Mariapia Fanna Roncoroni mi mostrava i suoi erbari disegnati, nella dimora di Villorba: miracoli d’analisi venati di poesia infinita. E mi pareva strano che l’artista, ormai ottuagenaria, nota rappresentante di un filone concettuale strutturalista dalle molteplici manifestazioni, ponesse attenzione alle gemme, alle nervature delle foglie, alle bacche colme di futuro. Oggi che Pia non c’è più – è mancata al mondo nel 2018 a novantatré anni – penso che no, non fosse strano. Perché lei, fuor di ogni metafora, non aveva occhi che per la vita, e la vita è logica ed illogica allo stesso tempo, calcolabile ed incommensurabile, meravigliosa ed orribile.
Chi era Mariapia

Mariapia Fanna Roncoroni, nella sua lunga esistenza, ha fatto tesoro di ogni contraddizione, trovando nessi e stimoli dove molti avrebbero incontrato solo ostacoli. Milanese di nascita, cosmopolita per formazione (studia arte a Ginevra e poi a Buenos Aires), trevigiana per scelta di vita (sposerà il musicologo Antonio Fanna e si stabilirà nella residenza di famiglia, a Villorba), Pia ha lavorato con coerenza per settant’anni, «tra ribellione e ricerca di bellezza». Una tensione elevata, declinata in forme diverse: lei amava definirsi «un rabdomante, nelle mani del quale la bacchetta si muove quando sottoterra c’è una sorgente, (…) avverte la presenza di elementi invisibili».
Una donna dalle mille capacità

Una vocazione che l’artista, sottile nel fisico ma potente nelle intenzioni, ha esercitato senza parsimonia: dai disegni alle crete, al bronzo per le sculture, dalla grafica ai Labirinti, la sua cifra è sempre esclusiva. Una sensibilità, quella di Mariapia, che ha raccontato la storia del secondo Novecento: la materia degli Ovoidi che si crepa per lasciar uscire l’aria e i sogni, in un ideale passaggio dal figurativo all’informale. La celeberrima sequenza performativa, nero e magenta, del LUILEI, il rapporto problematico tra maschile e femminile che investe la società contemporanea, la chiave di volta della spettacolarizzazione degli estremi. Labirinti e tetraedri di senso, in cui la pulsione matematica struttura l’infinitamente incerto.
L’impegno di Mariapia
E l’impegno, per una funzione educativa che l’arte avrebbe dovuto assolvere, dopo Bruno Munari, con Bruno Munari. Mariapia Fanna Roncoroni è tra i soci fondatori, nel 1978 a Mestre, di quel miracolo chiamato gruppo Verifica 8+1. Uno stile sobrio e caparbio, per operatori artistici (così amano essere definiti) che credono nel ruolo contestuale dei mezzi poetici, nella sperimentazione strutturale di un’arte concreta.
Oggi che l’esperienza di Verifica è conclusa, i suoi semi di autonomia e di trasformazione hanno, inevitabilmente, dato frutti

Per Pia è quel magico equilibrio tra schema scientifico della visione e ricerca delle motivazioni profonde, tra le mani – «un attaccapanni con due mani molto abili», così si raccontava, e «un cervello che gira a folle (…). Un cuore che persiste a fare il cuore».
Un cuore che persiste: le sue parole mi tornano più che mai alla mente oggi
L’amica e curatrice d’arte Myriam Zerbi, legata a Pia da stretti vincoli familiari, ma soprattutto da una sensibilità comune, da un’intelligenza affettiva rara, mi ha informato di una splendida mostra appena inaugurata a Spresiano, nella Chiesa dei Giuseppini, e destinata a durare fino al 25 settembre. La curatela dell’esposizione, oltre che a Myriam, è stata affidata all’esperienza di Sabina Vianello e Maria Luisa Trevisan.
Un omaggio a Mariapia

Promosso e organizzato dall’Amministrazione Comunale di Spresiano, dal Gruppo Artistico Spresianese e dall’Archivio Mariapia Fanna Roncoroni, l’evento presenta al pubblico l’installazione Muta protesta. Un lavoro importante, articolato in nove elementi, a cui l’artista ha lavorato a lungo nel periodo del conflitto in Kosovo, nel 1998-1999; una riflessione sull’orrore delle guerre, e sulla tragedia dei bimbi vittime di violenza, più che mai attuale in questi tempi incerti e oscuri.
Un pensiero netto, deciso, come un pugno nello stomaco; perché il cuore persiste a battere, ed il ritmo accelera di fronte a tanta aberrazione. Perché l’artista, da rabdomante, ne intuisce i segnali e non può permettersi di tacere.
Mariapia e il suo mondo



L’esperienza di Muta Protesta è immersiva, totalizzante. C’è tutto il mondo di Pia, la sua indignazione; in più tappe, quasi una laicissima Via Crucis, gli alfabeti dell’artista si condensano in un canto sovracuto: l’Uomo, la Donna, il Labirinto, la Minaccia, l’Annuncio, Orchestra di violenza, Libera nos a malo, Amen, Perché?. L’incidente di percorso, l’inciampo del reale nell’ideale sta tutto in quell’interrogativo scandito a lettere dorate su uno sfondo di cielo ingenuo. Una domanda atroce, a cui non sappiamo rispondere. Però Pia la affronta, con coperchi di bara bianchi rifiniti sui bordi da candidi ciuffi di pelouche, in verticale, trafitti da lunghi, rugginosi chiodi; alcune bare sono rivestite di disegni infantili, anch’essi trafitti, feriti.
Un grido contro i soprusi

L’opera si fa universale, la denuncia contro i soprusi subiti dall’infanzia, vittima di pedofilia, trascinata nell’incubo della guerra, è la forza stessa dell’arte. Partecipare, sempre. Esserci, con quel cuore che persiste a fare il cuore. Con Muta Protesta, non possono mancare i Libri di Pia, anch’essi muti, trafitti dagli stessi chiodi. Un filone fecondo degli ultimi decenni, volumi di legno o in terracotta feriti, bloccati in un silenzio di costrizione che i critici hanno variamente interpretato. L’artista li ha definiti «reliquiari, che conservano sigillati sedimenti di vita», «testimoni vivi d’impotenza», «cortecce che soffocano l’urlo».
L’essere muti per obbligo

Muti, oggi, potremmo aggiungere, per le ragazze afghane a cui è proibito leggere e studiare; muti e persi per sempre, come le biblioteche che bruciano sotto le bombe, come le parole censurate, come le condanne ideologiche.
Così persino il luogo dell’allestimento, là dove era una chiesa, ci rammenta la sacralità intrinseca dell’opera, che è poi la sacralità della vita stessa. Un richiamo alla responsabilità individuale, al ruolo che non dovremmo eludere. Perché neppure il silenzio divenga omissione, ma spicchi il volo con ali d’angelo. Le forti ali di Mariapia.
Muta Protesta
Installazione di Mariapia Fanna Roncoroni
a cura di Myriam Zerbi, Sabina Vianello e Maria Luisa Trevisan
Chiesa dei Giuseppini, Spresiano (TV)
3-25 settembre 2022
Aperta venerdì 16-19.30; sabato e domenica 10-12; 16-19.30
Francesca sei bravissima!
Grazie.
Un pezzo scritto con competenza, conoscenza, mente e spirito.
E un linguaggio speciale, che è il tuo, che sa giungere al cuore di chi legge.