Noventa di Piave è un punto strategico da dove facilmente si può raggiungere le città venete e friulane. La storia ci racconta che fu rasa al suolo durante la Grande Guerra, ma la volontà della popolazione la fece ricostruire e ora è una cittadina dinamica, conosciuta per il suo famoso outlet; ma c’è parecchio da vedere in questo territorio: dalle ville al complesso archeologico romano, dalla chiesa di San Mauro, anche se rifatta, con gli affreschi del Tiepolo e la pala del Ponzone e con il suo campanile – ricostruito anch’esso – fra i più alti del Veneto, superato di qualche centimetro da quello di San Marco a Venezia. Siamo nelle terre di Hemingway attraversate dal Piave da cui Noventa prese il suo nome quando aveva il porto fluviale, punto nevralgico dell’economia di un tempo. Qui basta addentrarsi un poco nel territorio per scoprire qualche meraviglia. Sembra strano ma è proprio così. A poco più di un chilometro dal conosciuto e gettonatissimo Outlet di Noventa di Piave, ci troviamo in una grande casa in mezzo alla campagna, circondata da alberi, dove il tempo si ferma e dove tutto invita al gusto, al calore e alla qualità. Questo posto si chiama Settecento Alberi, nella carta è definito un agriturismo, noi preferiamo chiamarlo Agrigourmet per le sorprese che i titolari Sabrina Vistoli e Giorgio Turini ci fanno scoprire, non solo nel campo gastronomico bensì nell’accoglienza, nel paesaggio, nella rispetto della natura che circonda l’Agrigourmet Settecento Alberi.
Sabrina e Giorgio, come mai i “Settecento Alberi”?
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Volevamo realizzare qualcosa di speciale. Abbiamo seguito il nostro sogno in questo posto e lo abbiamo realizzato iniziando a piantare talee piccole. Col tempo abbiamo integrato tra loro alberi e cespugli fino a piantarne oltre settecento. Otto anni più tardi siamo riusciti ad adattare, grazie a bravi architetti, una parte del vecchio fienile ad alloggi e abbiamo aperto la nostra casa costruendo una grande sala luminosa per i pranzi e le cene: una sorta di nave in un mare di verde. Così il nostro sogno lo abbiamo chiamato “Settecento Alberi”.
Sabrina come nasce il vostro incontro?
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Siamo entrambi insegnanti con la passione della nostra terra, della cultura, del rispetto e delle cose buone. Il nostro incontro nasce a Roma, entrambi veniamo da esperienze matrimoniali problematiche ormai chiuse. Il nostro “Cupido” è stato un vivaio di tulipani. Io, Giorgio, insegnavo e facevo il consulente in un vivaio a Roma. Pure Sabrina insegnava nella capitale. I tulipani hanno fatto la loro parte, lì ci siamo conosciuti, poi frequentati. E abbiamo preso questo meraviglioso posto a Noventa di Piave ritornando nelle nostre terre e realizzando il nostro sogno che ci piace condividerlo con i nostri clienti ospiti.
E’ un agrigourmet, dove si attende e si coltiva con pazienza quello che la terra offre e poi chef Sabrina lo reinterpreta con stile e con estro creativo: dai legumi alle piante aromatiche e ai tagli delle carni di qualità migliore. Il pane, la pasta e dolci vengono fatti in casa, i primi e i secondi sono intriganti e particolari. Inoltre i prodotti sono disponibili alla vendita nella piccola bottega aperta al pubblico.
Le sale da pranzo, con il camino acceso d’inverno, sono piene zeppe di libri. Alla sera la sala si illumina dalle candele accese. E al mattino c’è la colazione letteraria. Inoltre, a ogni ospite, viene regalata una foglia con un pensiero d’autore… “E’ la foglia che ti sceglie – dicono Giorgio e Sabrina – perché qui ogni gesto e ogni incontro hanno un senso da vivere e indagare”.
E, vicino a Settecento Alberi, c’è il molino con la macina dei grani antichi dove possimo incontrare Mario Celeghin, il proprietario, grande narratore della storia di questi preziosi cereali.
Sabrina, ci racconta di lei?
