Di Andy Warhol si potrebbe parlare all’infinito. Ogni sua sfaccettatura diventa un mondo a sé stante, per cui per circoscrivere il campo, davvero vastissimo, l’idea è quella di raccontare la sua passione per la musica. E per il rock in particolare. L’occasione giunge anche da una mostra che si è aperta il 30 settembre a Padova: “Andy Warhol. Icona Pop” visitabile fino al 29 gennaio 2023 al Centro Culturale Altinate San Gaetano. A cura di Simona Occioni e Daniel Buso, l’esposizione che raccoglie 150 opere, è organizzata da Artika con Fondazione Mazzoleni e il Comune di Padova.
Warhol e la musica

Oltre alle celebrità del mondo del cinema sono quelle della musica ad affascinare la curiosità onnivora del fondatore della pop art. Non a caso amava ripetere che l’osservazione era il segreto della sua arte e l’idea della serialità e della ripetizione era parte del suo desiderio di vincere la morte. Nella mostra di Padova abbondano i riferimenti alla scena rock tra gli anni ‘60-’70-’80. A partire da gruppo per il quale Warhol contribuì a creare l’immagine e, nella fase iniziale, a finanziare e ospitare nella sua “Factory” dalle pareti ricoperte d’argento.
I Velvet

Ovviamente il gruppo è quello di Lou Reed, i Velvet Underground dove troneggia un immenso John Cale, Maureen Tucker androgina alla batteria e successivamente la biondissima Nico alla voce. Pretesa dallo stesso Warhol che aveva sostituito la povera Edie Sedgwick con la nuova musa berlinese, già peraltro notata da Federico Fellini che le aveva dato una piccola parte ne “La dolce vita”.
Warhol e i Velvet

Warhol viene sconvolto dal sound assolutamente nuovo dei Velvet, ci crede al punto da promuoverli, far loro da manager e disegnare la copertina nel loro primo album: la celebre banana sbucciabile che suscitò non poco scandalo. Del resto, anche i testi di Reed non erano proprio quelli che alla fine degli anni ‘60 in piena Summer of love, si ascoltavano alla radio. I temi preferiti dei Velvet sono in qualche modo quelli che approfondisce lo stesso Andy nella sua ricerca artistica. Si parla di alienazione urbana, solitudine, droga e sesso sadomaso. Ed è proprio l’alfabeto interiore dei tanti frequentatori della Factory, l’abito vestito dalle “Chelsea Girls” filmate e cantate da una quasi anafettiva Nico.
La mostra

Tornando alla mostra nelle sale del San Gaetano si vedono ritratti di Mick Jagger, proprio nel periodo del loro primo tour americano, ad un party dopo il concerto di New York, il frontman degli Stones incontra Warhol che rimane affascinato dal sex appeal del cantante inglese. Sei anni dopo questo incontro, nel 1969, Warhol ricevette una lettera proprio da Jagger che gli chiedeva di realizzare la copertina del loro prossimo album.

Tra i cimeli della mostra c’è anche una chitarra originale degli Stones firmata da Andy e dai componenti della band. E tra le celebrità che popolano i ritratti di Warhol ritroviamo una Marilyn in serigrafia, Elizabeth Taylor, Mao, John Lennon per rimanere nella musica, Miguel Bosé, Bianca Jagger moglie di Mick e protagonista delle notti dello Studio 54, il luogo in cui Warhol passava gran parte delle sue nottate insieme alla sua corte di drag queen e sedicenti attori e attrici dei suoi film.
Warhol e lo Studio 54

Proprio nell’ultimasezione della mostra è interessante fare un viaggio nel mondo dello Studio 54, una discoteca che durò lo spazio di qualche anno, gettando le basi per un nuovo modo di intendere e vivere i locali notturni. Sono le 36 fotografie vintage realizzate da Allan Tannebaum, tra il 1977 e il 1981, a descrivere quel mondo. Allan con i suoi scatti creò un fitto reportage dedicato allo Studio 54. Immortalò gente comune, curiosi, giornalisti, travestiti e le star che entravano ogni sera. Dai coniugi Mick e Bianca Jagger, allo stesso Warhol con Liz Taylor, Liza Minnelli, Brooke Shields, Michael Jackson tutti pronti a divertirsi e a scatenarsi nella “festa più grande del mondo” o, come diceva lo stesso Warhol, “una dittatura all’ingresso e una democrazia sulla pista da ballo”.