verace ha l`occasione di esser messa alla prova non solo dai dibattiti canori sanremesi essendo che siamo innegabilmente un popolo di cantanti (io soprattutto sotto la doccia). E` il mese del 10 febbraio di cui quest`anno ricorre il ventennale, un aspetto su cui c`è l`occasione di soffermarsi per ulteriori riflessioni. E’ il Giorno del Ricordo.
E mi viene subito in mente la prima domanda: a cosa è servito? Fino a quando questa data combattuta non è stata portata alla ribalta dall’approvazione quasi unanime del Parlamento della legge n. 92 del 30 marzo 2004, mia madre, esule originaria di Rovigno, non raramente si sentiva rispondere “Ah ma sei slava!”, dagli interlocutori ai quali aveva parlato della sua origine. Mamma non ha mai accettato forme anche mascherate di razzismo, la cosa la infastidiva non poco. Lei che al suo tempo aveva scelto i Rolling Stones e non i Beatles perché gli ultimi le sembravano troppo conformisti.
E’ e si sente veracemente istriana, e dunque non si riconosceva per nulla in un’identità che non è la sua: in effetti negli ultimi vent`anni tutto ciò accade sempre meno, anzi quasi mai. In poche parole, ad oggi il popolo dell’esodo riesce ad essere individuato sempre più per ciò che è veramente, pur senza dimenticare quei casi kafkiani di coloro che ancora oggi nei documenti risultano essere nati in Yugoslavia, e che dunque non riescono a porre fine ad un rapporto burocratico conflittuale e complesso con anagrafe e uffici preposti.
Chi mette in discussione il Giorno del Ricordo
Specularmente ci sono “gli altri”, ossia quelli che mettono in discussione l’istituzione della ricorrenza nazionale con slogan e titoli tipo “Ricordare per legge”, come a dire “Ma se uno non è coinvolto nei fatti, cosa ricorda?”, trovando il modo di organizzare dibattiti giornalistici e storici che “aprano al senso critico individuale, oltre la retorica corale”. Giovandosi dunque, pure loro, di una ulteriore occasione di dibattito oltre quello canoro sanremese!
Perché è innegabile ormai che se se ne vuole far parte, occorre dimostrare una conoscenza non superficiale e pure aggiornata di quegli eventi. Non solo: più` se ne parla e, paradossalmente, più emerge che si tratta di questioni complesse. Ammettiamolo: nel mese di febbraio abbiamo tutti indistintamente l`opportunità` di andare a studiare un po` di storia, soffermarci sulle nostre personali analisi critiche, cercare occasioni per scambiarle e dibatterne, e dunque, di proseguire verso marzo con un senso un po’ più spiccato della nostra italianità e non solo di quella canora o anche carnevalesca.
Il Giorno del Ricordo e la Repubblica di Albona
E’ il caso del mito della Repubblica di Albona, un episodio innegabilmente glorioso della storia socio-politica dell`Istria, a dimostrazione di una popolarità e un radicamento di idee sindacali e antifasciste certamente coeve a quelle di tutta la penisola italiana. Ulteriore risalto merita la nazionalità` eterogenea dei minatori partecipanti agli scioperi del febbraio-marzo 1921: croati, sloveni, italiani, tedeschi, cechi, slovacchi, polacchi e ungheresi. Una lista di nazionalità che fa sorgere il dubbio che l`origine dei movimenti socialisti in quelle aree vada letto e inscritto nella storia dei movimenti operai organizzati emersi tra Trieste e Fiume a partire dalla seconda metà della storia asburgica di quelle terre. Emergono casi che non ebbero modo all`epoca di vedere riconosciuto il proprio ruolo e contributo in quei fatti, e dunque ad oggi non possono o non riescono a far parte del patrimonio di storia socio-politica ne` italiana e neppure yugoslava.
Macillis
Penso a Giacomo Macillis, nato nella stessa Albona nell`aprile del 1893, dipendente della Societa` Arsa con la qualifica di “impiegato”. Da riconosciuto leader degli scioperi albonesi arrestato e incluso nella lista dei 52 accusati dalla Procura di Stato di Pola che a fine luglio dello stesso anno li condanno` a nove mesi di carcere per poi deciderne la scarcerazione nel dicembre successivo.