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Sono jesolana, sono sempre stata vicino alla ristorazione e ho proseguito gli studi in questo settore sino a diventare insegnante in un istituto alberghiero a Roma. Dopo aver conosciuto Giorgio, ci siamo trasferiti a Noventa di Piave dove ho preso la cattedra del mio insegnante, il professor Walter Menazza, ora anche lui ha un agriturismo che si chiama “Al taglio del Re”. Per me è stato un grande onore. A scuola, nella sala insegnanti, ho voluto il suo cassetto dove inserisco i miei registri scolastici, ma non ho mai messo il mio nome: nel cassetto ho mantenuto il nome del mio professore: Walter Menazza.
Ora sono la chef del “Settecento Alberi” e con Giorgio condivido la conduzione di questo meraviglioso posto. Ho due figli: Francesco di 32 anni e Lorenzo di 31. Giorgio ha una figlia: Clara di 28. E non mancano cinque gatti, il “capo” si chiama Pippo.
Per i lettori di www.enordest.it Sabrina ci propone la ricetta degli gnocchi di patate, senza l’uovo, al pesto di cavolo nero con pomodori secchi e peconorina di Fossa: un po’ di cucina “contaminata” da gusti veneti e romani, da provare!
Gnocchi di patate al pesto di cavolo nero con pomodorini secchi e pecorino di Fossa
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Ingredienti (per 4 persone). Per gli Gnocchi: 500g di patate mondate cotte al vapore (scegliamo una varietà farinosa tipo Kennebec), 125 g di farina di grano tenero 0, sale q.b.
Per il pesto di cavolo nero: 400 g cavolo nero più qualche foglia intera per la decorazione, 70 g mandorle tostate, 50 g di pecorino grattugiato, 40 g di grana stagionato, sale q.b. , peperoncino (facoltativo), aglio, olio di oliva extravergine, 8 pomodorini secchi.
Preparazione
Per gli gnocchi. Schiacciamo le patate cotte al vapore su un piano di lavoro, ancora calde. Lasciamole raffreddare. Uniamo la farina e il sale e lavoriamo la massa fino a formare una palla ben amalgamata (senza aggiungere altra farina). Spolveriamo la superficie di lavoro con la farina e formiamo con una parte dell’impasto dei cordoncini. Tagliamo i cordoncini della misura desiderata per fare gli gnocchi. Spolveriamo con farina di grano duro per non farli attaccare. Ricoveriamo su una teglia ben infarinata in frigo fino al momento dell’uso.
Per il pesto di cavolo nero. Laviamo e mondiamo le foglie del cavolo nero, eliminando le parti dure. In una casseruola stufiamo con un po’ di olio le foglie fino a quando risultino morbide aggiungendo un po’ di acqua fino a completa cottura. Frulliamo le mandorle tostate e aggiungiamo nel cutter o nel frullatore il cavolo nero stufato e raffreddato. Aggiungiamo il peperoncino, i formaggi e l’olio. La lavorazione nel cutter deve ottenere un composto omogeneo e cremoso, se necessario aggiungiamo acqua. Al forno prepariamo delle chips di cavolo nero per la decorazione.
Cuociamo quindi gli gnocchi in acqua bollente, raccogliamoli e scoliamoli appena vengono a galla; li facciamo saltare in padella con burro e olio.
Scaldiamo il pesto e creiamo sul piatto una base di pesto dove deponiamo gli gnocchi, decorando con qualche pezzettino di pomodorini secchi, scaglie di pecorino di Fossa e chips di cavolo nero.
Il vino in abbinamento
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Un buon abbinamento da questo piatto di gnocchi è un fresco Verduzzo IGT della Cantina di Motta delle Vignepiane di Daniel Ugo di Motta di Livenza, nel trevigiano. L’uva raccolta viene messa in vasca e la fermentazione subito avviata a temperatura controlla ta di 16°. Al termine della fermentazione il vino sosta in vasca per circa sei mesi, poi imbottigliato e tenuto a riposare per due mesi. Questo vino è fresco e gradevole e ben si addice a primi piatti come questo.
Conosco l’ambiente e i titolari.
Agrigourmet si addice appieno.
Complimenti per quello che state offrendo.