Il brutale omicidio di Giulia Cecchettin è stato come urlo fortissimo che ha reso un dolore privato un dolore di tutti. E non soltanto perché accaduto in Veneto e quindi più vicino a noi veneti. Non solo perché cresciuto in un ambiente che troppi ritenevano protetto. Non solo perché i due giovani avevano appena 22 anni e lei stava per laurearsi. Non solo perché il padre della vittima e il padre dell’assassino si sono mostrati più grandi del rispettivo e diverso dolore.
La morte di Giulia ha smosso qualcosa che sembrava bloccato

Ci ha fatto riflettere sulle ragioni, ha rimesso in discussione il ruolo della famiglia e quello della scuola, ha portato un padre a confessare che non conosceva suo figlio. Ha portato donne e uomini in piazza non semplicemente per chiedere giustizia, ma per chiedere che queste cose finiscano per sempre. Ha trasformato il silenzio in rumore e quel rumore ci è entrato nella testa e nel cuore, ci ha messo finalmente quasi tutti davanti a responsabilità, colpe, speranze. Soprattutto, ci ha fatto capire una cosa: il problema esiste ed è enorme; non si risolve con le parole, con le buone intenzioni, con le polemiche politiche.
Ha bisogno certo di leggi, di contromisure, di educazione nelle case, nelle scuole, nella società. Di sistemi che garantiscano le vittime della violenza e i loro figli. Anche di forze dell’ordine e magistrati forse un po’ più sensibili a certi allarmi. Non è un problema che si ferma a una latitudine, da Trento a Pantelleria gli uomini ammazzano le donne. Non c’è un limite d’età: l’assassino ha 20 anni, l’assassino ha 80 anni!
Troppe donne uccise dall’inizio dell’anno

107 donne uccise da uomini dall’inizio dell’anno, dieci al mese, una ogni tre giorni! Una notizia fissa sui giornali e sul televideo. Tanto fissa da farci l’abitudine, da passare oltre. E stupisce semmai che i ragazzi sulla donna la pensino come le vecchie generazioni, che gli strumenti del progresso – per esempio i social – non servano per crescere ma per tornare indietro; non per spiegare ma per offendere, giustificare il maschio prepotente; offendere anche la memoria delle vittime.
Il problema esiste ed è un problema soprattutto degli uomini

Sono gli uomini che devono cambiare. Invece spesso gli uomini prevaricano le donne, rifiutano il confronto, controllano la vita delle altre dal telefonino alla borsetta al conto in banca, negano la parità dei diritti che almeno sulla Carta esiste. Usano i social per colpire al cuore. Esercitano il possesso, quasi che una moglie, una fidanzata, una compagna possa essere proprietà privata di qualcuno.
Il momento di cambiare

E’ il momento di cambiare col silenzio o col rumore, con la società o con la politica, con la cultura o con la famiglia. Con tutto ciò che occorre per fare in modo che quel dolore collettivo non si ripeta. Ieri c’è stata la giornata contro la violenza sulle donne e proprio mentre le donne sfilavano nelle strade, ad Aosta è stato arrestato un diciottenne che aveva minacciato l’ex fidanzata: “Ti faccio fare la fine di Giulia”.
In tutta Italia si è gridato che non bisogna dimenticare Giulia e tutte le altre come lei

Che non bisogna abituarsi alla notizia in coda al televideo. L’indignazione e la rabbia non possono accendersi solo ogni volta che una donna viene uccisa. “Non basta indignarsi a intermittenza”, ha detto il Presidente Sergio Mattarella. Conosce i nostri limiti, l’indignazione a intermittenza è uno di questi. Mentre parlava Mattarella l’aereo riportava a Venezia Filippo Turetta. Si saprà quando ha ucciso Giulia. La verità la si conosceva purtroppo dal momento in cui Giulia era scomparsa.
I nostri interventi

Su un tema che ha coinvolto tutti, che ha provocato reazioni nella politica e nella società, che ha spinto moltissimi a esprimere il proprio parere nel bene e nel male, con perfino inattese derive social, http://www.enordest.it ha aperto un dibattito chiamando a intervenire medici, psicologi e sei donne della politica a Nordest.
Intervengono: Paolo Scatamburlo, ginecologo; Alessandro De Carlo, psicologo e docente universitario; Elena Donazzan, assessore regionale all’Istruzione e al Lavoro, FdI; Rosanna Conte, europarlamentare della Lega; Daniela Sbrollini, senatrice di Italia Viva; Francesca Zottis, vicepresidente del Consiglio regionale Veneto, PD; Deborah Onisto, consigliere comunale Venezia, FI; Elena Ceschelli, esperta di comunicazione non violenta.