Negli atti del processo il Macillis descritto come “cattolico, coniugato, alfabeta, nullatenente, incensurato”. Invece il suo ruolo nei fatti di marzo meritava qualche riga in più:” Fu uno dei capi della sommossa; faceva parte del comitato di azione; coi suoi violenti discorsi aizzava continuamente la massa degli operai; fu l ’organizzatore ed il capo delle guardie rosse; diresse l’occupazione dei cantieri ed il collocamento delle mine e dei fusti di benzina; capitanò il corteo di dimostranti che il 2 marzo assalì il Circolo di lettura di Albona: era insomma uno dei più facinorosi dirigenti della sollevazione”.
Le testimonianze raccolte
Le mie personali e amichevoli fonti istriane mi hanno permesso di riportare notizie tramandate per testimoni locali: “Della sua tragica morte non esistono tracce scritte, ma rare testimonianze di persone dell’epoca e ovviamente della sua famiglia. Dopo lo sciopero lavora ancora nella miniera dell’Arsia come impiegato e nel 1929, durante la grande crisi, si reca con la famiglia in Francia. Nel 1937-38 ritornò ad Albona e divenne direttore dell’ufficio postale. Non si impegnò in politica, pur rimanendo un socialista convinto. Nei primi giorni dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, i comunisti di Albona iniziarono eliminare tutti i cittadini di spicco che potevano essere i leader e rappresentare l’opposizione, i partigiani lo presero di notte, insieme al figlio Silvio, e lo gettarono nella foiba. I loro resti si trovano ancora oggi in una foiba nei pressi del paese Gallignana. “. Silvio aveva 22 anni.
Un necrologio per ricordare la morte della vedova di Macillis
Da un necrologio pubblicato nell`Arena di Pola nel 1969 si ricava qualche notizia sulla vedova, che insieme all`unica figlia rimasta lasciò l`Istria due mesi dopo la scomparsa di marito e figlio per timore di subire la stessa sorte: “ Margherita Bernardi ved. Macillis è deceduta a Trieste il 29 giugno. La cara Estinta ebbe a sopportare con ‘ferrea rassegnazione -le gravi perdite del marito Giacomo e del figlio Silvio, tutti e due gettati barbaramente nelle foibe. Alla figlia Gigliola e congiunti, al nipote Bernardi, ai cognati Nicoletta, Mania, Marco e Giovanni Macillis ed ai parenti tutti le più sentite condoglianze della Società Operaia Albonese di Mutuo Soccorso.
Ricordiamo che Giacomo Macillis, impiegato alla gestione delle Miniere carbonifere dell’Arsa, nel 1920 e 1921 aveva esposto a repentaglio non solamente il posto di lavoro ma anche ‘la vita per difendere tutti i lavoratori dipendenti dalle miniere dell’Arsa in Istria e che in quell’epoca aveva subìto oltre nove mesi di carcere nelle prigioni di Rovigno e di Pola senza nulla chiedere né ottenere. Il 4 dicembre 1921 assolto dalle numerose accuse, assieme a tutti gli altri sindacalisti ed operai incarcerati.”. Un uomo degno del Giorno del Ricordo
Macillis e il “suo” Giorno del Ricordo
Non so se sia possibile una riesumazione della salma di Macillis, antifascista della prima ora, e del figlio Silvio. Restituirgli il “suo” Giorno del Ricordo. Qualche anno fa è stato possibile per Riccardo Gigante, personaggio politicamente molto impegnato sul versante opposto. E` ovvio che tutti gli esuli giuliano-dalmati non possono non avere la medesima speranza per il sindacalista Giacomo Macillis, per il quale ci si domanda quale fosse il crimine politico commesso tale da giustificarne l`infoibamento insieme al figlio, subito nel corso della prima ondata di rappresaglie e violenze contro la popolazione istriana seguita alla caduta di Mussolini e del fascismo, dittatore e regime che neppure al povero Giacomo andavano a genio.
Sono curiosa ma anche disponibile ad accogliere in questa opera di recupero chiunque , da qualsiasi parte, si senta tanto motivato da voler non solo “dire la sua” in occasione del Giorno del Ricordo ma sia al contempo disponibile e coerente da assumersi la responsabilità ed il coraggio di farlo. Allora davvero avremo raccontato la storia tutta e per tutti.